David di Donatello: trionfa Bellocchio e il “suo” Traditore
Foto: ALBERTO PIZZOLI/AFP via Getty Images

David di Donatello: trionfa Bellocchio e il “suo” Traditore

di Andrea Giordano

Nella notte surreal-digitale dei 65esimi David di Donatello, alla fine vince “Il traditore” di Marco Bellocchio. Battuto il Pinocchio di Matteo Garrone (che comunque conquista cinque statuette). Pierfrancesco Favino e Jasmine Trinca eletti migliori attori protagonisti, Luigi Lo Cascio e Valeria Golino tra i non protagonisti.

Il cinema di Marco Bellocchio, nella notte inedita e digitale dei 65esimi David di Donatello (gli Oscar italiani), trionfa ancora una volta grazie a Il (suo) Traditore, che, gioco di parole a parte, questa volta non tradisce e vince. Una delle pellicole migliori viste nella stagione trascorsa, già celebrata al Festival di Cannes (era nel concorso principale) con oltre dieci minuti di applausi, ma rimanendo a bocca asciutta, scelta comunque per rappresentarci nella corsa agli Academy Awards, come miglior film internazionale, venendo purtroppo tagliata dalla shortlist.

La parabola di vita e morte, incentrata sulla figura di Tommaso Buscetta, mafioso tra i più spietati, poi diventato collaboratore di giustizia, batte allora ai calci di rigore il Pinocchio tradizional-innovativo di Matteo Garrone (cinque statuette, comunque, scenografia, acconciatura, trucco, costumi e ed effetti visivi) portandosene a casa uno in più. Premi pesanti e di prestigio, a partire da quelli andati a Pierfrancesco Favino, magistrale miglior attore protagonista, superando, tra gli altri, Luca Marinelli, favorito dopo la Coppa Volpi ricevuta alla Mostra di Venezia per Martin Eden, e a Luigi Lo Cascio, miglior attore non protagonista, ottimo nei panni di Salvatore Contorno, tornato a conquistare un David a distanza di 20 anni da quel meraviglioso Peppino Impastato ne I Cento Passi.

Il traditore e lo stesso Bellocchio (tre riconoscimenti singoli per lui, miglior regia, film e sceneggiatura originale, insieme a Francesco Piccolo, Ludovica Rampolli e Valia Santella, a cui aggiungere il montaggio della moglie Francesca Calvelli) rinnovano così un segnale prezioso e senza tempo, quello di un autore impegnato nel trattare argomenti diversi, anche scomodi. Basterebbe scorrerli: i giorni intorno al caso Englaro (Bella Addormentata), il sequestro Moro (Buongiorno Notte), la contestazione del ‘68 (I pugni in tasca), toccando gli anni dei terrorismo, l’inedita doppia prospettiva di Mussolini (Vincere), entrando nella dinamica e della cronaca italiana, quanto cogliendo nella poetica dolorosa di altri (Fai bei sogni). Insomma a 80 anni, il maestro-guru nato a Bobbio fa da capofila al gruppo, lancia e rinnova il senso di un mondo, l’industria cinematografia nello specifico, desideroso di rialzarsi coraggiosamente e riaccendere gli schermi e le luci (succederà, si parla di giugno… staremo a vedere) mostrando la capacità, ancora, di rivelarsi artista libero e senza compromessi.

Belle conferme, poi, sul fronte delle attrici, arrivate da due volti – simbolo dei nostri tempi: Jasmine Trinca, nella categoria principale, come protagonista, ne La dea fortuna, il film firmato da Ferzan Ozpetek (che ha conquistato anche la miglior canzone, scritta da Diodato), e Valeria Golino, come non protagonista in 5 è il numero perfetto, una delle vere rivelazioni, per il debutto del fumettista Igor dietro la macchina da presa. Fuori dalla “lotta”, o quasi, il nuovo Suspiria di Luca Guadagnino, dove Thom Yorke, voce-leader dei Radiohead, concorreva nella colonna sonora e nella canzone, e soprattutto Il primo re di Matteo Rovere, uno dei titoli più ambiziosi, vittorioso “solo” di tre riconoscimenti andati al suono, la fotografia di Daniele Ciprì e il miglior produttore.

Ma è anche da registi come Rovere che bisogna continuare a guardare avanti, lui, Claudio Giovannesi (candidato per La Paranza dei bambini), Pietro Marcello (miglior sceneggiatura non originale, con Maurizio Braucci, per Martin Eden) e chiaramente i grandi nomi, come Matteo Garrone, già consacrati a livello internazionale. Ma nessuno in realtà ha davvero perso. Perché in fondo il cinema, le maestranze silenziose, i talenti, le eccellenze intorno e dentro ai set, sono, e saranno, sempre uno specchio cruciale per la nostra rinascita culturale.

E da qui, vogliamo, e dobbiamo, ripartire senza più paure.