Viaggio nel Sudafrica del grande Madiba, nei siti dove maturò l’impegno sociale e organizzò la lotta contro il razzismo

Continua il viaggio in Sudafrica nei luoghi cari a Nelson Mandela. Dopo i siti della sua infanzia e adolescenza , ecco dove il grande leader trascorse gli anni intensi e sofferti della lotta all’apartheid.  

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Dopo diversi anni trascorsi nella casa dell’amico Walter Sisulu, dove conosce anche la sua prima moglie Evelyn Mase, nel 1946 Mandela si trasferisce a Soweto, nel quartiere Orlando, che diviene finalmente la sua dimora stabile. Oggi è una casa museo, patrimonio nazionale, e ogni anno centinaia di turisti da tutto il mondo entrano a visitarla. È mentre vive qui che nel 1948, dopo la vittoria del Partito Nazionale, inizia il periodo dell’apartheid e comincia anche la vera lotta di Mandela contro il razzismo.
Nel 1952 è infatti tra i fondatori della “Carta della Libertà” in cui è descritto il programma anti-apartheid. Nelson e il suo amico Oliver Tambo fondano l’ufficio legale “Mandela e Tambo” e offrono assistenza legale gratuita a molti neri che non hanno i soldi per difendere i loro diritti. Mandela appoggia la lotta armata, viene arrestato per la prima volta nel 1956 e nuovamente nel 1962.

Trasferito nel carcere della tristemente nota Robben Island, il grande leader vi rimane fino al febbraio del 1982. Viene poi portato in altre prigioni attorno a Cape Town, si ammala di tubercolosi  e nel 1985 rifiuta un’offerta di libertà condizionata in cambio della rinuncia alla lotta armata. Durante la sua prigionia, durata 27 anni, Mandela dedica molto tempo alla lettura di libri e di componimenti poetici. La poesia che gli dà il coraggio di andare avanti, come lui stesso ha raccontato, è quella del poeta britannico William Ernest Henley, del 1875, intitolata Invictus (invincibile), a cui è ispirato anche il titolo del film con Morgan Freeman e Matt Damon. Negli ultimi versi recita “Non importa quanto stretto sia il passaggio,
 quanto piena di castighi la vita, io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima”. Nel frattempo, per tutto il Sudafrica e per il mondo, si diffonde il grido ‘Nelson Mandela Libero’.

Il 2 febbraio 1990 esce di prigione e il 13 febbraio tiene il suo primo discorso pubblico a Johannesburg, presso il Soccer City Stadium, davanti a oltre 100.000 persone. In questo stadio, dove nel 2010 si è svolta anche la finale dei Mondiali di calcio, Mandela ha un messaggio chiaro per il suo popolo: niente più lotte e odio, ma pace e collaborazione. Diviene l’uomo-simbolo della lotta all’apartheid in tutto il mondo e tre anni dopo riceve il Premio Nobel per la Pace. Il 27 aprile del 1994 viene eletto Capo dello Stato: è il primo presidente nero della Repubblica Sudafricana. Una svolta che decreta la fine dell’apartheid.

La sede del suo governo è a Pretoria, presso il Palazzo dell’Union Buildings, dove nel 1995 istituisce la “Commissione per la Verità e la Riconciliazione”, che si è occupata di raccogliere testimonianze sulle violazioni dei diritti umani e ha concesso l’amnistia a chi confessava spontaneamente i crimini commessi durante l’apartheid. Nel discorso di insediamento disse: “Non vi è nessuna strada facile per la libertà. Lo sappiamo bene che nessuno di noi da soli può avere successo. Dobbiamo quindi agire insieme come un popolo unito”.

Il suo governo segnò la nascita della Rainbow Nation, la Nazione arcobaleno, dove convivono oggi armoniosamente 11 culture diverse e dove la lotta armata tra i bianchi e i neri è un lontano ricordo.