La prossimità dell’istinto: l’arte multidisciplinare di Marco Siciliano
Courtesy Marco Siciliano

La prossimità dell’istinto: l’arte multidisciplinare di Marco Siciliano

di Marco Latorre

Il giovane artista italiano, attivo tra Milano e Berlino, ha scelto il museo indipendente FuturDome per raccontare una mostra che condensa in sé lavoro manuale, installazione concettuale e pura performance

Il corpo e lo spazio come codici di nuove visioni sperimentali, quelle che si riflettono nella produzione di Marco Siciliano. L’artista parte dall’analisi del dolore psicosomatico e dalle distanze prossemiche per definire un’esperienza viscerale, che mira a cristallizzarsi in opere multidisciplinari e divenire universale. Un processo di “digestione” del pensiero da cui emerge la mostra frutto del confronto con Atto Belloli Ardessi – fondatore e curatore di FuturDome – ospitata all’interno del progetto A-I-R (Artist In Residence).Un percorso attraverso le molteplici espressioni del corpo che si sviluppa nelle sale dell’atelier milanese dedicato all’arte contemporanea, allestito dallo stesso autore seguendo un “fil rosé” che delinea appieno il suo istinto estetico.

Qual è stato il punto di partenza di questo progetto?

Tutto è nato grazie ad Atto Belloli Ardessi che, invitandomi in FuturDome, mi ha proposto di concepire un lavoro sull’editoria indipendente da sviluppare durante il periodo di residenza e che avesse come obiettivo una mostra finale. Ho voluto dare vita a 3 libri d’artista completamente autoprodotti che racchiudessero diverse influenze, dall’interior design alla performance. La mostra sarebbe dovuta terminare a ottobre ma il secondo lockdown ci ha spronato a prorogarla fino a febbraio.

Perché la scelta del libro d’artista?

Il libro è il giusto mezzo per entrare in contatto con una storia: l’ho utilizzato principalmente come raccolta fotografica, collezione di elementi che si ripetevano. La possibilità di maneggiare l’opera fa sì che l’osservatore interagisca col racconto stesso, l’utilizzo della carta invece arricchisce l’esperienza attraverso una sensazione tattile. Ho trascorso questi mesi in mezzo ai fogli e, intuendo che sarebbe stato interessante usarli come fil rouge dell’intera mostra, ho cercato di interpretare il loro accumulo definendo una narrazione diversa per ogni stanza.

In che modo il libro si lega allo spazio circostante?

Esplicare spazialmente i libri all’interno della mostra e farlo grazie ai miei studi di interior design mi sembrava il modo più coerente per approcciare il progetto, creando un contatto diretto con le opere. Per “Effeuiller la Marguerite” (2020) ho ricreato una camera da letto legandola al dolore psicosomatico dello stomaco derivante dalla fine di un rapporto d’amore.Per riprodurre il gioco del “M’ama non m’ama” mi sono servito di fogli di carta igienica rosa – metafora di questo disagio – ricreando un simbolo d’intimità come il materasso singolo, privo però della sua materialità e del suo doppio. Tutto è perfettamente impilato e studiato: ogni azione è analizzata come durante la fine di una relazione. Il colore tenue della carta e il profumo di rose percepito all’interno della stanza rappresentano la volontà di rendere positivo ad ogni costo anche il dolore.

Courtesy Marco Siciliano

Questo m’ama non m’ama sembra scandire un ritmo, una successione di istanti. Che valore assume il tempo all’interno della sua produzione?

Nei miei lavori ricerco sempre una grande precisione e questo fa sì che il tempo si riveli alleato o rivale in base alle situazioni.Realizzando la mia ultima opera performativa ho capito quanto i gesti del corpo abbiano una tempistica processuale, una loro ritualità.Il tempo viene scandito da suoi movimenti necessari e non più da velocità imposte e umane.

Il dolore – sia esso fisico o psicologico – è presente in diverse opere. Da dove nasce l’esigenza di raccontarlo?

Il riferimento ai dolori psicosomatici deriva da una condizione personale, da qualcosa che ho sperimentato in prima persona come nel caso del bruxismo.Ho individuato in questi tipi di disagio l’elemento fisico di qualcosa inconsciamente taciuto al nostro interno, come se il corpo si caricasse di un’immagine che la mente non riesce a rappresentare.È una visione molto personale e intimista dalla quale ho cercato di estromettere il mio corpo in modo che ognuno potesse ritrovarci parte del proprio vissuto.

Il Bruxismo è il protagonista di uno degli ambienti della mostra. Ce ne vuole parlare?

Sono molto affascinato dal concetto della “masticazione” poiché rappresenta un atto tanto volontario quanto involontario che interessa corpo e psiche.In “12 Chewing Gum” (2018) ho voluto identificarlo nel bruxismo, riproducendo il calco della mia mandibola così come  farebbe un dentista, servendomi però della classica gomma americana.Il mio intento era comunicare l’immagine della mandibola che mastica sé stessa, celando un reale sforzo fisico dietro il colore rosa del chewing gum e il suo odore intenso e riconoscibile.

Courtesy Marco Siciliano

Altra masticazione è quella della mente. In che opera si può cogliere la sua espressione?

Ho voluto esplicitare questo concetto in “Take a pause” (2017-2020) attraverso estratti di scene pornografiche che, se riflesse più volte, arrivano ad annullare la percezione del messaggio iniziale.È un esperimento nato sui social da una precisa considerazione: qual è il limite tra pornografia e decorativismo, e come l’algoritmo riesce a riconoscerlo?Il titolo deriva dal concetto che la masturbazione rappresenta in sé un intimo momento di pausa e dal fatto che questi motivi decorativi sono realizzati partendo da frame di contenuti video messi in pausa. Non sempre abbiamo pieno controllo del nostro corpo e volevo far sì che istanti di tranquillità e stress coesistessero in un unico ambiente.

Circoscrivere lo spazio sembra rispondere al desiderio di protezione che caratterizza l’intera mostra, ma al contempo i suoi lavori esaltano una trasparenza che lascia intravedere allo spettatore una realtà soggettiva. Che significato intende comunicare attraverso questi elementi?

Molti progetti ai quali ho lavorato sono frutto dell’analisi sul desiderio di nascondersi. In “Two Men Tent” (2019) ho preso la tenda da campeggio – emblema del nascondiglio – e ho voluto annullarla, rendendola trasparente e leggera. In “18 mq” (2020) mi sono invece servito dello spazio per interpretare il contemporaneo rapporto con le news, oggigiorno sempre più imperante.L’idea è nata in seguito al primo lockdown, dopo aver visto una performance di Simone Forti (Zuma News, 2013): ho voluto ricreare la mia stanza di 18 mq nel Tempelhofer Feld, l’ex aeroporto della Berlino Ovest ora parco pubblico, quasi a imprimere il mio arrivo nella città e ripercorrere le sensazioni vissute durante il periodo di isolamento.

La “distanza” è uno dei temi cruciali dell’esposizione. In che modo ha voluto rappresentarla?

Sono molto legato al significato di prossemica e al desiderio che hanno i corpi di avvicinarsi. Questa ricerca è evidente in “8 Denari” (2017-2021), una serie di collage in cui un corpo fotografico e un altro cucito con del filo argentato, rappresentano i diversi stati dell’incontrarsi.La pelle è riprodotta dall’uso del collant, che arriva a lacerarsi nell’esatto punto in cui questi due corpi entrano in contatto. Ultimamente ne sto immaginando una nuova serie, un’evoluzione del racconto, in cui la mano sparisce e ciò che resta sono i lividi lasciati come impronta del suo passaggio.

    La distanza è spesso determinata dal viaggio, come quello che l’ha condotta a Berlino e ispirato “Malva Esitante”. Perché questo titolo?

    Il titolo è un chiaro riferimento a “La nausea”, romanzo di Jean-Paul Sartre, e al senso di inquietudine provato dal protagonista dinnanzi alle bretelle color malva indossate da uno dei personaggi. Questo mio lavoro raccoglie una serie di screenshot di “Come stai?” collezionati nei giorni successivi al mio trasferimento a Berlino, messaggi a cui ho risposto solo in seguito eludendo volutamente la domanda.Berlino è una città molto diversa da me, motivo per cui l’ho scelta e celebrata in questo libro. 

    Qual è stata la risposta del pubblico che ha visitato la mostra?

    Decisamente positiva. Il momento storico che stiamo attraversando ha fatto sì che la gente comprendesse appieno il senso della mostra, i dolori psicosomatici sono oggi sicuramente più comprensibili e ci fanno meno paura rispetto al passato.