Massimo Listri e la meravigliosa arte di collezionare
Foto Massimo Listri

Massimo Listri e la meravigliosa arte di collezionare

di Marta Galli

Nel suo volume fotografico “Cabinet of curiosities”, Massimo Listri raccoglie le immagini di collezioni insolite e preziose, documentando la più incantevole delle ossessioni.

Di stupore e di meraviglia sono intessute le stanze e le collezioni che Massimo Listri, maestro fotografo d’architettura e d’interni, ha immortalato e riunito nel libro formato XXL, Cabinet of curiosities, edito da Taschen, con testi di Antonio Paolucci e Giulia Carciotto.

«Sono sempre stato curioso», dice Listri, «e questa mia curiosità mi ha portato a fotografare raccolte di oggetti preziosi e insoliti; meraviglie della natura (naturalia) e oggetti costruiti dalla fantasia dell’uomo (artificialia)».

È infatti di Wunderkammer che si tratta in questo libro sontuosamente illustrato: 365 pagine di bizzarre passioni e implacabili ossessioni. Qualcuno ha detto che il collezionismo è un gene. Se è vero, ad esserci nati non sono solo i grandi collezionisti della storia, da Rodolfo II del Tirolo a Francesco I de’ Medici, ma anche lo stesso Listri che alla sua casa di 800 mq non smette di dedicare energie. E gli amici ora gli chiedono: «Ma la tua casa nel libro dov’è?», perché benissimo avrebbe potuto figurarvi.

Sfogliando il volume si è proiettati in una galleria di stanze fittamente arredate, di oggetti preziosi, ma soprattutto rari, inusuali, che spesso in questi ambienti e negli stipi si assiepano; quasi che il suo occhio rimettesse tutto a posto come in uno studiolo rinascimentale.
Lo scrisse una volta Vittorio Sgarbi che dove c’è il caos io rimetto ordine. Forse perché le mie immagini sono sempre così simmetriche ed equilibrate; ma devo dire che anche quando c’è un grande disordine – penso ad esempio alla casa di Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera – ecco, anche il “tantissimo” diventa un’unica cosa.

Di primo acchito, si direbbe che lei abbia una predilezione per il “tantissimo”.
Ah, se guardiamo la mia casa è un po’ un horror vacui. Sono per istinto un accumulatore. Ho comprato negli anni un appartamento dopo l’altro allargando il mio, ora aspetto di ingrandirmi ancora ma vorrei fare questa volta una stanza forse più minimalista e vuota. Certo nelle mie fotografie c’è un rigore che in casa mia non c’è.

Il “tantissimo” delle Wunderkammer non lo è solo in quantità ma anche in qualità; è un modo di collezionare che è andato perduto?
Certamente va scomparendo. In alcuni casi sono poi le stesse collezioni che ho fotografato che sono andate disperse, o non si presentano più tali, come nel castello di Rosenborg di Copenaghen, dove gli antichi cabinet in legno e vetro sono stati rimpiazzati, anche per ragioni di sicurezza, da metallo e luci al neon; hanno perso il loro fascino.

Oggi prevale un collezionismo specifico…
È per la maggior parte di persone che non sanno. Gente abbiente che può spendere 50 milioni per comprare un Bacon. Collezionano per investimento, comprano un Fontana come fosse un francobollo: con i suoi tagli è un’arte molto riconoscibile, funziona bene a questo scopo, è un collezionismo di rappresentanza. Non dico non si possa collezionare arte moderna e contemporanea con gusto, ma bisogna avere del genio per saper valutare cosa vale o cosa no. E, per quel che mi riguarda, quel tipo di arte è troppo legata alla finanza, al commercio, alle aste. Oggi con 70-90 milioni ci si può costruire, con gusto, un’intera collezione di arte antica.

O una Wunderkammer…
C’è stata un po’ una moda, a un certo punto. Ma non è sufficiente mettere insieme due conchiglie e un pesce palla fatto ora. Ci vuole studio, conoscenza, curiosità e un po’ di gusto enciclopedico da Museo kircheriano. La Wunderkammer, d’altra parte, nasce e si sviluppa dentro un’utopia che è quella di poter riunire attorno a sé, un luogo protettivo, astratto, a portata di mano, una buona campionatura del mondo.

Ma come si vede dal suo libro la tradizione delle Wunderkammer non è morta, non è così?
Ancora se ne fanno. Nel libro c’è per esempio lo Château de Bannes: il proprietario è uno degli uomini più ricchi di Francia. Ha una raccolta di animali impagliati e fossili preziosissimi, alcuni comprati da un comune amico antiquario, che ora ha un gran da fare a vendere dinosauri ai giapponesi e mastodontici meteoriti nel Wyoming. Rimane quel senso per l’oggetto d’eccezione che accomuna grandi e bambini. E poi c’è anche un certo diletto nell’accostamento. Nello studiolo di Piero, il padre di Lorenzo il Magnifico, il corno di unicorno era valutato nell’intero inventario della sua collezione più di ogni altra cosa. Ma è un dente di narvalo che oggi chiunque può avere, sebbene allora avesse quella caratteristica di irripetibilità che suscitava meraviglia.

Dice ancora come faceva da bambino: «questo è bello, questo no»?
Non lo dico, ma lo penso; e lo vedo! È così raro ormai il bello, tutto sta andando verso il cattivo gusto, verso il pressapochismo: le belle case vanno scomparendo, di persone raffinate ne rimangono pochissime.

La sua passione per le Wunderkammer com’è nata?
È per via della mia naturale curiosità, poi ancora già negli anni Settanta, lessi Raccolte d’arte e di meraviglie di Julius von Schlosser e fu una conferma. Forse il mio è un po’ un tentativo di emulare, in casa mia, il museo di Sir John Soane a Londra. Ho moltissime antichità. Per fortuna mi frena la mancanza di spazio e di denari.

Lei è un collezionista del genere che definiremmo onnivoro, e anche un bibliofilo.
Sì, quella per i libri è una passione un po’ maniacale. Ho collezionato molte prime edizioni di volumi di architettura e archeologia. Li tengo in librerie che ho fatto fare su misura, un po’ secentesche, ma dipinte alla maniera del Settecento. Comunque, è una ricerca senza fine e ora ho un po’ rallentato a favore di pittura e scultura, che mi danno più soddisfazione.

L’ultimo oggetto che ha acquistato?
Un quadretto di Eugenio Montale del 1956, une promenade des anglais. Ma m’interesso a tutto: Arte romana, Neoclassico, Novecento.

Gli oggetti fanno compagnia?
Non è l’oggetto in sé che m’interessa, è che ogni oggetto è una chiave che ti spinge ad aprire delle porte e a risalire, attraverso i libri, alla storia. Sono un dilettante ricercatore appassionato.