Pierre Cardin, future is back

Pierre Cardin, future is back

di Katy Mandurino

Il nuovo corso della storica maison francese è nel segno della continuità e dell’innovazione

Ci sono il vinile, la gomma, il metallo. E i tagli squadrati, le frange, le forme che richiamano lo spazio. C’è la cravatta come simbolo rivisitato di una eleganza futuristica e le chiusure orizzontali, che personalizzano le giacche rendendole iconiche come gli abiti del passato. Il futuro di Pierre Cardin torna alle origini, ritrova le linee che hanno reso famoso il marchio, le evolve e le proietta nel domani, senza snaturarne l’identità, ma, anzi, dando al brand nuova freschezza e nuova vitalità. A quasi due anni dalla morte del sarto di origini italiane, naturalizzato francese, comincia a dare i suoi frutti il lavoro messo in atto da Rodrigo Basilicati Cardin, presidente, amministratore delegato e direttore creativo della maison Cardin, nipote e unico erede della casa di moda fondata dallo zio Pierre. Rodrigo Cardin ha preso saldamente in mano le redini del gruppo e ha cominciato un lento e profondo lavoro, non solo di evoluzione del marchio, ma anche di riordino nella struttura organizzativa, su tutti i fronti delle attività del gruppo: dalla moda alla ristorazione, dagli immobili alla cultura. 


Nel solco del rispetto della tradizione, certo, ma con due azioni in più: la prima, non copiare il passato; la seconda, aggiungere lo stile “Rodrigo”.  «Portare avanti la tradizione Pierre Cardin», spiega, «significa dimostrare onestà creativa, essere indipendenti, disegnare e inventare con libertà. Non bisogna creare per piacere al pubblico a ogni costo, ma essere se stessi mantenendo una precisa riconoscibilità. L’eredità di Pierre Cardin è avere un carattere esclusivo proiettandosi verso il futuro e verso nuove forme. Lo zio apprezzava il mio modo di disegnare, mi diceva sempre “potrebbe essere di Cardin, ma si sente che è di Rodrigo”. Ecco, per me la creatività Cardin, oggi, è il frutto del passato unito ai disegni di Rodrigo». Una nuova impronta alla maison, dunque, che ha degli obiettivi di business precisi: un pressing maggiore sui licenziatari, perché mantengano l’identità del brand senza snaturarlo; un controllo più accurato delle collezioni; l’utilizzo di nuovi tessuti ecologici e sostenibili.


Sarà proprio l’attenzione sui licenziatari a occupare la maggior parte dell’impegno di Rodrigo Cardin nei prossimi mesi. L’atelier crea 3-400 abiti l’anno, i cui disegni vengono poi inviati a chi detiene il brevetto. «Negli ultimi decenni i licenziatari si sono allontanati dalle peculiarità del brand, a danno della riconoscibilità; voglio che si torni all’autenticità. Viaggerò nelle aree del mondo in cui siamo più forti, in Medio Oriente, America centrale, Cina e Corea, Israele, organizzerò incontri annuali, farò capire che è più importante rimanere autonomi piuttosto che inseguire mode e vendite». Intenzione del presidente è agire a monte dell’industrializzazione del prodotto. «Il consumatore di oggi cambia i gusti molto in fretta e i designer sono costretti ad adeguarsi di volta in volta. Ma è sbagliato: così si rischia di non essere esclusivi. Non so quante case di moda, tolto il marchio, possano essere riconoscibili per originalità. In tutti gli abiti Cardin deve trasparire, invece, la personalità e l’unicità di Cardin, pur rimanendo capi prêt-à-porter, come voleva lo zio».  Ingegnere di formazione, pianista, designer e architetto, Rodrigo Cardin, classe 1970, ha in mente una rivoluzione anche nelle collezioni: una virata decisa verso l’ecosostenibilità, che si esplica non solo nell’utilizzo di materiali ecologici, ma anche nell’attenzione alle emissioni di CO2, all’uso di energia e di acqua. «Studio nuove stoffe, realizzate con la fibra di bambù, cerco di capire quanta energia e quanta acqua siano necessarie per produrle, perché spesso i materiali naturali sono più inquinanti dei sintetici».


Del nuovo trend si è avuto un assaggio a Venezia, in luglio, quando, in occasione del centenario della nascita di Pierre Cardin, Rodrigo Cardin ha voluto celebrare lo zio in un evento-sfilata nello storico Palazzo Bragadin, dimora veneziana dello stilista scomparso, dove è stata presentata la collezione Cent, realizzata con materiali riciclati, eco-responsabili, come le fibre di loto e banano, e materiali bio, come il cotone certificato GOTS. Una collezione realizzata per più del 50% con il re-use dei materiali della maison e con scarti di tessuto Robe de l’Espace forniti da Thales Alenia Space, materiale super innovativo, resistente alle temperature estreme e utilizzato per ricoprire i satelliti. 


Cent ha presentato una donna sofisticata ed elegante, ma anche audace e volitiva. E un uomo deciso nella sua sobrietà, con giacche in pelle dai contrasti accentuati e capi dai colori morbidi e caldi. «La distinzione dei generi è sempre meno marcata», conclude Rodrigo Cardin. «Si va verso una uniformità e intercambiabilità dei capi. La giacca a frange può sembrare molto femminile, ma ha una forza tutta maschile. La cravatta è declinata sia per l’uomo sia per la donna; diventa particolare, meno ingessata». Oggi Pierre Cardin registra ricavi, per la sola boutique parigina, da 30 milioni di euro, cifra che deve essere moltiplicata per 30 se si vuole avere un’idea del giro d’affari comprensivo dei circa 200 licenziatari in tutto il mondo. Impiega 70 addetti diretti e migliaia di indiretti. Nel 2023 sono in previsione ampliamenti della sede parigina, ma anche il rilancio del marchio negli Stati Uniti e l’aumento delle licenze.