Rudy Pankow

Rudy Pankow

In Alaska, dove è nato, ha imparato a riflettere su se stesso e a non avere fretta. Con calma e una maturità rara in un ventiquattrenne, sta inanellando un successo dietro l’altro: dopo Outer Banks, di cui è protagonista da tre stagioni, e Chocolate Lizards, gira voce che sarà nientemeno che la Torcia Umana nel prossimo film Marvel

di Leonardo Clausi

Rudy Pankow, il bello e (quasi) dannato surfista J.J. Maybank di Outer Banks, non ha fretta di crescere. O forse sì. Ha 24 anni e nel gettonatissimo teen drama di Netflix ambientato nell’omonima località del North Carolina – di cui è appena uscita la terza stagione – interpreta un teenager alle prese con tesori nascosti, bucanieri postmoderni, amore adolescenziale, lotta di classe, onde abnormi e disagio sociale. Un personaggio che ha finito per acquisire multidimensionalità (necessaria in una fiction) e un nutrito seguito personale (auspicabile per un ex-novizio). Ha appena finito di girare da protagonista Chocolate Lizards, con la magnetica Carrie Anne Moss di matrixiana memoria, pellicola di formazione in tutti i sensi, e si vocifera che sarà il fumantino Johnny Storm – la Torcia Umana! – nella prossima tranche Marvel sui Fantastici Quattro (estintori pronti). Insomma per lui, a voler goffamente tradurre una frase a effetto, il limite è il cielo. E tenere i piedi per terra non è facile.


Total look Dior

«Tante celebrità vogliono crescere in fretta o si sentono come se avessero bisogno di farlo velocemente. Ma siamo (ancora) tutti umani, la maggior parte di noi cresce allo stesso ritmo e penso che stia succedendo anche a me. Quando le cose vanno veloci già da sole, cerco di non accelerarle», dice dal monitor, l’unico indizio del fatto che si trovi a Los Angeles, il sole mattutino che filtra dalle finestre alle sue spalle. «Devi solo concentrarti su ciò che stai cercando di realizzare e capire che non accadrà istantaneamente e che il mondo in cui viviamo è tanto veloce che, quando le cose sembrano non andare, non significa che si stia fallendo». Nella fotografia seppiata e ucronica di Outer Banks, i protagonisti rimbalzano da un’avventura all’altra immersi nell’(ancora) spettacolare natura insulare della East Coast: un paesaggio radicalmente diverso da quello, altrettanto mozzafiato, da cui proviene il nostro, l’Alaska di Into the Wild – Nelle terre selvagge. E da quello di Los Angeles, la città anti-pedonale dove inevitabilmente vive.


Total look Dior

«Adoro tornare a casa. Sentire i diversi tipi di aria, l’oceano che odora di pesce, soprattutto durante la stagione autunnale del salmone. A L.A. ti senti come se fossi stato sparato da un cannone, con tutti gli occhi addosso. L’Alaska ti insegna a stare solo, a riflettere su te stesso». È quello che vorremmo sentirci dire da una futura celebrità: «È la mentalità graduale del fare un passo alla volta, e penso che mi ci aggrapperò per il resto della mia vita», dice quasi con gravità. Ma solo per tagliare la riflessività della meditativa Alaska con l’adrenalina e l’ansia da prestazione di L.A. subito dopo: «La mia citazione preferita è “Mordi più di quanto tu possa masticare e poi mastica comunque!”. In totale contraddizione con quello che ho appena detto, lo so». In California, una buona dentatura non serve solo a sorridere.


Total look Dior

Sulla coerenza – o piuttosto la sua mancanza – il ragazzo è in buona compagnia, ci viene da rassicurarlo dal basso della nostra collezione di contraddizioni. E questo ce lo rende anche più simpatico, tanto da infliggergli la nostra (anagrafica) analogia tra Outer Banks e l’epocale Point Break di Kathryn Bigelow (1991), una pellicola di cui Josh Pate e Shannon Burke – gli autori della serie – non possono non essere consapevoli. Nelle vicende di J.J. e della sua ciurma di belli riverbera la sregolatezza di Swayze & Co., la stessa ansia di libertà e trasgressione, il perdersi nell’immensità della natura. Una natura madre, e a volte matrigna. «Penso che in Outer Banks ci dovrebbe essere un po’ più di gioia nel cavalcare un’onda, nell’essere più vicini alla madre terra. È questo che mi piace di Point Break, esprime questa fretta di fare alcune delle cose più intense che la natura ti permette di fare. Anche questo, forse, è un po’ legato alla mia terra natale: amore per, ma anche lotta con la natura. Penso al terremoto che ha colpito Turchia e Siria a febbraio: la terra può fare quello che vuole, una cosa spaventosa e bellissima a un tempo. Sei seduto a Los Angeles, sapendo che sei su una faglia, che un disastro come quello può facilmente accadere anche qui… E pensi: “Goditi quello che hai in questo momento”».


Total look Dior

Ovviamente le isole sono luoghi in cui si possono provare molti esperimenti, anche sociali. E in Outer Banks i personaggi hanno background tra loro ben diversi, diseguaglianze che sono sempre più sentite nell’America contemporanea. E il “suo” J.J. è un po’ un campionario di vari dissesti: economici, sociali, emotivi e… giudiziari. In che modo la serie nel suo complesso rispecchia la società americana attuale? «Grazie per aver posto questa domanda! Clifford Odets (grande drammaturgo americano post-Eugene O’Neill e pre-Arthur Miller e Tennessee Williams, ndr), una volta disse: “Rivelerò l’America a sé stessa rivelandomi a me stesso”. Nella scrittura cercava un modo per ritrovarsi nella vita reale. Sì, puoi legarlo alle classi sociali, al finire dalla parte sbagliata della barricata, o all’essere vittima di abusi sui minori. Penso che il messaggio di questa stagione davvero rifletta l’America di oggi. C’è un po’ di mascolinità tossica nella mente di J.J., sente di aver bisogno di avere tutto sotto controllo. Ha bisogno di risposte, di un futuro, di crescere. C’è una lezione da imparare; il fatto che sia raccontata attraverso una caccia al tesoro non la rende meno importante».

In apertura l’attore indossa un total look Dior; 

Photos by Fabien Kruszelnicki, styling by Sharon Chitrit, Grooming: Kristen Shaw @The Wall Group. Stylist assistant: Renee Old