Arsun Sorrenti, the boy of NYC
A scegliere la musica ci è arrivato da ragazzino, strimpellando la chitarra da autodidatta, come Bob Dylan, suo artista di culto. Una scelta importante in una famiglia tutta impegnata nella fotografia. Vuole fare solo rock’n’roll, dice. Una passione oggi lavoro
A sentire le canzoni di Arsun Sorrenti ne viene in mente un’altra che sembra descrivere il suo modo di fare e di comporre, sicuramente L’ultimo romantico di Pino Donaggio, e anche Blowin’ in the wind di Bob Dylan, non a caso l’artista che il cantautore ventiduenne stima di più. Ma la sua musica non ha a che fare con la nostalgia e con un certo modo di intendere New York (quello a cui riporta la sua voce e i testi, con un immaginario che ricorda Lana Del Rey), perché Arsun vuole solo fare rock’n’roll: «Io amo quel tipo di musica, i Rolling Stones, i Beatles, ma voglio creare qualcosa di nuovo, pur facendo un genere che non è nuovo per niente. eppure non passerà mai».
by Anthony Vaccarello,
maglia Maison Margiela
Parla dal balcone della casa della sua ragazza con cui sta da cinque anni, nell’East Village e, mentre in sottofondo si sente la città, racconta di come sia essere l’unica persona a voler vivere di musica in una famiglia dedita all’arte visiva. «Penso di aver capito di voler fare il cantante quando ero piccolo, probabilmente a 11 o 12 anni, ma non so indicare un momento preciso. Avevo iniziato a suonare la chitarra da autodidatta, la prima canzone che ho imparato è stata Satellite of love, nella versione dei Velvet Underground però, migliore di quella di Lou Reed. Mio padre (il famoso fotografo di moda italiano naturalizzato statunitense Mario Sorrenti, nda) suonava per passatempo, mio nonno anche, io ho semplicemente seguito la corrente e guardato dove mi stesse portando».Una passione diventata un lavoro come se fosse avvenuto per inerzia, senza alcuna intenzione o retro pensiero, e poi diventata tutto sin dal primo singolo nel 2018, White light, così con gli altri brani, registrati con apparecchiature analogiche, direttamente su nastro, piuttosto che attraverso le tecniche utilizzate adesso (Arsun è tanto appassionato che colleziona vecchie attrezzature musicali). «Bleed in vain è il mio ultimo ep, ma ho tantissime altre canzoni che ho scritto quando avevo 17 anni e che ancora mi piacciono, e piano piano le produrrò, le porterò a un livello di maturità diverso, perché il suono è giovanissimo, suonano ancora bene. Vorrei scrivere qualcosa di completamente diverso adesso, ma è da un anno che scrivere mi sembra difficile, eravamo svuotati».
A marzo 2021 ha rilasciato il video di un brano, Southern winds: girato in Super8 dalla fidanzata, cattura momenti intimi di Arsun immerso nella natura, mentre cammina lungo una strada sterrata, si rilassa su un’amaca sotto le palme, galleggia in una piscina in una composizione romantica che trascina in una vacanza ideale. La sua vita procede come quella di un qualsiasi ragazzo di 20 anni di New York, posto del cuore e il suo posto nel mondo: «Amo essere qui, amo questa città in ogni angolo, è qualcosa che senti sotto la pelle». E ama andare sullo skateboard, giocare a ping pong al parco: «Invece non sono un appassionato di film, ma per quanto riguarda i libri amo i classici più classici di tutti, come l’Odissea o Moby Dick, quelli che stanno alla base della conoscenza». Perché c’è sempre qualcosa di lontano in Arsun, discordante dalla generazione cui appartiene: un autore tanto giovane eppure con un gusto che ha già una struttura propria.
Racconta di quando la mattina vagabonda per l’appartamento preparandosi il caffè, giocando sulla chitarra con le melodie che si sono incastonate nella testa la notte precedente. I capelli lunghi, l’inflessione folk di Orville Peck, nonostante i tanti riferimenti cui riconduce il suo stile c’è un universo completamente personale in tutto quello che scrive che pesca dalla vita di un cantautore della sua età, come canta in White light, «Should I miss my connection, and keep me from this darkness one more day», sul fatto di sentirsi in balia delle cose che succedono e la pretesa di aggrapparsi a qualcosa di bello; o le ballad più romantiche, come quando promette di «affrontare la ruggine del tempo» per starle vicino, in Lay me down del 2020.
Anthony Vaccarello
in denim Dsquared2
Anche su quello che potrebbe diventare ha le idee chiare. «Onestamente non mi vedo molto nel mondo della moda; ho fatto qualche lavoretto per raccogliere soldi veloci, che è sempre bello avere in tasca soprattutto se sei un ragazzo, ma personalmente non mi interessa così tanto. Io voglio solo fare musica». E cos’è per te? «Non lo so di preciso, la musica alla fine è quello che faccio, è pervasiva, riempie il giorno, è grandiosa, è in assoluto la cosa più bella che amo fare ma allo stesso tempo è solo un’altra forma d’arte come ce ne sono tante. E sono contento che sia stato un po’ come scegliersi a vicenda».
Nella foto di apertura Arsun Sorrenti indossa una camicia Dior
Photos by Vanina Sorrenti; Production: Julie Amenta
Styling assistant: Tori Leung