Herno, scelte di qualità. Intervista a Claudio Marenzi

Herno, scelte di qualità. Intervista a Claudio Marenzi

di Paolo Briscese

Da sempre impegnato a tutelare il valore della filiera italiana, Claudio Marenzi – ceo di Herno e presidente di Pitti Immagine – punta sull’economia circolare, l’internazionalizzazione e la necessità di sostenere, finanziariamente e strutturalmente, le piccole realtà artigianali e innovative

Fondata nel 1948 a Lesa, sulle rive del Lago Maggiore, come azienda di impermeabili, da oltre 70 anni una delle eccellenze del made in Italy, Herno è ormai sinonimo di urban outerwear. Un successo raggiunto grazie alla sua capacità di rinnovarsi continuamente, pur rimanendo fedele alle proprie radici. I capispalla Herno riflettono quella capacità squisitamente italiana di creare prodotti di altissimo livello, emblema di alta manifattura e di un gusto unico, che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo. L’azienda piemontese continua a perseguire l’eccellenza nel suo settore, puntando sull’innovazione tecnologica e facendo sempre scelte etiche e rispettose dell’ambiente. Ne abbiamo parlato con Claudio Marenzi, ceo del marchio e presidente di Pitti Immagine.

Herno è una delle più virtuose realtà del made in Italy. Come è riuscito a trasformare un’azienda familiare in una realtà di successo a livello globale?

Valorizzando competenze acquisite nel tempo: mi riferisco a 70 anni di artigianalità nella confezione di capi, nel nostro caso, funzionali. Quando Herno nasce, nel 1948, come fabbrica di impermeabili, confezionare capi antipioggia non era affatto semplice. Oggi non basta produrre un capospalla “ben fatto” per essere protagonisti sul mercato. Quando ho preso il controllo dell’azienda di famiglia, nel 2005, ho voluto investire il più possibile in ricerca, tecnologia e progetti ecosostenibili, sperimentando nuovi materiali e processi produttivi sempre più rispettosi dell’ambiente. Questo ci ha permesso di perfezionare il prodotto e di crescere a livello internazionale. Oggi Herno è una solida realtà imprenditoriale nell’universo urban outerwear, che si muove virtuosamente tra innovazione e tradizione sartoriale.


Herno ha appena acquisito la maggioranza di Montura, marchio attivo nel segmento dell’active sport. Quali sono le prossime sfide?

Montura è una azienda molto simile alla nostra riguardo a progettazione, sviluppo e industrializzazione del prodotto. Abbiamo lo stesso rigore nel perseguire la massima qualità. Ciascuno di noi rappresenta l’eccellenza nel proprio settore. Ora la sfida è internazionalizzare questo enorme patrimonio migliorando allo stesso tempo la brand awareness: Herno, con la sua esperienza, sarà di supporto.

Per essere competitivi, quanto conta il legame con l’artigianalità, la manifattura, e tutta la filiera?

Il legame con la filiera è imprescindibile per un marchio che vuole sottolineare e confermare, sempre, la propria appartenenza all’Italia, proteggendo il suo ricco patrimonio. Il valore di un’azienda come la nostra dipende da scelte di qualità che si fanno molto prima delle fasi di produzione. Herno vanta un capitale umano di oltre 250 persone tra stilisti, sarte, modellisti e venditori, che tramandano alle nuove generazioni i valori dell’artigianalità della tradizione italiana.


Herno Headquarter

Come sta oggi il made in Italy?

Ha conosciuto tempi migliori. È in lenta ma graduale ripresa e, comunque, resta fondamentale per il rilancio e il sostegno dell’economia del nostro Paese. Soprattutto per quanto riguarda il menswear, dove conta più il prodotto che il marchio. In termini di qualità, la moda italiana è la più competitiva a livello globale, grazie alla sua creatività, alla filiera, alla eterogeneità di proposte e credibilità. Il sistema moda uscirà rafforzato da questo momento difficile solo se tutelerà finanziariamente e strutturalmente le piccole realtà artigianali e innovative.

L’industria della moda deve fare i conti anche con la transizione ecologica. Cosa si può fare?

Il problema oggi non sta solo nella scelta dei materiali, ma anche nelle scelte produttive, distributive, commerciali. Non bisogna unicamente pensare di cambiare il modo di fare una collezione per essere rispettosi dell’ambiente, bisogna attuare queste scelte, investire, metterle in opera e puntare sull’economia circolare. La sostenibilità è un tema serio e oneroso.


Pitti Immagine Uomo torna con un’edizione in presenza. Che cosa ci aspetta?

Sembra esserci un lento ritorno alla normalità. I numeri lasciano ben sperare. A oggi abbiamo superato il 50% delle adesioni dei nostri clienti contro il 30% di giugno. Ci prepariamo ad accogliere espositori e visitatori con misure di sicurezza senza precedenti. Abbiamo, inoltre, implementato il servizio di Pitti Studio dando la possibilità alle aziende partecipanti di presentare i loro prodotti via web in streaming, avvalendosi di strumenti all’avanguardia a costi contenuti.

Cosa pensa del progetto di creare un grande polo italiano del lusso?

Sarebbe auspicabile. Non vedo, però, nessuno in grado di far dialogare il mondo industriale e quello finanziario. L’imprenditoria italiana, e non solo quella della moda, ha delle caratteristiche uniche al mondo in termini di creatività e approccio innovativo al business ma è priva di una visione di insieme. Credo sia una questione culturale, un problema di educazione. A ogni modo sarei felice di essere smentito.