In passerella l’uomo dalla conformità ribelle. Un ritorno alle origini ma con grande attenzione all’estetica. Qui tutto il meglio day by day

L’epilogo della moda maschile del prossimo inverno ha avuto inizio a Parigi. Un rapido sguardo, e si fa presto a scoprire che ad accomunare i fashion show di Londra, Firenze, Milano, appena concluso, e queste prime ore della settimana della moda maschile parigina è una corrente di conformità ribelle. Un viaggio nella natura, un ritorno alle origini, con una solida attenzione però all’estetica e all’autenticità. Ma Parigi oggi ha qualcosa di più. Senza vanto, in questo caso. Ha una ferita non ancora cicatrizzata, una sofferenza tangibile anche in strada, un’aria che ha l’odore della guerra. C’è quindi chi dal mlitarismo trae ispirazione e porta in passerella montgomery e scarponi militari, parka di soldati di prima linea e abiti imbottiti come armature. E i sognatori che, invece si ribellano, e accompagnano l’uomo del prossimo inverno in un viaggio wilderness

Musa ispiratrice di Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, direttori creativi di Valentino, per esempio, è il viaggio on the road del protagonista del libro Into the Wild di Jon Krakauer in cui l’essenza dell’uomo sta nella ricerca di nuove esperienze. E così nel guardaroba si crea su un gioco di contrasti che mescola outdoor e note punk, decori tribali e linee beat. Le geometrie ipnotiche delle coperte Navaho si espandono su giacche e cappotti, i check si moltiplicano sugli abiti sartoriali, borchie brulicano sui capispalla da grande freddo. Il total black apre la sfilata in fit asciutti, allungati e borchiati, come vuole la cultura punk. Il denim sartoriale, caro alla maison, si abbinano a camicie texane check, mentre overcoat di lupo compaiono sotto a trench militari con maxi pocket portati con stringate in vitello spzzolato e decorate con le iconiche studs Valentino.

Tutti gli sguardi, poi, sono rivolti a Raf Simons, attesissimo dopo l’annuncio dell’abbandono del trono Dior. Per lui il viaggio è un ritorno al primo giorno di scuola. In uno stretto labirinto sfilano collegiali con piumini enormi con lettere applicate, cardigan e pull oversize con scollo a V che sembrano esser stati rubati dall’armadio del fratello maggiore. Gli orli sono strappati e sfilacciati, le camicie abbondanti fuori dai pantaloni, le maniche eccessivamente lunghe e le stringhe di scarponcini in vernice, ovviamente, slacciate.

Quello di Issei Miyake invece è un viaggio senza meta. Neonomad è il tema guida della collezione dell’inverno 2017. Un uomo che cammina a zonzo tra spighe di grano in una campagna senza confini. Il look è rilassato, comodo. I tessuti sono naturali, fibre di canapa, crine di cavallo e lane merino trattate fino a farle sembrare infeltrite. I maglioni tinta unita bordeaux e turchese si alternano a capispalla con stampe digitali che raffigurano ferri di cavallo e animali termografici del fotografo Kenji Hirasawa. Su tutto domina la funzionalità. Pantaloni da ciclista elastici scaldano shorts in lana mohair e camicie senza collo fanno da sfondo a suit morbidi ultraleggeri.

È poi la volta di Berluti. La collezione prende vita dopo un viaggio di Alessandro Sartori nel deserto del Texas. I colori sono quelli della sabbia sbiadita dal sole, hanno nuance pietrose del rosso, arancio ruggine, blu petrolio, nero come gli scorpioni che popolano il deserto e marrone come certe erbe selvatiche bruciate dal sole. Su stampe laser e jacquard e sugli accessori che hanno accompagnato capispalla sartoriali, maglie in cashmere con intarsi artigianali e texture tridimesionali, e pantaloni carrot fit, compaiono poi le grafiche dell’artista e tatuatore Scott Campbell.

Il viaggio, l’uomo Louis Vuitton, ce l’ha invece nel Dna. Quella che ha sfilato oggi al Parc Andre-Citroën è un viaggio nella storia di Parigi. Una Parigi ferita duramente ma ora reattiva e ancora più forte. L’uomo Vuitton veste una conversazione tra passato e presente. È così che nella prossima collezione invernale Kim Jones porta 162 anni di storia trasformando il guardaroba maschile in un heritage futuristico. Un fondo Art Dèco, un tocco Dandy, una pennellata di quell’inconfondibile eleganza parigina fata di trench di seta con strette cinture di pelliccia in vita, di giacche shearling e pattern grafici. Sui capi il cashmere si fonde con la seta, le mani esperte degli artigiani della maison splmano un velo di cera su pellami dai toni metropolitani. Grigio graffite e nero, french navy blue e un verde ispirato all’arte topiaria di certi giardini orientali e tutte le declinazioni della polvere. Infine il nuovo il monogramma, in versione total black, che corre su weekend bag e zaini. Il denim sbiancato con effetto marmoreo. E completi in seta stampata con grafie corsive dedicate al viaggio.

Dedica un pensiero ad una Parigi offesa anche Mihara Yasuhiro. Prima con una rosa bianca appogiata sulle sedie degli ospiti. Poi con un défilé che rievoca i momenti di ripresa di forza dopo la Prima Guerra Mondiale attraverso gli acatti del fotografo August Sander. Gli abiti sono bruciati, come carta passata sopra la fiamma di una candela. I cardigan lughi e avvolgenti, i blazer si sovrappongono a denim sfilacciati o cappotti chiusi da grossi alamari in legno. Kenzo esprime il proprio sentimento verso la città parigina con un coro di duecento voci che a cappella ha intonato Rhythm Nation di Janet Jackson mentre sul crudo cemento del centro eventi di Parigi sfilano stampe giapponesi quasi psichedeliche dipinte su panaloni morbidi, tute, capispalla ampi o maglioni lavorati a maglia in un arcobaleno di colori brillanti.

Tra le tendenze osservate in passerella di certo non può non essere nominato il montgomery è un capo che ritorna costantemente. Da Maison Margiela dove il giaccone d’origine militare, lungo fino ai piedi, veste un uomo brutale che mescola blazer con chiusure ad alamari a biker jacket dalle code allungate o maglioni over con le maniche che sfiorano le ginocchia vestite di aderenti ciclisti in lycra, portati con bomber anni ottanta. Ai nuovi talent come il giapponese White Mountaineering che debutta, dopo aver collaborato con adidas original a Pitti, a le Palais de Tokyo con la collezione Trailblazer fatta di capispalla destrutturati in cui si combinano pattern originali della maison a materiali hi-tech.

Montgomery cammello ma anche montoni rivesciati, cappotti damier o maxi rigati, bomber in seta e piumini over chiudono il qurto giorno della moda parigina. È Alexandre Mattiussi che per l’uomo Amì della prossima stagione fredda disegna capi ormai unisex nella forma e nel colore. Rigore militare anche sul sul palcoscenico dell’Opera Garnier. Protagonista sono gli uomini di Dries Van Noten vestiti di armature imbottite, ampi colli in pelliccia, stivali nappati e giacche da bombardiere ricamate.

Lo show di Dior Homme ha in sé qualcosa di speciale. Quarantanove look. Quarantanove modelli hanno sfilato illuminati dalla luce di un enorme lampadario in un percorso attorno a uno skatepark di ottocento metri quadrati disegnato con neon rossi. D’altra parte il rosso è tra i colori dominanti della collezione. Un rosso sangue che tende quasi al vino invecchiato tinge pantaloni a tubo con diametro anche di trenta centimetri e cappotti slim lunghi fino ai piedi, abiti microchecked  e maglioni scandinavi con maniche così lunghe che diventano quasi guanti. Il chiodo diventa un camel coat, parka e montgomery sono chiusi da alamari in caucciù e legati con sottili cime da braca, i trench hanno ganci in metallo lungo le maniche, cuciture nastrate e termosaldate e i completi sartoriali neri come la pece, sono arricchiti colletti con nastrini dandy e ciondoli argentali.

Vibra invece di colore la collezione Homme Hiver 2016 di Hèrmes. Cammello e turchese, khaki e antracite, rosso fragola, rosa e blu mirtillo. Véronique Nichanian porta sul catrow un guardaroba di tutti i giorni fatto di contrasti di tessuti e colori. Cashmere doppiati, lane merino, corduory e pelle si alternano su trench lunghi fino alle caviglie, blazer tre bottoni, bomber in suede indossati con i classici foulard della maison e peacotdalle nuance brillanti.

Nella giornata di chiusura della moda uomo a Parigi Lucas Ossendrijver, menswear designer di Lanvin, porta in scena una dichiarazione d’amore verso la maison che l’ha voluto al timone dopo che per anni ha condiviso i crediti con Alber Elbaz. Sfilano forme avvolgenti, cappotti dalle spalle morbide, pantaloni pijama, camice in seta anndoate o portate sopra a serafine di lana e sneaker con effetto spray in un insieme trasandato, bohemien. Per il suo show Paul Smith, dopo aver  celebrato l’amico David Bowie con un evento nello store di Parigi, mescola i must musicali britannici degli ultimi dieci anni. Beatles e Rolling STones, Ac/Dc e Happy Mondays mentre dal sipario escono cappotti crombie e pantaloni a sigaretta anni Settanta,montoni sfumati e strice di colore brillante su cappotti e dolcevita.

L’ultimo designer a raccontare la propria collezione per il prossimo inverno è Thom Browne. Racconta così una storia nostalgica. Tredici gentleman ritornano in un club anni Trenta a riflettere sul proprio passato. In sequenza entra in scena un trittico di look che rispetta il passare del tempo e che esplora tutte le nuance del grigio, tanto amato dallo stilista. Frac e cappotti militari, pellicce chesterfields, giacche plaid e bombette calate sul viso che rievocano certi quadri di Magritte.