A Rovigo una retrospettiva indaga l’imprendibile fascino di Vassily Kandinsky

A Rovigo una retrospettiva indaga l’imprendibile fascino di Vassily Kandinsky

di Paolo Lavezzari

L’intero percorso artistico di Vassily Kandinsky in una grande retrospettiva fino al 26 giugno

Se la mostra in corso fino al 2 maggio intitolata Punto, linea e superficie. Kandinsky e le avanguardie ha nel suo corpus “anche” delle opere del maestro russo, Kandinskij. L’opera 1900/1940 che si può vedere a Palazzo Roverella di Rovigo dal 26 febbraio fino al 26 giugno è una retrospettiva a pieno titolo tutta e solo sua. L’occasione è interessante perché in genere di Kandinsky (o Kandinskij, alla russa) si vedono mostre limitate a determinati periodi della sua peraltro lunga attività. E poi perché, probabilmente, l’ultima esposizione italiana veramente ampia sul maestro è stata quella milanese del 2013/14 (proveniente dal parigino Centre Pompidou). Ora, se ‘l’enigma” Vassily Kandinsky (come viene talvolta definito) non verrà compiutamente disvelato nemmeno questa volta, è certo che però la possibilità di «cogliere l’arco unitario del percorso dell’artista», per dirla coi curatori, costituisce un importante spunto di riflessione per arrivare a un punto finale. Individuare quali sono le costanti della ricerca di Kandinsky che, partito da un approccio comunque personalissimo alla figurazione, giunge nel 1911 all’astrazione – tanto che viene detto “il padre dell’astrazione” – che elaborerà in varie fasi, è il fine dell’esposizione.

Quali sono queste costanti? Le spiegano bene i curatori Paolo Bolpagni e Evgenia Petrova: «La ricerca di un’autenticità interiore, la volontà di creare un mondo visivo nuovo e libero, il riferimento alla musica, l’irrazionalismo spiritualistico (come diceva, “lo spirituale nell’arte”) e il legame con l’arte popolare russa e soprattutto con le espressioni creative dei popoli della Siberia, le cui tracce agiscono alla stregua di un fil rouge». C’è poi il rapporto strettissimo che Kandinsky (suonava il violoncello) aveva con la musica, la sua capacità di percepire (sinestesia) il colore dei suoni tanto che parlare di sinfonia (il suono dei colori) per le sue tele non è per nulla inappropriato, anzi è lui stesso a intitolare una serie di sue straordinarie opere “Composizione”. Insomma, i suoi sono quadri da sentire, oltre che vedere. A muoversi al meglio nell’affaire Kandinskij è d’aiuto il percorso della mostra organizzato storicamente: gli esordi a Monaco di Baviera, poi il soggiorno a Murnau con il magico momento del “Cavaliere azzurro” e della conquista dell’astrattismo (1911-1914); il ritorno in Russia (1914-1921) e l’esperienza al Bauhaus (1922-1933), e infine gli ultimi anni esule in Francia.