Painting is Back. Quando negli Ottanta si tornò a dipingere

Painting is Back. Quando negli Ottanta si tornò a dipingere

di Digital Team

Alle Gallerie d’Italia di Milano, una mostra offre uno sguardo inedito sulla pittura italiana

Un percorso per emblemi e casi selezionati tra lo straordinario patrimonio che sono le collezioni di Intesa-San Paolo, raccolte private o direttamente dagli artisti, non dunque un excursus museale. Così è presentata la mostra “Painting is Back. Anni Ottanta, la pittura in Italia”  inaugurata alle Gallerie d’Italia, in Piazza Scala, Milano (fino al 3 ottobre). Chi, va detto, si immagina un panopticon onnicomprensivo, noterà subito mancanze e pecche – poco male: del resto, il ridire, contestare, il mostrare di saperne più di tutti è il contorno di qualsiasi chiacchiericcio di mostra. Chi invece vuole ripercorrere (magari scoprendo nuovi nessi) il decennio Ottanta, approfittando della distanza temporale che migliora la messa a fuoco e del taglio critico del curatore Luca Massimo Barbero, avrà di che tornare a casa con spunti per riflessioni. L’importante è cominciare a guardare quegli anni con occhi diversi, il tempo per giustamente approfondire lo si trova, anzi va cercato presto. 


Enzo Cucchi, Le stimmate

Cominciati a fine anni 70, quando ancora crisi, terrorismo, morti dominavano le cronache, gli Ottanta almeno nell’arte, vanno oltre la fulminante visione di Altan (“dopo il gelo degli anni di piombo, scaldiamoci al calduccio di questi anni di merda”) per presentarsi poliformici e vitali. Il loro è un rimbalzo non solo tecnico (per usare un termine borsistico), ma la testimonianza di una volontà di ricominciare a vivere. La superficie più sgargiante sarà “Drive In” e tutto il tele trash, ma appena sotto c’è anche ben altro. Ecco allora il “ritorno” alla pittura, tela, colori, pennelli, materiali, non più solo fotografie, astrazioni concettuali, dichiarazioni di principio e di appartenenza. A tornare alla pittura, alla concretezza del fare artistico – se mai molti se ne fossero mai staccati – è un composito parterre di cui la mostra da conto. Subito pronto dunque un altro spunto di riflessione: come diverse generazioni con esperienze totalmente diverse si ritrovino accomunate da un medesimo medium, seppure con differenti obiettivi. Basta scorrere l’elenco degli artisti in mostra: si va da nomi generazione anni Venti come Mimmo Rotella, Enrico Baj, addirittura Mario  Merz e Carol Rama; ad anni Trenta come Valerio Adami, su su fino poi ai tardi Quaranta (Chia, Cucchi, De Dominicis) e poi i Cinquanta. Quanti percorsi, esperienze ed etichette li dividono, almeno in apparenza. Trans Avanguardia sembra il tema conduttore, come lo disegnò Achille Bonito Oliva: una avanguardia che attraversa tutte le avanguardie e ne dispone liberamente. Insomma, una mostra da vedere, aspettando una seconda (magari anche una terza) puntata di ulteriori, gustose indagini. Anche continuando a pescare nelle ricche collezioni di Intesa Sanpaolo da cui provengono molti pezzi qui esposti.