Nottingham Forest, il laboratorio dei cocktail creativi
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Nottingham Forest, il laboratorio dei cocktail creativi

di Aldo Fresia

A Milano c’è uno dei migliori cocktail bar del mondo, che figura sin dal 2007 nella lista dei World’s Top 50 Bar. Abbiamo parlato con Dario Comini, patron di questa istituzione

La stanza lunga e stretta potrebbe sembrare quella di un pub, per via del legno che domina, delle luci basse, degli oggetti strani sparsi un po’ ovunque. Invece al Nottingham Forest di Milano si viene per bere alcuni dei migliori cocktail del pianeta: sin dal 2007 figura infatti nell’annuale lista dei World’s Top 50 Bar.

Non solo ingredienti d’eccellenza e barman di livello: il DNA del Nottingham Forest è all’insegna di creatività e sperimentazione. Grazie alla sapiente guida del barman e patron Dario Comini, accanto ai cocktail classici si trovano ricette spericolate e divertenti che utilizzano essenze, riduzioni, spray, gelatine, ma anche saldatori e omogenizzatori. Per questo la preparazione della linea per la serata comincia almeno sei ore prima dell’apertura.

Capita così di ritrovarsi davanti infusi molecolari, cocktail affumicati e Pink Gin preparati in autoclave a 8 atmosfere. Ma anche al ‘set di igiene orale’, con una spuma di mojito inserita in una sorta di tubetto da dentifricio, uno spazzolino per mangiarla e un collutorio d’accompagnamento a base di tonica, vodka aromatizzata al lime e menta piperita.

«Prima che un nuovo cocktail arrivi sul menù ci vogliono almeno dodici mesi», ci racconta Dario Comini, «Partiamo da un’idea, facciamo brainstorming fra noi barman e poi iniziamo a sperimentare la preparazione prima di proporla ad alcuni clienti affezionati per valutare le loro reazioni e modificare di conseguenza la ricetta».

Talvolta il percorso è accidentato, perché l’idea iniziale è davvero folle: il cocktail su cui stanno attualmente lavorando Comini e i suoi prevede l’utilizzo di «una tecnica nuova che si chiama nucleazione». Si porta un prodotto a 4 gradi sotto il punto di congelamento, però in modo tale che non si cristallizzi perché il freddo «resta all’interno, nel nucleo. Trasferendo il prodotto così trattato in un bicchiere o in un altro contenitore di servizio, i legami si aprono e comincia la cristallizzazione».

L’idea è di «portare al tavolo del cliente la bottiglietta, consegnargli una bacchetta magica e invitarlo a dire ‘ghiaccio’ mentre versiamo il liquido, che si cristallizza sotto i suoi occhi. Quel ghiaccio lo utilizziamo per preparare il cocktail secondo i suoi gusti: gli diamo un provettone che contiene il complemento del drink, che può essere un liquore alla frutta con purea di frutta oppure degli spiriti miscelati». Questa ricetta sarà presentata il 14 novembre, durante il Rum Day, poi, se tutto va bene, entrerà nel menù.

Preparazioni così complesse non comportano attese geologiche, anzi: «Il tempo di preparazione di ogni drink deve essere al massimo di un minuto. Se la preparazione supera questo tempo, allora la suddividiamo tra più barman. È anche un’esigenza pratica, che va contro la tendenza attuale di servire lenti: noi abbiamo gente in fila, che aspetta fuori dal locale, e in media dobbiamo preparare 500 consumazioni avendo a disposizione 45 posti a sedere».

Insomma, è un po’ come essere all’interno di un grande ristorante: la cucina lavora rapidamente e senza distrazioni, lontano dai clienti, in modo da offrire loro il meglio in tempi ragionevoli. I giudici del World’s Top 50 Bar concordano nel sentenziare che il risultato è eccellente e hanno ormai sancito che il Nottingham Forest è uno dei fari dell’innovazione a livello mondiale.