Letture per il presente: la solitudine

Letture per il presente: la solitudine

di Giacomo Alberto Vieri

Torna il consueto appuntamento letterario di Icon questa volta con un tema che di questi tempi, nonostante le luci e i buoni propositi, sembra riguardarci un po’ tutti: la solitudine.

Incerti sui decreti ministeriali, le varianti colore, le possibili alternative e gli auguri automatici, la grande ospite di queste feste, a tavola, è stata quella solitudine nostalgica legata al passato, ad un tempo bello anche per coloro che non amano le festività. D’improvviso quest’anno è un throwback continuo, e tutti che si ricordano anche le cartoline a  Babbo Natale incollate col Vinavil sul quaderno di seconda elementare.

Almeno”, dice, “Eravamo in tanti. Tanti che era perfino impossibile contarsi”. Chris Offutt esordì nel ’92 con Kentucky Straight (nelle terre di nessuno) e da quel momento fu chiaro a tutti perché non avremmo potuto perdere una penna come la sua. A casa e ritorno (Minimum Fax) è una raccolta di racconti che dall’America rurale, da personaggi che scivolano con grazia fra comicità e disperazione, si muove dentro l’essere umano per raccontarne le traiettorie più disperate, quel senso di ricerca, quei paradossi, che ci portano talvolta a vivere esistenze grottesche, dense, totali. Racconti, quelli del narratore americano, che non hanno bisogno di carezzare la speranza o il brightside, che non vogliono rassicurare il lettore, ma anzi. Storie in cui i luoghi, intessuti di silenzi e prospettive, sono continui campi di battaglia fra gli uomini e le loro attese. 9 racconti che parlano di tutti, anche quando intorno non c’è nessuno.


Il mio felice niente”, scrive Patrizia Cavalli nel verso finale di una poesia – copertina della sua ultima raccolta, Vita Meravigliosa (Giulio Einaudi Editore) e se qualcuno ricorda il suo esordio, Le mie poesie non cambieranno il mondo, beh, forse non sarà d’accordo con l’Autrice. Perché la Cavalli, ogni volta, costruisce giostre silenziose, superbe, con le parole e sono soddisfazioni sempre vuote, per cui non c’è bisogno di stare in coda: le sue poesie, fra accenni mistici, pensieri ricorrenti, ciarpame domestico, stanno come appoggiate sul pontile di un lungomare deserto, sono consolazione e gioia. Di non esser soli, anche quando lo si è così tanto da non avere scampo.


Una specie di solitudine (Feltrinelli) è la raccolta-diario firmata dallo straordinario autore americano John Cheever. Ciò che esce, però, dalla penna di più di trent’anni di memorie, è la fotografia dell’uomo Cheever, con le sue tensioni emotive, le contraddizioni, le spinte, i desideri. Una vita offuscata dall’alcool, dall’amore per donne e uomini, dalla rappresentazione di se stesso, la trasposizione dell’Io nella scrittura, i drammi della ricerca di senso e di una direzione. Una specie di solitudine, proprio come quella che avviluppa il lettore, mentre si immerge nel grande monologo che l’Autore, con una purezza stilistica senza vincoli, a briglia sciolta, riversa sul foglio, non risparmiandosi mai in particolari e dettagli, scavando nelle tenebre, nell’assurdo ma anche nella meraviglia.


Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo (Ponte alle grazie) è il romanzo con cui il giornalista/autore Jean-Paul Dubois, molto acclamato e popolare in Francia, ha vinto il Goncourt. In Italia il testo arriva forse un po’ in sordina ed è un peccato dal momento che la vicenda del protagonista, Paul Hanson, e della condanna che sconta nella prigione di Montréal, insieme a personaggi di cui si intrecciano storie e racconti, è davvero interessante. Con un piglio narrativo fra fiction e giornalismo di cronaca, Dubois ripercorre anni caldi della Storia del Canada (i movimenti per l’indipendenza del Québec) ma anche le lotte del ’68 in Francia. Attraverso la ricostruzione della propria vita, e di molte altre, sul filo di un equilibrio che si intuisce subito essere precario e affascinante, il libro riesce a inchiodare il lettore alle parole. Le sorti di quella che sembra essere la vita di un uomo tranquillo si mischiano fra aneddoti, reminiscenze, e confluiscono poi nel presente del carcere, e di una solitudine che chiede risposte.