Tatuaggio giapponese: la storia
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Tatuaggio giapponese: la storia

di Oldranda

dal periodo Yayoi al periodo Edo, tutta l’evoluzione dell’arte del tatuaggio nel Giappone classico

A parlare è #Oldranda, ovvero Andrea Gatti – che tra le mille passioni (oltre a musica, cani, scarpe) ha anche quella del tatuaggio. Qui, ogni settimana, ne racconta l’arte, le scuole, gli stili, i personaggi più importanti al mondo. Buona lettura.

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Ireru, inserire, e Sumi, inchiostro nero, compongono la parola Irezumi, il nome che viene dato al tatuaggio tradizionale giapponese mentre la tecnica si chiama Tebori.

Questa pratica viene eseguita a mano, senza l’utilizzo delle più moderne macchinette (tipico del tatuaggio occidentale) e le tecniche sono talmente complesse che vengono tramandate agli allievi dai grandi maestri dopo una lunga gavetta.

É interessante sapere che nell’antico Giappone leggi restrittive vietavano ai ceti più bassi di indossare kimono decorativi. Come forma di indipendenza i più ribelli cominciarono a portare ben nascosti sotto i vestiti enormi tatuaggi più conosciuti come “pigiamini”, cioè nella parte superiore del corpo si tatuavano dal collo ai gomiti mentre in quella inferiore fino appena sopra le ginocchia – acreare un pigiama corto, per intenderci. Gli avambracci e le tibie venivano lasciate libere per poter indossare indumenti estivi senza essere notati.

Quest’arte ha origini antiche, la loro prima apparizione risale al periodo Yayoi (300 a.C/300 d.C.). Nei secoli successivi durante il periodo Kofun (300/600 a.C.) i tatuaggi vennero riservati ai criminali come punizione. Ma fu solo durante il periodo Edo (1600/1868 d.C.) che il tatuaggio decorativo cominciò a far parte dell’affascinante mondo delle arti giapponesi. Nel 1870, però, il governo giapponese dichiarò illegare la pratica del tatuaggio, ritenuta sovversiva e contro il sistema, ma quest’arte continuò a crescere nell’ombra.
Questo è uno dei motivi per i quali il tatuaggio si è diffuso sempre di più nel mondo dell’illegalità fino a diventare un simbolo di riconoscimento della mafia giapponese, la Yakuza.

La nobile arte del tatuaggio nasconde significati molto profondi e ricchi. Nulla è lasciato al caso. Nessuna sfumatura, nessun soggetto, nessun petalo è tatuato senza un valido motivo. Perfino la scelta del colore di un fiore o di un drago assume significati diversi così da rendere unico il racconto che si cela nella tavola dell’artista.

Curiosità: Il nome dell’inchiostro utilizzato nell’antico giappone è Nara. Con il tempo da nero diventava prima blu e poi verde.