Riccardo Mandolini: A Now Star

Riccardo Mandolini: A Now Star

Nella serie Baby è il bullo del liceo. Nella realtà un ragazzo posato, con tanta voglia di migliorarsi. La nostra intervista dal numero 62 di Icon.

di Valentina Della Seta

La faccia di Riccardo Mandolini, 20 anni compiuti lo scorso gennaio, è diversa e bellissima. I lineamenti intensi e ambigui mettono insieme in modo inaspettato tratti pasoliniani da ragazzo di strada con un’aria pulita da giovane americano.

Mandolini è un pischello che se avesse avuto 20 anni nel 1983 sarebbe stato perfetto al fianco di Matt Dillon, Emilio Estevez e Patrick Swayze nella banda di outsiders dei Ragazzi della 56a strada di Francis Ford Coppola. Non è un caso se in Baby (la serie teen Netflix di grande successo, liberamente ispirata alla vicenda delle prostitute ragazzine dei Parioli, di cui è appena uscita la terza e ultima stagione), Andrea De Sica ha affidato a Riccardo Mandolini la parte di Damiano, che ha un ruolo centrale nella vicenda ma non è amalgamato nel gruppo perché arriva da fuori, da un altro quartiere.

Damiano, nella cosmogonia folle e affascinante di Baby, è il figlio di un ambasciatore cresciuto in borgata. C’è da dire anche che la maggior parte degli attori del cast di Baby, come Brando Pacitto o Mirko Trovato, arrivavano dall’esperienza di altre serie tv di successo. Per Mandolini, figlio d’arte (la madre è l’attrice Nadia Rinaldi, il padre l’attore e sceneggiatore Mauro Mandolini), Baby ha rappresentato un esordio assoluto.

«Ho fatto il primo provino per Baby senza grandi aspettative. Avevo compiuto 18 anni da due settimane, ero rimasto indietro con la scuola perché in passato sono stato irrequieto, non avevo studiato recitazione ma mi portavo dietro il bagaglio di insegnamenti dei miei genitori. Al provino sono andato bene, ne sono seguiti altri quattro. Alla fine Andrea De Sica mi ha scelto e sono stato catapultato in questa nuova vita», racconta Mandolini, al telefono in una giornata di pausa dal set del nuovo film che sta girando.

Sono cambiate molte cose per te da tre anni a questa parte?
Recitare in Baby è stata la realizzazione di un sogno, sono grato di avere avuto questa occasione. Ho acquistato consapevolezza e forza per iniziare a credere di poter fare questo lavoro. Ma non mi sono fatto travolgere. I miei genitori mi hanno insegnato che la cosa più importante è restare con i piedi per terra e rispettare tutti sul set. E continuare a vivere la propria vita nel modo più normale possibile, senza perdere l’umiltà o il contatto con la realtà. L’attore è solo un tassello nella produzione di un film o una serie. Sono lavori collettivi in cui ogni ruolo ha la sua importanza. Dal punto di vista tecnico, è stato molto bello il percorso che ho potuto svolgere con il mio personaggio in tre anni, mi sembra di avere imparato moltissime cose.

Tra i pregi di Baby, rivolta soprattutto a un pubblico di adolescenti, sembra ci sia stata l’intenzione di mostrare nuovi modi di essere maschi. Si capisce che il branco e il bullismo non portano a niente di buono, c’è un amore gay non stereotipato, e il tuo personaggio impara che è importante mostrare le proprie emozioni.
È vero, Damiano non si vergogna di piangere. Mi piace pensare che alcune cose per la nostra generazione inizino a normalizzarsi. Crescere, abbandonare la spensieratezza dell’infanzia per diventare adulti non è facile per nessuno. È bello poterlo fare sentendosi liberi di mostrare i propri desideri e le proprie debolezze. Ma la cosa più importante è conoscere le proprie emozioni, farci i conti senza reprimerle.

Per la tua pagina Instagram (quasi 800mila follower) hai come foto profilo Robert De Niro in Taxi Driver. Anche tu, come ha raccontato di fare De Niro, usi il metodo, ti immedesimi totalmente nel personaggio?
No, nel caso di Damiano non ci ho messo troppo di me, ho lasciato vivere il personaggio senza immedesimarmi. Le mie emozioni le ho usate per cercare di comprendere le sfumature della scena. La sensibilità è uno strumento prezioso per un attore, però conta anche la tecnica. Io sono agli inizi, ma mi sto impegnando.

Baby ha avuto successo in tutto il mondo, su Instagram ci sono profili dedicati a te dal Brasile. Che rapporto hai con la celebrità?
La celebrità, i social fanno da contorno. Se lavori, ti impegni e sei fortunato arrivano anche i follower, i servizi di moda, le pubblicità, le collaborazioni. È bello, ma non dimentico che la base del mio lavoro è un’altra. So che devo studiare. Durante il lockdown, con i set fermi, ho guardato parecchi film con attenzione, cercando di imparare qualcosa da colleghi più grandi che ammiro, come Elio Germano o Marco Giallini. Essere riconosciuto per strada non mi dispiace ma non mi sono montato la testa. Mi piace fare le stesse cose di sempre, viaggiare (anche se in questo momento è complicato), passare del tempo con gli amici o con la mia famiglia.

Fotografie: Giampaolo Sgura
Styling: Edoardo Caniglia
Grooming: Giulio Ordonselli
Styling Assistant: Federica Arcadio
Si ringrazia Hotel D’Inghilterra.