Torna Bul-Bo, la lampada da terra creata da Gabetti e Isola per il Centro Residenziale Olivetti

Torna Bul-Bo, la lampada da terra creata da Gabetti e Isola per il Centro Residenziale Olivetti

di Paolo Lavezzari

Axolight riedita con filologica cura la lampada Bul-Bo di Gabetti e Isola per il Centro Residenziale Olivetti di Ivrea

Ogni proposta di riedizione di pezzi “storici” del progetto italiano – celebri o meno noti che siano, poco conta – fa luce anche su vicende altrettanto interessanti per quanto ci portano a incontrare nomi, luoghi, relazioni e a conoscerli sotto inattese, differenti prospettive. Un esempio è la genesi della lampada da terra Bul-Bo, oggi rilanciata da Axolight.

La lampada Bul-Bo infatti nasce come pezzo a sé stante, ma come parte di un progetto totale di arredo disegnato per il Centro Residenziale Olivetti a Ivrea (Torino) dallo studio di architettura Gabetti e Isola (Roberto Gabetti, Aimaro Isola, Guido Drocco, Luciano Re) tra il 1968 e il 1971, per decisione di Roberto Olivetti, figlio di quell’Adriano scomparso troppo presto nel 1960, ma la cui visione ancora improntava fortemente l’attività dell’azienda. Cosa cambia dall’originale di 50 anni fa all’edizione odierna? «Nello sviluppo della nuova Bul-Bo», spiegano dall’azienda, «Axolight si è posta l’obiettivo di ricreare un oggetto esteriormente fedele alla sua forma originale, ma in grado di assolvere la sua funzione illuminante in maniera ultra contemporanea».


Così, l’utilizzo di nuove tecnologie (a cominciare dalla luce LED con dimmer) e nuovi materiali costruttivi più performanti rispetto a quelli di un tempo ci consegnano pienamente rispettata l’essenza, la filosofia gioiosa e insieme funzionale del progetto. Se la Arco dei Castiglioni (1962 e quest’anno fanno 60)  è in certo modo la capostipite di un filone che tra le intelligenti riflessioni, come la Coupé di Joe Colombo, e le mille imitazioni più o meno riuscite ha fatto epoca, cambiando il panorama luminoso della casa non più “costretto” a qualcosa di statico che pende dal soffitto, la Bul-Bo è un passo oltre. In che modo? Perché, oltre a essere posizionabile a piacere grazie alla maniglia con cui la si sposta (certo, i 25 chili di pietre in granuli, nel sacco della zavorra sono “tanta roba”) la Bul-Bo si può anche inclinare alla bisogna, cosa che invece il marmoreo basamento della Arco non consente. E poi c’è che il diffusore, il cappello insomma, non c’è più. Un tempo la forma di lampadina ritagliata nel lamierino ospitava quei roventi farettoni che, i più âgés ricorderanno, consumavano kilowatt come mentine. Oggi rimane vuoto fantasma della lampadina cui “rende omaggio” il sobrio, quasi invisibile LED.