Sandor Funtek

Sandor Funtek

Nuova promessa del cinema francese, Funtek si è fatto notare all’ultimo Festival di Cannes per l’interpretazione nel film biografico sui Suprême NTM. Intanto oggi continua a scrivere storie nella speranza di poter dirigere un film tutto suo

di Corinne Corci

Tra le esperienze più indimenticabili della sua vita c’è sicuramente quella di aver conosciuto Madonna. «Mi ha contattato dopo avermi visto in Nico, 1988, di Susanna Nicchiarelli. Voleva propormi una storia su un ballerino, ci siamo incontrati e mi ha fatto ballare con un maestro di ballo, credo per bambini. Se ti dicessi che ero agitato non credo renderebbe. Siamo rimasti amici, sono anche andato al suo compleanno a Marrakech. Che roba folle».
Sandor Funtek è probabilmente uno dei nuovi volti del cinema francese nonostante ancora non se ne renda conto, «il cinema ha un ruolo nella mia vita da sempre, ma le cose sono solo capitate». Franco-ungherese, quando era al liceo e viveva nel sud della Francia (a 3 anni ha anche trascorso del tempo in un piccolo villaggio in Ungheria, vicino all’Austria), non sapeva minimamente cosa volesse fare nella vita. «Tornato a Parigi, ho incontrato il mio migliore amico che all’epoca faceva musica, partecipava a qualche casting e faceva il modello, mi ha detto “ma che ti costa, prova”. In quel periodo stavo combinando parecchi casini, così sono andato a dei casting e ho ottenuto un ruolo in un cortometraggio per Canal+. Ho capito che era ciò che volevo fare e ho deciso di iniziare a buttarmici al cento per cento».


La prima volta su un set aveva 19 anni (nel 2009) per il film tv Mourir d’aimer – un remake del candidato al Golden Globe come miglior film straniero del 1972, Morire d’amore – «Ma sono un cinefilo da sempre. Mio padre da giovane era un comico, mia madre era un’attrice; si sono conosciuti in un film anche se parlavano due lingue diverse e io sono cresciuto in quell’ambiente macinando titoli su titoli», tanti di registi americani, pochi di autori francesi. «Diciamo che mia mamma non ama molto la Nouvelle Vague, la ritiene un po’ noiosa». Ma è proprio dal set di un film francese che è appena tornato: Titane, la nuova opera di Julia Ducournau, vincitrice della Palma d’oro al Festival di Cannes 2021, «lei sì che sta cambiando le regole. È una promessa del cinema, il nuovo corso del cinema francese».


Dopo aver recitato in pellicole autoriali premiate come La vita di Adele e Dheepan – Una nuova vita, sulla vicenda di un combattente per l’indipendenza dei Tamil, entrambe Palma d’oro rispettivamente nel 2013 e 2015, Funtek è tornato a Cannes anche quest’anno per Suprêmes, biopic sul duo di rapper francesi NTM, in cui lui e l’attore Théo Christine hanno interpretato proprio Kool Shen e Joey Starr. «C’è qualcosa di emozionante e terrificante in Cannes, perché non è mai come te la immagini. Non sembra neanche reale, a un certo punto ti ritrovi in questo loop e non capisci niente, senti solo gente che parla di cinema, di gioielli e di vestiti. È tutto un casino e forse è proprio la parte più bella: non riuscire ad afferrarla del tutto».


Prende ancora lezioni di boxe nel tempo libero, anche se non la pratica più a livello agonistico, come quando andava al liceo, eppure la sua giornata ideale è sempre quella trascorsa su un set. «All’inizio era un gioco, ma dopo La vita di Adele, in cui comunque avevo una parte piccolissima, ho detto “Ok, è reale, voglio fare questo”, e non ho ancora smesso di sorprendermi. Per esempio, nel caso di Suprêmes è stato straordinario imparare non solo a vestire i panni di un’altra persona, ma provare a vivere come lei, entrare nella sua pelle. Il regista (Bill Condon, ndr) ha avuto un approccio intelligente perché, visto che in molte scene dovevamo cantare ed esibirci, ha voluto concentrarsi subito sulla parte musicale, ancor prima che sulla recitazione. Abbiamo iniziato a ricreare i loro concerti del 1998, focalizzandoci sulla musica, sull’energia, sulla chimica tra i due e sui movimenti grazie all’aiuto di un’insegnante di breakdance. Io ascolto soprattutto musica hip-hop, ma non bastava; il percorso di preparazione è stato potente. È qualcosa che va al di là dell’interpretazione, si tratta proprio di “sentire”, ed è la parte più bella di questo lavoro».


Intanto tiene fede ad altri traguardi, altri registi con cui lavorare – «Sogno di essere chiamato da Iñárritu e da Lars von Trier, uno che qualsiasi film faccia, anche quello peggiore, alla fine è ovviamente grandioso» – e altre storie da raccontare, magari proprio dal suo punto di vista. «Spero di riuscire a dirigere un film tutto mio, e spero di riuscire a farlo in fretta. Ho una storia in mente che ho già scritto, di una persona transgender che vive in Ungheria.


 In realtà sarebbe già dovuta esistere, doveva essere il mio primo cortometraggio, ma quando stavo per ottenere un finanziamento in Francia mi è stato chiesto di riscriverlo più volte, di scegliere attori specifici, di cambiare alcune scene. Così ho deciso di cancellare questo progetto perché non era più mio, a un certo punto ho avuto un rifiuto. Ci riproverò. Come dice mia madre, “gli ostacoli nella vita non sono altro che regali di cui non ti piace il pacchetto”. Magari racconterò altro, ma lo farò a modo mio».

L’attore indossa abiti Emporio Armani, sneakers Hogan

Photos by John Balsom; Styling by Romain Vallos

Grooming: Miwa Morocki;  Casting: Kegan Webb. Production: Alix Civit