Voglia (e necessità) di cambiare, ecco la filosofia del presidente dei Jeunes Restaurateurs d’Europe

Reinventarsi spesso, per ‘ripartire con grinta e non sedersi sulle cose acquisite’, è uno dei concetti che più stanno a cuore a chef Andrea Sarri: ‘Ci vuole un pizzico di follia, ma dà tanta soddisfazione. Se va tutto bene’, aggiunge ridendo. Nel suo caso la sorte ha sorriso: è proprietario insieme alla moglie Alessandra del ristorante Andrea Sarri di Prino, borgo di pescatori che si affaccia sul lungomare di Imperia. Ed è presidente della sezione italiana dei Jeunes Restaurateurs d’Europe (JRE), l’associazione internazionale che riunisce giovani chef di tredici paesi diversi.

‘Per entrare a far parte dei Giovani Ristoratori bisogna avere dai 23 ai 37 anni, e vi si può restare fino ai 45, dopo i quali si diventa soci onorari. Bisogna essere titolari del proprio ristorante, figurare bene nelle guide e avere un’etica del lavoro’.

Soddisfatti questi requisiti bisogna sottoporsi al giudizio dei soci: ‘Ci scegliamo tra chef, siamo noi stessi a decidere i futuri associati. È molto differente dalle guide, che affidano il giudizio a persone che possono essere competenti come no’. In pratica succede che uno chef chiede di entrare nella JRE e, verificati i prerequisiti di base, ‘a rotazione devono andare a visitarlo tre persone del direttivo, o anche associati, almeno tre volte ed escludendo gli associati della medesima regione, che potrebbero avere ragioni personali per volerlo o meno nell’associazione’.

C’è un ulteriore requisito importante, per essere ammessi: ‘Si richiede una partecipazione concreta alle attività della JRE’. Un esempio? ‘Anche quest’anno gli alunni più meritevoli della scuola di Stresa potranno fare uno stage gratuito nei ristoranti dell’associazione. È un progetto per far crescere i cuochi del futuro. Facciamo un po’ i talent scout, insomma, cerchiamo i prossimi talenti, giovani che oggi sono sconosciuti e magari fra cinque o sei anni saranno gli chef più in voga in Italia o anche a livello internazionale. Per i Giovani Ristoratori, e per me che ora li rappresento come presidente, è motivo di grande soddisfazione sapere che tutti quelli che sono stati grandi, o lo sono in questo momento, sono passati dall’associazione: da Gennarino Esposito a Uliassi, da Cedroni a Cerea, sono tutti stati Giovani Ristoratori e qualcuno lo è ancora’.

Nel caso di chef Andrea Sarri, figlio di ristoratori (‘ma non ho mai lavorato con i miei’), l’avventura nel mondo della cucina sembra essere all’insegna delle sfide. L’idea base è mai sedersi sugli allori, un po’ per carattere, perché ‘mi piace cambiare e mettermi in gioco’, un po’ per realismo: ‘Negli ultimi anni è cambiato tutto, e chi non se n’è accorto avrà dei grossi problemi, credo. È duro dirlo, ma penso che la crisi ha portato o porterà un buon cambiamento: l’alta ristorazione era diventata per pochi, spesso un esercizio di stile fine a se stesso. Se oggi i ristoranti sono vuoti, nella maggior parte dei casi è colpa di scelte sbagliate: non si può sempre pensare di essere noi dalla parte del giusto, come se fosse colpa del cliente che non capisce. Ogni tanto bisogna fare un passo indietro ed essere analitici e capire gli errori. Secondo me si è creata troppa distanza: un conto è fare gli attori e i grandi personaggi, un altro è riempire il ristorante, che è diverso’.

Dunque, a breve il futuro della ristorazione potrebbe essere all’insegna dell’attualizzazione e dell’orgoglio patrio: ‘Ho sempre sostenuto che gli italiani hanno il vizio di scimmiottare quelli della porta accanto. Nel senso che c’è stato il momento della Francia e abbiamo fatto il servizio alla francese; poi è arrivata la cucina spagnola, che io stimo tantissimo, ma quando vado mangiare in Spagna: non mi piace ritrovarla in Italia. Tendiamo a dimenticarci delle nostre eccellenze, quelle che gli altri ci copiano. Prodotto, identità e territorio sono le cose più importanti, la nostra cultura gastronomica. Poi si tratta di proporla in maniera più moderna… non più moderna, più attuale, perché il moderno è già uno stile, l’attuale è invece un concetto. Attuale significa essere un po’ più snelli e avere una casa più che un ristorante, nel senso di trovare la cordialità del padrone di casa, quella che c’era una volta e ultimamente è un po’ svanita’.

Con queste linee guida chiare in testa, chef Sarri ha inseguito i Giovani Ristoratori sin dall’inizio: ‘Appena ho aperto il ristorante, il mio primo obiettivo, anche più dell’apparire su guide importanti, era far parte della JRE. Quando ci sono riuscito, era il 2004 mi pare, o il 2006 adesso non ricordo esattamente, ho sentito di aver raggiunto un traguardo nel mio percorso professionale. Poi essere divento presidente è stata una grandissima soddisfazione, davvero un punto di arrivo’.