Giuseppe Maggio

Giuseppe Maggio

Il promettente attore italiano è anche un gentiluomo moderno, impegnato per l’ambiente e amante della letteratura al punto che, dopo sei mesi a Parigi, ha anche scritto un libro. Per sfatare i pregiudizi di chi si limita a giudicare dalla copertina

di Andrea Giordano

Come un gentiluomo del terzo millennio per il quale libertà e rispetto, eleganza e ideali sono valori imprescindibili, Giuseppe Maggio, talento di cinema e televisione italiani, vive sì il presente, ma è attento a proteggere l’eredità del passato, su cui fonda le basi per il futuro. Durante l’intervista è questa visione a riecheggiare nelle sue parole, calibrate e sicure, così come nel modo di raccontare un vissuto che altri, magari più maturi, forse non potrebbero vantare. Attore, come si dice, “giovane” visti i suoi 29 anni, Maggio è ben conscio della molta strada già percorsa, così come delle scelte fatte, a cominciare dall’addio al calcio, giocato sui campi dell’Acqua Acetosa da ottimo esterno mancino, tanto da attirare l’attenzione di squadre come l’amata Roma. «È stato il caso», ricorda, «a decidere per me». È accaduto infatti grazie a un casting (il primo) tenutosi nel 2009 al Liceo Classico Terenzio Mamiani di Roma, dove studiava, che d’un tratto si è trovato a 17 anni proiettato sul grande schermo – «senza particolari velleità», ricorda, «ma tanta curiosità» – con Amore 14 di Federico Moccia.


È l’inizio di un viaggio avvincente, punteggiato anche di incontri. Come quello, nel 2012, con il fotografo Bruce Weber, che in lui vide non solo bellezza fisica ma carisma e forza d’intenti. O quello, a carriera già decollata, con Raffaella Carrà: «Penso spesso ai suoi consigli, alla promessa che avrebbe visto Baby: per me aveva un significato speciale legato ai miei nonni, con i quali da piccolo guardavo Carramba. Credo che la grandezza di alcuni stia anche nell’entrare nel tuo vissuto».


Il percorso di Maggio è stato graduale («La strategia per migliorare è non darsi mai per arrivati», dice), costellato di passi in avanti fatti anche grazie allo studio: «Canto, dizione, danza, lingue: in questo lavoro impari, cresci, sperimenti, ma non devi improvvisare». Le occasioni per mettersi alla prova le ha trovate nei generi più disparati: dalla commedia (Un fantastico via vai di Leonardo Pieraccioni), alla serie tv (La compagnia del cigno su RaiPlay), fino all’apporodo su Netflix, prima con la serie-evento Baby, nei panni dell’agente e protettore Fiore, poi con Sul più bello, infine, nuovamente, sul grande schermo con i prossimi La mia ombra è tua di Eugenio Cappuccio, al fianco di Marco Giallini (in cui si trasforma in un nerd), e Quattro metà, diretto da Alessio Maria Federici (nelle sale dal 5 gennaio), una commedia fresca, romantica, piena di spunti sociali, in cui interpreta Dario, un intraprendente avvocato. «È un personaggio coerente con quello che sente e prova», dice. «Ascolta le sue emozioni e pensieri, non si nasconde, né mente per rendere felici gli altri. E questo lo manifesta nelle relazioni. Anzi, parte con l’idea di non averne, poi la vita lo pone di fronte a dei cambiamenti». È l’ennesima sfida nel percorso professionale di Maggio. Così come lo sono i due libri che ha scritto, in particolare l’ultimo, Ricordami di te, uscito nel 2020 per Sperling & Kupfer, che per lui ha rappresentato la rivincita nei confronti di chi, quando era liceale, sembrava quasi snobbarlo.


E invece è proprio nelle vesti di scrittore, ispirato da un soggiorno di sei mesi in Francia, che ha trovato il modo per esporsi ulteriormente. «C’è molto di mio, è stata una bella rivincita nei confronti delle tante persone che si sono limitate a guardare solo la superficie, la copertina e non il contenuto. Ci tenevo a dimostrare il mio valore, contro gelosie e invidie, lottando per sfatare il pregiudizio per cui una certa estetica non coincide con l’avere una cultura. Parigi poi l’ho sentita familiare, non solo per la letteratura che mi ha formato – Balzac, Flaubert, Maupassant – ma per quello che mi ha dato. Vivevo nel primo arrondissement, vicino all’Opéra, al Louvre, al Marais; andavo a piedi a Saint-Germain. È una città che in parte ha cambiato la mia percezione delle cose: dà valore al suo passato ma anche al suo futuro».


L’approccio umanistico è per Maggio quasi un abito mentale, un metro per misurare il mondo. Lo ha costruito attraverso il suo percorso di studi, laureandosi in Lettere e Filosofia a La Sapienza. È lì, nella cultura classica che, quando glielo si chiede, Maggio pesca (a piene mani) valori, ispirazioni, modelli a cui rifarsi. «Sono gli intramontabili della letteratura, sempre attuali, da Il giardino dei ciliegi di Cechov, a La signora delle camelie di Dumas». Ma, parlando di classici, altrettanto importanti sono i grandi del cinema: «Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Jean-Luc Godard, Alfred Hitchcock, François Truffaut, Al Pacino, Marlon Brando, Robert De Niro, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Vittorio De Sica. Personaggi rivoluzionari, capaci di raccontare la bellezza. Come il Caravaggio della Madonna dei Pellegrini: appena entri nella Basilica di Sant’Agostino, a Roma, la vedi e ne rimani affascinato». C


Con la testa nel classico, ma i piedi per terra, Maggio è impegnato anche nelle battaglie ambientaliste a favore della biodiversità, da Ambassador per Unicef NextGen e sostenitore di realtà come Treedom. «La libertà», ricorda citando John Stuart Mill (e chi se non l’autore di Saggio sulla libertà), «puoi esercitarla, fino a quando non va a ledere gli altri. È un concetto di vita, valido anche quando si parla di ambiente: se il mio agire comporta per il prossimo, per il pianeta, qualcosa di negativo, vuol dire che la mia libertà sta danneggiando quella degli altri, e non va bene».

Nel servizio fotografico Giuseppe Maggio indossa look Versace

Photo by Stefano Galuzzi, Styling Edoardo Caniglia;

Grooming: Astor Hoxha using Comfort Zone Skincare, Assistant: Peter Catalin;

Location: Residenza Location (residenza-location.com)