Riferimenti ai sixties dei Mod e volumi affilati dal sapore contemporaneo: cromie terrose e rivisitazioni in denim dei classici sono protagonisti della collezione di Jacob Cohën

La musica, soul trapiantato dalla Giamaica nell’Inghilterra degli anni sessanta; le Vespe e le Lambrette customizzate con attenzione maniacale; e poi il guardaroba, un lunghissimo elenco di doveri e ossessioni ricorrenti da osservare alla lettera, vera linea di confine che li distingueva da chi era venuto prima, i teddy boys, e da chi sarebbe venuto dopo, i punk. I Mod sono stati la controcultura inglese più strutturata e complessa dell’epoca moderna, capaci di creare un immaginario che è sopravvissuto a loro, arrivando fino ai giorni nostri.

Un vocabolario estetico al quale Jacob Cohën attinge per la stagione invernale, aggiornandolo agli anni dieci.

Così, se la palette cromatica sposa nuance boschive o neutrali su pantaloni carrot fit e giacche in pelle, non mancano colori di carattere, ocra e mattone su pants in cotone a costine e cargo con tasca laterale.

L’omaggio alla madre patria è nell’utilizzo del tartan, distillato sui nuovi cinque tasche in soft cotton, o nella vestibilità British, con fondo stretto, dei modelli Academy Lion e Tom, con pences sul davanti, tradotti su lana, cotone, e denim di lana. Riferimenti che tornano anche nella maglieria, con felpe in cotone dalla stampa Union Jack.

Eleganti in ogni occasione, il classico doppiopetto, uniforme serale dei Mod, si trasla qui su un denim indigo trattato per apparire vissuto, memore delle battaglie di stile e con i rocker.

Quando le temperature scendono, a divenire protagonisti sono infine i capispalla, peacot dal gusto marinaro in panno armaturato e dalle linee affilate e contemporanee, o Trucker jacket che abbandonano il classico denim per rifugiarsi nel calore della pelle dall’effetto vintage. Da indossare su maglioni dai volumi avvolgenti con lavorazioni jacquard tono su tono.