Le tendenze per la moda uomo autunno-inverno 2015
Due modelli Versace per la collezione autunno-inverno 2015 (Credits: TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)

Le tendenze per la moda uomo autunno-inverno 2015

di Valentina Ardia

Tra l’esaltazione della genderless generation, l’elogio della natura e alcune parentesi di ricerca della normalità, si è conclusa la settimana della moda

Quattro giorni di sfilate e presentazioni per delineare i trend del prossimo Autunno/inverno 2015/16. Tra anniversari, giungle metropolitane, rivoluzioni bohémienne e ricerca della normalità.

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Genderless generation
Se si voleva una risposta forte da Gucci, dopo la repentina e clamorosa uscita di scena dell’ex Direttore Creativo Frida Giannini, questa non si è fatta attendere. Anzi quello che si vocifera essere l’erede di Frida, Alessandro Michele, ha ottenuto una vera e propria standing ovation.

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A emozionare più di tutto il lavoro del team, che in una sola settimana ha costruito uno show da zero. Lo spirito rivoluzionario è il fil rouge di tutta la collezione. Così genderless da non distinguere a volte i look femminili da quelli maschili. Troppo audace? Sarà il mercato a dirlo.

Quel che è certo è che la genderless gereration è una realtà. Non si parla di uomo o donna, ma di stile in senso assoluto. Camicie di seta, fiocchi e georgette, cappelli bohémienne. Ogni pezzo ha un tocco così francese da pensare di essere finiti nell’armadio di qualche parigino anni Settanta. Stesso concetto evidenziato anche da Prada, che delle contaminazioni tra l’abbigliamento maschile e quello femminile ne ha fatto un diktat. Nasce così una sfilata minimal, concettuale, quasi monotonale e in tessuti tecnici e croccanti.

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Pioniere come sempre Giorgio Armani, che della donna in tailleur, forte e quasi androgina, ha fatto una bandiera. Il suo uomo rafforza il concetto: pantaloni a cavallo basso, giacche sempre più morbide e destrutturate, in un mix cromatico che sfuma dal blu al grigio accogliendo tutte le nuance polverose che solo Re Giorgio sa dosare, dall’ottanio al verde petrolio.

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Natura e ecosostenibilità
Montagne di terra da cui sorge un bosco verde e avvolto dalla rugiada. L’uomo di Zegna ricerca nella natura la chiave di volta per una collezione nata all’insegna dell’ecosostenibilità. Stefano Pilati ha scelto materiali e fibre naturali e li ha declinati nel guardaroba dell’uomo contemporaneo, creando un nuovo concetto di uniforme urbana.

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Così Etro, che ha scelto l’ispirazione safari per una passerella segnata dal passo felino di modelli sauvage. Sahariane, borsoni che fanno pensare ai grandi viaggi di un tempo, e tutte le tonalità della terra si alternano a fantasie psichedeliche. Immancabile la fiele racket in suede, i  pantaloni in pelle e i blazer in velluto con stampa paisley.

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Decisamente outdoor, da boscaiolo americano, il look voluto da Dean e Dan Caten per il ventesimo anniversario del marchio Dsquared2. Con una sfilata-evento all’Hangar Bicocca, sulle note di Mary J Blige, hanno sfilato bomber con cappucci in pelo oversize, parka in pelliccia e cappelli da cow-boy.

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Wild man anche da Ferragamo che immagina una città immersa nella natura. Stormi di uccelli volano di capo in capo lasciando la loro ombra su capispalla in cashmere. E ancora, giacche con soffici piume cucite a mano si accompagnano a maxi-sciarpe avvolgenti, motivi patchwork disegnano figure surreali come zebre, scimmie e fenicotteri sui capi in pelle e sui morbidi pullover intrecciati.

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E come non citare New York, con la sua giungla metropolitana, dove lo stilista Antonio Marras ha sognato e messo in scena un incontro fantastico tra l’indimenticabile taxi driver Robert De Niro e lo scultore sardo Costantino Nivola. Ne nasce un mix artigianale basato prevalentemente su un accurato lavoro di layering e patchworking. Un cortocircuito fatto di pelliccia mescolata a stampe mimetiche, boot da biker  ma con inserti di gomma colorata e pull oversize. Il tutto condito con la tecnicità di un maestro come Marras che ama intrecciare tessuti hi-tech a capi sartoriali. Selvaggio sì, quindi, ma con un’anima couture.

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Elogio della normalità
Se da Prada la normalità sta nel minimalismo delle forme e nell’essenza del monocromo, da Dolce & Gabbana la normalità è un concetto interiore: la famiglia. Un ritorno ai legami autentici, con messaggi d’amore che campeggiano su maglie e felpe. Un ritratto di famiglia che riporta alle origini del brand con i suoi gessati, le impeccabili camicie bianche e la mascolinità dell’uomo del Sud.

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Da Emporio Armani si è assistito a un accorato elogio del comfort urbano, invece. Un uomo che non rinuncia alla giacca, sempre più leggera e destrutturata, con dettagli rubati al bomber e abbinata a pantaloni effetto tuta.

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Meno formale, ma sofisticato nella sua semplicità l’uomo pensato da Tomas Maier per Bottega Veneta. I suoi modelli sembrano artisti e scrittori distratti, che accostano i capi con una casualità ricercata. In fondo la normalità assume sembianze differenti a seconda di chi la professa. Non a caso Milan Vukmirovic ha puntato alla costruzione di una base di capi essenziali composta dal «best of the best» dei pezzi iconici del guardaroba maschile per la sua prima da Ports 1961. Ogni capo è realizzato in abbinamenti fondamentali, proposto in colori basici e tessuti da laboratorio. Montgomery e cappotti Crombie con jacquard e color blocking, impermeabili camouflage, biker in montone doppiato con velluto e giacche aviator in seta lavata sono solo alcuni esempi di capi base reinterpretati. E per finire la camicia, il pezzo icona di ogni guardaroba, declinata in 10 versioni che risolvono ogni look della giornata.

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