Marco Grassi, il tempo dell‘avventura
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Marco Grassi, il tempo dell‘avventura

di Alessandra Mattanza

Marco Grassi, giovane fotografo che visita il mondo con l’occhio di un esploratore, ci racconta come ha unito il viaggio e la fotografia alla scoperta della natura più selvaggia.

“Tra vent’anni non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite”, credeva lo scrittore Mark Twain.

E, così, ha fatto il fotografo Marco Grassi, che si è lanciato in una magnifica avventura che ha segnato per sempre la sua esistenza. Le sue immagini sono cariche di passione, avventura, spirito libero e selvaggio, infinita voglia di esplorare e scoprire, sono attimi di memoria, come di profonda ispirazione. «Dopo essermi diplomato ero pieno di incertezze sul futuro e avevo le idee poco chiare su cosa sarebbe venuto dopo. L’università non mi attirava perché non c’era una facoltà che mi interessasse più di altre. Così, all’età di 20 anni, insieme alla mia ragazza ho deciso di fare un’esperienza all’estero. Siamo partiti per la Nuova Zelanda con l’idea di lavorare e viaggiare nel paese per circa un anno. Entrambi eravamo certi che questa esperienza ci avrebbe aiutato a crescere e ci avrebbe posti di fronte ad una realtà diversa dalla nostra e, magari, a nuove possibilità», racconta.

Perdersi nei confini di mondo, come nella natura intatta e incontaminata, come in incontri indelebili, ha lasciato un segno unico nella formazione di Marco. «Ogni luogo è speciale e, nonostante le varie disavventure e complicazioni durante alcuni dei miei viaggi, ho moltissimi bei ricordi per ogni posto visitato. Viaggiare è per me prima passione e poi lavoro. Ovunque vada, grazie alla fotografia che mi ha insegnato ad essere paziente e ad aspettare perfino per settimane il momento perfetto, cerco di connettere con il posto, cerco di conoscerlo a fondo, cerco di viverlo su un livello più personale. Mi piace viaggiare verso nuove destinazioni, più sono remote meglio è, ma amo anche tornare dove sono già stato, come succede in Patagonia, per esempio. Negli ultimi tre anni sono tornato nel piccolo villaggio di El Chalten in Patagonia rimanendo almeno due o tre mesi l’anno, ed è un po’ come se quella parte del mondo fosse la mia seconda casa. E’ bello tornare nei posti che amiamo a distanza di tempo e conoscerne ogni angolo così bene, aver creato tante amicizie e re-incontrare le persone anno dopo anno. Trovo che il modo migliore per ‘legare’ con un posto sia proprio quello di lasciarsi travolgere dallo stesso. D’altronde non serve andare lontano perché ciò che importa non è tanto il luogo in sé ma il modo in cui lo viviamo», spiega.  

Ma come si è appassionato alla fotografia? «L’esperienza in Nuova Zelanda mi ha aperto gli occhi e mi ha aiutato a capire quelle che erano le mie passioni: il viaggio e la natura. Questa consapevolezza mi ha spinto a ricercare qualcosa che potesse legare queste passioni e trasformarle nel mio lavoro. Ho trovato la risposta nella fotografia. Oggi viaggio principalmente per raggiungere posti remoti da fotografare e quindi la fotografia è senza dubbio un modo per immergermi nella natura, vedere posti meravigliosi, vivere momenti unici e sfuggire ai ritmi frenetici della società moderna», riflette.

Con Marco, la fotografia diviene inoltre un’esperienza per imparare, dato che realizza workshop e altre esperienze sia per principianti che per professionisti e con una missione nel cuore. «Ogni tour fotografico viene progettato con l’idea di combinare esperienze di viaggio indimenticabili con la fotografia. Si tratta di vere e proprie avventure, in alcuni dei luoghi più belli del mondo, che offrono l’opportunità di imparare la fotografia e tornare a casa con ricordi meravigliosi e scatti unici. Intorno a questa idea, si sviluppano differenti tipologie di tours: molti coinvolgono il trekking ed il campeggio come nel caso della Patagonia, in altri casi si tratta di viaggi in barca come al Polo Sud e così via. Per ogni luogo c’è il suo itinerario su misura, cercando sempre di optare per la tipologia migliore in base alla destinazione ed alle mete dove scattare», chiarisce.

Le prossime avventure fotografiche, Coronavirus permettendo? «In programma ci sono due viaggi in barca di quattordici giorni l’uno al Polo Sud con un gruppo ristretto di soli 6 clienti per viaggio, durante i quali voleremo direttamente dal Cile a King George Island per massimizzare il nostro tempo sul posto, una spedizione in Namibia dove sorvoleremo le dune e le attraverseremo in 4×4, una traversata in barca intorno alle remote Isole Curili, a est della Russia, durante la quale scenderemo a terra per fotografare vulcani e spiagge deserte ed una spedizione di tredici giorni attraverso il campo di ghiaccio Patagonico, il terzo al mondo per grandezza dopo le calotte di ghiaccio di Antartide e Groenlandia», ricorda.

Come vede il mondo con il Coronavirus? Ispirazione o riflessione? «Negli ultimi anni ho viaggiato per circa nove mesi all’anno ogni anno, perciò il Coronavirus ha inciso molto sulla mia vita ed ha cambiato tutte le mie abitudini. Nonostante abbia dovuto cancellare la maggior parte dei viaggi per il 2020, non sono troppo pessimista per quel che riguarda il futuro perché sono riuscito a focalizzare la mia attenzione su alcuni progetti che erano stati messi da parte sempre per il poco tempo a disposizione, come ad esempio la realizzazione di video tutorial fotografici. Inoltre procede la ricerca di nuovi posti da esplorare e fotografare, non appena sarà nuovamente possibile».

C’è un luogo nel mondo che sogna di vedere? «Ho avuto la fortuna di visitare molti di quei posti che facevano parte della mia ‘Bucket List’, ma ci sono sempre delle nuove destinazioni da aggiungere alla lista! Al momento direi le Isole Curili dove spero di poter andare presto in quanto significherebbe anche aver superato l’emergenza e poter tornare a viaggiare», ammette. 

E, non si può non pensare a un frase sentita nel film Into the Wild, che invoca, allo stesso modo, speranza per un mondo migliore dopo una pandemia, che ha messo genti e professioni “in ginocchio”:  

C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso…

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