Addio Mino Raiola

Addio Mino Raiola

Il re dei procuratori, agente di alcuni dei più grandi campioni del calcio, è scomparso all’età di 54 anni a seguito di una malattia. Classe 1967, aveva rivoluzionato la figura del procuratore, rendendo il mondo del calcio “un posto migliore per i calciatori”.

di Angelo Pannofino

Larger than life, è un’espressione degli anglosassoni per dire incredibile, gigantesco, leggendario, fuori dal comune, esagerato… E Mino Raiola, il più famoso procuratore e agente di calciatori, ne sembrava l’incarnazione, con quel fisico da attore secondario in un film di Scorsese, col suo modo di stare al mondo, sempre sopra le righe, amatissimo e odiatissimo: per questo fa impressione doverne parlare al passato, perché uno come lui sembrava inarrestabile, uno che la morte l’avrebbe liquidata con una battuta, dicendole che non aveva tempo da perdere, ché doveva volare in soccorso di qualcuno dei suoi assistiti. E infatti, per due volte, a gennaio e due giorni fa, è morto ed è tornato in vita dopo che molti media italiani lo avevano dato per trapassato. Invece: dal trapassato è tornato al presente indicativo. Oggi, purtroppo, Mino Raiola è morto per davvero. Aveva 54 anni.

Tutto in lui era larger than life: non solo il suo giro vita ma anche la vita, affrontata con il sorriso beffardo di chi si veste con t-shirt e bermuda per salire sul jet privato. Larger than life era il talento di molti dei suoi assistiti (Nedved, Ibra, Pogba, Lukaku, Verratti, Haaland, Balotelli, De Ligt…), ma soprattutto il suo, di negoziatore abilissimo, a patto di usare il denaro come unico parametro, perché sistematicamente larger than life erano anche le somme che riusciva immancabilmente a strappare, sia per i suoi clienti (è stato l’artefice di colpi incredibili, come il passaggio di Pogba al Manchester United per 110 milioni, all’epoca “il più costoso della storia del calciomercato”) sia, soprattutto, per sé, di quelle somme che, per spenderle, non ne basta una di life, anche se large. Fenomeni tutti i suoi calciatori, e se su alcuni si potrebbe obiettare, il fenomeno era di sicuro lui, che riusciva a piazzarli a cifre molto superiori al loro peso in oro. Un po’ come avviene per alcuni quotatissimi artisti contemporanei, e non a caso a lui piaceva andare sul sicuro di artisti di indubbio genio quando li paragonava ai suoi calciatori: Ibra era «la Gioconda o l’Urlo di Munch», Pogba «un Dalì», Donnarumma «un Modigliani»…

Circondato da leggende e aneddoti, alcuni veri (parlava sette lingue), altri no, come il soprannome “pizzaiolo” con cui alcuni lo chiamavano: «Mai fatto una pizza in vita mia», chiarì lui, «ma molte le ho portate ai clienti del ristorante dei miei genitori». Emigrati in Olanda da Nocera Inferiore quando lui era un bambino, il ristorante come scuola di vita per il piccolo Mino. Poi il calcio. Il passaggio di Bergkamp dall’Ajax all’Inter nel 1993 il suo primo squillo. Il resto è storia. Del calcio e del calciomercato.

Con lui, ad Icon, abbiamo collaborato per realizzare due copertine, una con con De Ligt e l’altra con Pogba, ma il suo rapporto con il direttore Andrea Tenerani risale a oltre dieci anni fa: «Era ironico. Molto ironico», ricorda Tenerani: «Ci siamo conosciuti a Torino quando lavoravo per GQ e dovevamo scattare le foto per la cover con il suo assistito Ibrahimovic, che allora giocava nella Juventus. Qualche anno dopo, invece, ci incontrammo a Montecarlo, sempre per GQ, ma quella volta il protagonista del servizio fotografico era lui che nel frattempo era diventato una star. E come una vera star si pose davanti all’obiettivo, indossando una vestaglia super fashion. Perché a suo modo lo era, fashion: aveva una personalità che lo distingueva immediatamente da tutti i suoi colleghi. Era diverso da tutti in tutti i sensi. Una volta gli regalai un profumo che avevo fatto realizzare appositamente per lui da un grande naso fiorentino: ne rimase così colpito che mi chiese i contatti, perché si era messo in testa di commissionare una serie di fragranze personalizzate per ognuno dei suoi calciatori. Non so se poi l’ha fatto davvero. Con me scherzava sempre e a volte non capivo se era serio o mi stava prendendo in giro. Per anni, a ogni Natale mi arrivava un suo messaggio di auguri. La sua morte mi ha molto addolorato e lo ricorderò sempre con un sorriso larger than life. Sì, Mino Raiola era davvero larger than life».

Che la terra gli sia lieve.

Photo by Riccardo Bagnoli