La filosofia della cucina di strada di qualità e l’importanza della cultura culinaria: perché il cibo, come l’amore, è vitale

Dietro il lavoro di uno chef ‘c’è il desiderio di far divertire le persone, di comunicare attraverso il cibo l’entusiasmo, la passione nei confronti della vita’. E questo discorso vale per la cucina di alto livello come per lo street food, parola di Mauro Uliassi, due stelle Michelin con il ristorante omonimo di Senigallia e direttore artistico dello Street Food Festival che si tiene presso l’Outlet Village di Città Sant’Angelo (in provincia di Pescara).

‘L’idea alla base è di portare il cibo di qualità per strada, un cibo spogliato da tutto quello che è la ristorazione, per cui non ci sono i camerieri, non ci sono le tovaglie di fiandra, i bicchieri Riedel, non c’è tutta una sovrastruttura che costa: c’è soltanto il cibo, che è buonissimo tanto quanto quello che si mangia nel ristorante stellato. La differenza è che viene servito su un pezzo di carta’.

Cambia anche l’atteggiamento, perché quello di strada ‘è un piacere più immediato, informale, maggiormente legato a una necessità (ho fame e mi mangio qualcosa). Al ristorante ci si va per trascorrere una bella serata, per condividere un’emozione di bellezza, di piacere, magari con una persona amata o per un compleanno’.

Inoltre ‘lo street food è bello perché aggrega le persone, crea delle situazioni molto carine, di paese’. Dunque la sua dimensione d’elezione è il movimento (si mangia camminando) oppure la pausa (ci si siede e si socializza)? ‘Ciascuno se lo gioca come meglio crede, è veramente una situazione molto libera. Se diventa un momento di aggregazione bene, altrimenti va bene lo stesso, dipende tutto da ciò che ci si sente di fare’.

Questa filosofia, già maturata da tempo, ha nutrito l’esperienza del 2013, quella che per la prima volta ha visto chef Uliassi presenziare all’iniziativa di Castel Sant’Angelo: ‘C’era Niko Romito, che è un mio carissimo amico, e abbiamo partecipato con la nostra roulotte. Abbiamo cucinato circa 5000 panini con la porchetta‘. In autunno è arrivata la proposta di fare il direttore artistico inventandomi otto eventi di street food (ad agosto ci sono le ultime due date del Festival: quella del 7 dedicata alle zuppe di strada, quella del 21 al dolce-salato).

La presenza di ‘laboratori ludico-didattici nei quali ogni chef spiega la propria ricetta’ rivela anche un obiettivo a lungo termine, cioè contribuire a diffondere la cultura della buona cucina. ‘Il cibo è una cosa molto importante, è un qualcosa che crea intimità, che si aggancia al tuo passato, alle tue esperienze di vita, magari di quando tua madre cucinava. È insomma carico di significati, non è soltanto intrattenimento. Ciascuno poi lo vive in mille modi, ma resta il fatto che il cibo e l’amore sono i fondamenti della vita, e non per modo di dire: la pittura è una sovrastruttura, la musica è una sovrastruttura; si può anche stare due mesi senza pittura o senza musica, o un altro tipo di arte, ma sicuramente non si può stare due mesi senza mangiare e senza amore’.

E in termini di cultura gastronomica, il faro è oltralpe: ‘Da questo punto di vista la Francia ci dà due giri di distacco. Da loro c’è il desiderio di sottolineare un evento importante andando in un grande ristorante’. Riguarda anche e soprattutto famiglie con redditi normali: ‘Mettono da parte i soldi perché dicono: quando succederà questa cosa andiamo a mangiare da Pierre Gagnaire, o da Alain Ducasse, e anche se spendiamo 300 euro a testa non ce ne frega niente perché è un evento straordinario che va sottolineato proprio in questo modo’.

È un atteggiamento culturale che si manifesta anche in ambito sociale: ‘Un cuoco importante francese ha una stima e un rispetto molto, ma molto più alti di quelli che ci sono in Italia. I format televisivi hanno consacrato l’immagine e la ricchezza e la fama di certi personaggi. Però il cuoco in Francia non è famoso perché fa la trasmissione televisiva: è famoso perché ha un ristorante dove si mangia molto bene e viene premiato con dei riconoscimenti governativi. È un personaggio di cultura, importante perché dà lustro alla nazione’.

In Italia, dunque, non resta che continuare sulla strada dello Street Food Festival e della divulgazione dei cibo di qualità. Idee per l’edizione del 2015? ‘In un anno possono succede un miliardo di cose: noi viviamo nel qui e adesso e progettiamo quello che potrà avvenire da qui a un po’. In questo momento siamo talmente coinvolti dalla nostra realtà che non abbiamo il tempo di pensarci. Appena si creerà la condizione giusta ci concentreremo su quello, e sicuramente faremo un’edizione più bella di quella organizzata quest’anno’.