A Marfa, dove un tempo c’erano gli Apaches, sbuca questo hotel sui generis che prende ispirazione dalla cultura nomade, hippie e indiana

Torcia elettrica, scarpe chiuse a suola rigida, crema idratante e balsamo per le labbra (la pelle diventa molto secca in alta quota) sono da portare da casa. Coperte supplementari in lana o pile consigliabili se si decide di dormire in tenda, in teepee o in yurta tra novembre e marzo, quando la temperatura notturna può scendere fino a 32 gradi sotto lo zero. Pernottare in uno dei vecchi rimorchi restaurati è decisamente più confortevole. Ma chi arriva a El Cosmico non cerca le comodità. Ci si avventura fino a Marfa, cittadina a 1.500 metri di altitudine adagiata su un altopiano del deserto del Chihuahua nel West Texas, spinti dalla voglia di un’esperienza alternativa, a metà strada tra l’avventura e il dolce far niente. 

La città più vicina è a 32 chilometri, l’aeroporto internazionale a 320. Tutto intorno, il nulla desertico. Eppure Marfa è meta turistica conosciuta e ricercata, rifugio privilegiato di artisti, musicisti, creativi, scrittori e viaggiatori che vogliono disintossicarsi dai ritmi cittadini per riscoprire quelli più rilassati dettati dalla natura. Motivo per cui a El Cosmico nessuna distrazione tecnologica è prevista o possibile. No wi-fi, tv o connessione telefonica, solo in caso di necessità si può ottenere di comunicare con il resto del mondo chiedendo al personale nella lobby.

Nata alla fine dell’800 come fermata ferroviaria per il rifornimento d’acqua, Marfa era destinata a rimanere un’oasi nel deserto, votata a un lento ma inesorabile isolamento. Le cose però cambiarono corso nel 1971, quando Donald Judd, famoso artista minimalista, la scelse come meta estiva e dopo un paio d’anni decise di lasciare la sua New York e trasferirsi stabilmente in questo luogo magico che gli permetteva di effettuare installazioni permanenti delle sue opere in scala maggiore rispetto agli spazi a disposizione nella Grande Mela. Judd iniziò ad acquistare edifici e a trasformarli in luoghi per l’arte mettendoli a disposizione di artisti che, a loro volta, scelsero di vivere e lavorare a Marfa.

L’arrivo in città di un personaggio come Judd, estroso e carismatico, portò da subito una ventata di freschezza culturale e artistica anche ai residenti. Compresa Liz Lambert, creatrice di El Cosmico, nata e cresciuta nei ranch che la sua famiglia possedeva in quella zona del West Texas, tra Marfa e Fort Davis, Diventata avvocato a New York, dopo 3 anni Liz iniziò a sentire il richiamo della sua terra, la nostalgia di quegli spazi immensi, di quel cielo luminoso, di quel fermento creativo che aveva respirato da ragazza. Le mancava la sua comunità che viveva in modo così dinamico in un contesto naturale tranquillo e maestoso e iniziò a fantasticare sulla realizzazione di un luogo dove poter esprimere la sua idea di libertà, avventura, comunità. Nel 2006 acquistò a Marfa un terreno di 8 ettari, che però rimase vuoto per un po’, frequentato solo da un paio di cavalli che scorrazzavano intorno all’unica struttura presente, un capannone di latta.

Per trasformare quel pezzo di deserto nel luogo sognato, perfettamente integrato nel paesaggio, ecosostenibile e con uno spirito nomade e bohémien, Liz ha interpellato architetti del noto studio Lake Flato e Jack Sanders di Design Build Adventure, oltre che un team di costruttori visionari, artisti e studenti. Prendendo ispirazione dai colori e dalla cultura indiana e dalla lunga storia americana degli hippies è nato El Cosmico, “nomadic hotel” composto da 10 rimorchi d’epoca rinnovati e attrezzati come rustiche stanze d’albergo, 5 teepee, ovvero tende indiane in stile Sioux, 2 yurta della Mongolia e 15 tende da safari. Un luogo quasi mistico che celebra la creatività e il cameratismo. Dove vivere fuori dagli schemi, sporcarsi le mani, godersi l’avventura. O farsi cullare dal dolce far niente. Quando non si è intenti ad armeggiare intorno alla propria abitazione, si va negli spazi comuni per oziare sulle amache, nelle vasche olandesi o intorno a un fuoco. Oppure si prende parte a un workshop artistico o culinario o a uno dei concerti che durante l’anno attirano in mezzo al deserto fiumane di intrepidi viaggiatori.