John Malkovich in sahariana, i completi sartoriali di Richard Gere, i tre pezzi di Christian Bale: chi sono gli uomini che Giorgio Armani ha reso indimenticabili in questi 40 anni di carriera

Se l’eleganza potesse indossare un vestito, sceglierebbe sicuramente un Giorgio Armani.

Schivo, educato senza essere affettato nei modi, riservato ma ormai assurto, che a lui piaccia o no, a patrimonio nazionale, il designer piacentino festeggia quest’anno il quarantennale della sua attività, con un party al Nobu di Milano che ha visto raccogliersi l’èlite di Hollywood, da Leonardo Di Caprio a Chris Pine, mentre per la festa ufficiale del 30 Aprile è previsto l’arrivo del premier Matteo Renzi. Altro motivo per celebrare, è l‘apertura del Silos, il nuovo spazio espositivo del marchio che da lui ha preso il nome, e che ospiterà su quattro piani diverse aree espositive, 600 abiti e 200 accessori e un archivio digitale dedicato agli appassionati dello stile di Re Giorgio.

Tale è la sua importanza, che per l’occasione persino il Ministero dello Sviluppo Economico ha emesso un francobollo speciale in tiratura limitata con lo schizzo del Silos disegnato dallo stilista.

Sono molteplici le testimonianze di affetto e stima verso l’uomo che ha portato lo stile italiano alla sua massima espressione, senza mai urlare o senza essere mai didascalico interprete della tradizione tricolore. Un uomo che ha fatto suo lo spirito della città che lo ha adottato fin da ragazzo, Milano: amante del rigore, dell’eleganza mai ostentata, ma con un occhio sull’Europa e le correnti culturali e artistiche che l’hanno attraversata per tutto il secolo scorso, Giorgio Armani è da sempre il miglior interprete dell’Italia all’estero.

Una capacità di leggere i codici dell’eleganza che ad Hollywood hanno subito compreso, tanto da affidargli i guardaroba di alcuni film che, anche grazie a lui, sono diventati dei classici, insieme agli attori che ne hanno vestito gli abiti.

Uno su tutti American Gigolò, con Richard Gere: il giovane attore che fu da quel film lanciato, interpreta i panni di un amante ‘a richiesta’ in completi con blazer destrutturati e pantaloni morbidi con le pinces che divennero subito per gli americani la quintessenza della sensualità maschile, tanto da ribattezzare l”American Gigolo’s suit‘. A creare il mito, poi, ci pensò la scena di 2:40 nella quale Gere, a torso nudo, sceglie dal guardaroba gli abiti da indossare, disponendoli sul letto: 4 camicie in colori diversi, abbinati ad altrettante cravatte. Tutto, rigorosamente, firmato Armani.

Una sintonia, quella con gli uomini dall’altra parte dell’Oceano, che è proseguita sullo sfondo de Gli Intoccabili, alto capolavoro di Brian De Palma, nel quale Giorgio Armani ha avuto modo di lavorare su una decade, quella degli anni trenta nei quali il film è ambientato, a lui cara da sempre: in tre pezzi sui toni del grigio, con paletot spigati e con il Borsalino calato di tre quarti, persino un boss come Al Capone (interpretato per l’occasione da Robert De Niro) acquista raffinatezza. 

Uno dei migliori connubi tra cinema e moda è stato però quello raggiunto nella pellicola del 1990 di Bernardo Bertolucci, Il tè nel deserto: vestito di sahariane, e camicie di lino a righe, pantaloni morbidi e stivali, John Malkovich è la perfetta immagine dell’uomo Armani: elegante certo, anche nel deserto dei tuareg, ma soprattutto adeguato. Mai sopra le righe o eccessivamente eccentrico, anche dove le temperature o la lontananza dal paese natio potrebbero permetterlo, Port Maresby, il personaggio interpretato da Malkovich esibisce uno stile raffinato, senza strilli, eppure d’impatto.

(leggi anche L’inno all’uomo di Giorgio Armani)

Una predilezione per gli uomini d’affari, che veste ormai da quarant’anni, Giorgio Armani ha contribuito a dare sostanza al mito di Batman, che ha vestito di gessati e cravatte regimental, ne Il cavaliere oscuro, il capitolo della saga interpretato da Christian Bale, e a mitigare gli eccessi stilistici di Jordan Belfort, il broker newyorchese interpretato da Leonardo Di Caprio, protagonista di The Wolf of Wall street, dove le estrose cravatte a fantasia, geometriche o a pois, trovano il perfetto contraltare nel rigoroso doppiopetto gessato.

Perché l’eleganza, per Giorgio, è sempre stata, nelle sue parole, non farsi notare, ma farsi ricordare.