Hauser

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Prima è stato un bambino timido che si esprimeva solo attraverso il violoncello, poi un ragazzo sfacciato che, con i 2Cellos, ha raggiunto il successo planetario unendo rock e musica classica. Oggi è HAUSER, «questo tipo romantico, melodico», pronto per il suo primo tour da solista

di Natascha Lusenti

Da quando ha scoperto i bei vestiti, si sente un James Bond nel mondo reale ma, siccome il suo mestiere è la musica, e l’autostima non gli fa difetto, la celebrità con cui si paragona più spesso è Elvis. I numeri parlano piuttosto chiaro: dieci milioni di follower su Facebook, tre milioni su Instagram, più di due milioni di iscritti al suo canale YouTube, poco meno di 700mila ascolti mensili su Spotify. Una rock star? Dipende. «Mozart lo era, come Elvis o Mick Jagger, era un intrattenitore ed è questo il mio approccio». Ed è per questo che Elton John lo volle con sé nel Greatest Hits Tour del 2011/2012 dopo essere stato folgorato dall’ascolto della versione di Smooth Criminal che Stjepan Hauser aveva realizzato con Luka Šulic, traccia numero quattro dell’album di esordio dei 2Cellos che arrangiavano, a colpi di violoncello, classici rock come Where the Streets Have No Name e una pietra miliare come Smells Like Teen Spirits. Sarebbero seguiti dieci anni di concerti, girando il mondo con un «folle spettacolo rock».


Total look Kiton

«La musica classica e quella contemporanea hanno più cose in comune di quanto la gente non creda».

Quel duo musicale è stato il coming out di un ragazzo di 25 anni che, fin da bambino, aveva studiato musica classica per molte ore al giorno, ogni giorno, e si era stancato delle regole, degli insegnanti. Era ora di ascoltare altro. «In quel momento, Michael Jackson era la persona più famosa al mondo, l’ho cercato su Internet e ho trovato quella canzone. L’ho ascoltata e mi sono detto “wow!”». È stato il secondo “wow!” musicale della sua vita, dopo il primo quando, a cinque anni, aveva sentito alla radio un suono «caldo, elegante, romantico, tenero. Mi dissi “wow!”». Cos’era? «Il cigno di Saint-Saëns ed ero pieno di meraviglia: riuscivo davvero a sentire il cigno che nuotava nel lago. Era incredibile che uno strumento descrivesse qualcosa in quel modo. Provai qualcosa di speciale e dissi a mia mamma: “Voglio suonare il violoncello”». Detto, fatto? Non proprio. «Ero troppo piccolo» e nella sua città, Pola, in Croazia, «non c’erano bravi insegnanti né una buona scuola». E allora ci pensa la mamma, che stava già cercando di formare una classe di allievi che volessero suonare il violoncello. «È una musicista, suonava le percussioni, insegnava teoria musicale e amava il violoncello». L’altra donna importante nella vita di Stjepan Hauser è stata la violoncellista Jacqueline du Pré. A quel punto, era uno studente delle superiori: «Ascoltandola, ho sentito che si diventa una sola cosa con lo strumento. Lei mi ha ispirato a svilupparmi in quella direzione». 


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Dev’essere stato emozionante per uno che fin da piccolo aveva trovato nella musica il modo di superare la timidezza: «Non riuscivo a comunicare facilmente con le persone come invece faccio adesso e tutto quello che esprimevo passava attraverso il violoncello». Che non può essere uno strumento qualunque. Quello che vedete nelle fotografie in queste pagine è con lui da tempo: «Avevo 28 o 29 anni, lo presi in prestito per un concerto e lo amai al punto da comperarmelo. È qualcosa che senti, è come quando decidi che hai conosciuto l’amore della tua vita» – ride – «con uno strumento succede la stessa cosa».

Quando il fotografo, Max Vadukul, gli ha chiesto di farsi ritrarre con il violoncello e di accennare qualche nota, è venuto fuori che in quello studio c’era un’acustica perfetta. Lui suonava, spiegando «questo è Bach», e poi «Cavalleria rusticana, bello eh?». Tutto in italiano. In Italia ha molte fan. «C’è un amore reciproco». E in Italia sta un gran bene. «È la numero uno: Venezia, Firenze, che è incredibile, Roma, Positano, Capri, la Costiera Amalfitana, la Sicilia, il cibo, la cultura, l’opera… potrei continuare all’infinito… il caffè, la pizza, la pasta». Sembra sincero. Mozart, Bach e Beethoven, però, le sue divinità musicali, non erano italiani: «Sì, però avete avuto Vivaldi, Morricone. E lo stile di vita, il vino e la moda, le automobili. Tutto il meglio che c’è al mondo è italiano. “Italians do it better” è un modo di dire che esiste per una ragione». Forse la stessa per cui l’ultimo concerto dei 2Cellos prima di sciogliersi si è tenuto proprio in Italia, all’Arena di Verona. «Adesso ho il mio progetto da solista con cui esprimere il mio lato sensuale e romantico».


Total look Kiton

Dopo essere stato «un animale rock» che si presentava sul palco in maglietta nera e jeans, ora è «questo tipo romantico, melodico» che interpreta «bellissime, vecchie canzoni. È come se fossi due persone diverse e il bello è proprio questo». Ed è anche indossare i completi eleganti con cui va in scena come HAUSER, tutto maiuscolo, alla faccia della timidezza. Quest’anno, si parte: «Sarà il mio primo tour da solista». E chissà se poteva immaginarlo. «Avere successo, rilasciare interviste, essere amato da donne bellissime è il sogno di tutti gli uomini, ma di solito per riuscirci devi essere un calciatore o un attore, io volevo farcela suonando il violoncello e rendendolo popolare. La musica classica e quella contemporanea hanno più cose in comune di quanto la gente non creda». La musica è musica. «Esatto: c’è la buona musica e la cattiva musica, sono le uniche due categorie».

Photos by Max Vadukul, styling by Ilario Vilnius

Grooming: Giuseppe Lo Russo @Blend. Styling assistant: Federica Arcadio