Irama: in continuo movimento

Irama: in continuo movimento

Leggero come le piume che porta da sempre come scudo. Irama è uno spirito libero, per questo inafferrabile

di Giuditta Avellina

Il prologo per questa intervista mai fatta è una caccia all’uomo lunga un indimenticabile weekend di passione: vocali, mail, chiamate, emoticon con fingers crossed. Ok è ufficiale: abbiamo perso Irama. Salvo poi scoprire, complice un pedinamento virtuale che, imprevisto non previsto, è già a dar una vuelta a Madrid. Irama fa ciò che vuole (probabile). Irama viso pulito, pieno di botte (più o meno cantò in Arrogante). Irama ama la libertà (sicuro). Irama in continuo movimento (sempre). Viaggia parecchio e ne tiene nota sul suo diario Instagram da 1,5 milioni di follower. Come stia, traspare dal suo sguardo. Ora azzurro terso, ora virante al plumbeo: accorato, incazzato, malinconico, paranoico. D’altronde il moto, a luogo o dell’animo che sia, ha sempre un’intensità cangiante «e in questa assoluta libertà di essere me stesso, mi sento un ribelle».

Detto, fatto. Sovvertire la traiettoria, nessuna etichetta. Nato in Toscana, cresciuto in Brianza, la famiglia a Pontremoli. La passione in molteplici città, palchi, case, fogli scritti a biro, da quando aveva 7 anni e Irama era solo una tag. E lui s’appassionava al rap, pure se Fabrizio de André «era la mia favola della buonanotte». Altro giro, altra corsa verso il pop: scartato ad Amici nel 2015, nel 2018 ci riprova e vince il talent. Idem a Sanremo: nel 2016 tra le Nuove Proposte; nel 2019 torna con La ragazza con il cuore di latta e nel 2021 con La genesi del tuo colore. Quest’anno, sfiorando il podio, con l’intensa Ovunque sarai. Porta all’Ariston il Cyrano del suo mito Francesco Guccini, l’anno dopo con Gianluca Grignani emoziona con La mia storia tra le dita. Metamorfosi, dicotomia. Pub-blica a febbraio un nuovo album, Il giorno in cui ho smesso di pensare e propone un nuovo equilibrio. «Una provocazione. Mai avuto paura di schiantarmi». Lo si sospettava.


«Ho strappato la mia pelle per trovare la mia vera carne. Per rinascere, a volte devi spegnere la luce dell’universo». Demoni affrontati. Progressione, si scrive. Consapevolezza, si esperisce. Accettare la resistenza dell’attrito opposta al moto, avanzare al passo del ritmo: Irama è “ritmo” in malese. Così Filippo Maria Fanti, da quel 20 dicembre 1995 in cui è nato, marcia a ritmi casuali, regolari, alternati, fluenti, progressivi che interagiscono con melodia e armonia. Cinque album di inediti, innumerevoli singoli – da Nera, Arrogante, Mediterranea a Una lacrima e 5 gocce – 31 dischi di platino, quattro dischi d’oro, milioni di views. Tutto è flusso, coscienza, stream of consciousness. Come nell’ultimo disco: emotività accanto all’ibridismo urban pop e latin, ospiti eccellenti (tra cui Sfera Ebbasta, Rkomi, Gué Pequeno), grandi produttori (da Shablo a Merk & Kremont), la preziosa nota dello stylist Simone Rutigliano.  

In qualunque calle di Madrid si trovi dopo la scomparsa dai radar, lo immagino a lavorare sodo e a fluire come acqua. Artista in divenire, leggero come le piume che indossa sempre «perché sono simbolo di forza, di identità». Essere Irama è essere leggeri come piuma: volare, planare nei pressi della propria ombra, «vicina alla strada, mentre si fa giorno. Il giorno in cui ha smesso di pensare». Nella consapevolezza, salvifica, che corpo e mente si tengono per mano, pure nel momentaneo fluttuare, pure nel periplo d’un respiro mai uguale al seguente. Inspira, espira. Ed essere comunque se stessi sempre, sempre in continuo movimento.

Abiti tutto Ann Demeulemeester

Photos by Fabrizio Narcisi, Styling by Simone Rutigliano, Grooming: Franco Chessa @Freelancer. Production: Federico Morgantini @CATTURAproduction