Dal trekking all’alba tra i geyser alle pendici delle Ande alla scoperta dei laghi salati. Ecco il deserto di Atacama, visto attraverso le lenti polarizzate

Luce e silenzio. Sono le prime sensazioni che colpiscono occhi e orecchie. Poi tocca al cuore. Il battito accelera leggermente a causa dell’altitudine, ma non impiega molto ad abituarsi a lavorare anche ad alta quota. Siamo in Cile. Ai piedi del vulcano Licancabur che l’antico popolo delle Ande chiama Tata Mallku Likanko (e che sfiora i 5.920 metri di altezza), sorge un villaggio rosso come la terra battuta dei campi da tennis. Si chiama San Pedro de Atacama, si trova a cento chilometri da Calama, la città più vicina con aeroporto, ed è il base camp da cui partono le escursioni turistiche alla scoperta delle Lagunas Altiplanicas, con i suoi laghi salati Miscanti e Miñique, dei geysers de El tatio e del Salar de Atacama.

Il trekking fotografico ha inizio alle Lagunas Altiplánicas, un altopiano a circa 4.200 metri in cui sorgono Miscanti e Meñiques, due laghi salati habitat di una rara varietà di fenicotteri rosa. L’altopiano è il purgatorio da cui si passa per accedere alle cime più alte delle Ande. Pennellate di giallo ne definiscono i rilievi e che in prospettiva creano un manto che ricopre il terreno fino al confine con la prima neve. Sono gli arbusti di cui si nutrono le vicuña animali selvatici il cui vello è tra i più pregiati al mondo e che può arrivare a costare anche quattromila dollari al metro.

Dalle cime più alte al Salar de Atacama, uno dei laghi salini più ampi del pianeta, circa tremila metri quadrati, fatto di creste saline e pozze d’acqua in cui i fenicotteri rosa trovano cibo. Il riverbero della luce che filtra attraverso un velo di nuvole bianche riflette sul lago, la luce è così forte che non si può stare a occhio nudo. Altra tappa ad alta quota: per contemplare più di ottanta geyser del Tatio, il nonno di tutti i vulcani che sorgono in questa zona del Cile uno dei campi geotermici più grandi del mondo, ci si sveglia all’alba. Si cammina su stretti sentieri che circondano l’acqua che fuoriesce dalla terra a più di 80°C e che, in contrasto con le basse temperature che si raggiungono poco prima del sorgere del sole crea un vapore acqueo che sale decine di metri.

Di ritorno dai geyser si incontra prima un villaggio disabitato, il Machuca Village, popolato fino a qualche decennio fa da una comunità di andini dediti alla montagna, poi gli acquitrini della Reserva Nacional de Fauna Andina Eduardo Abaroa popolata da lama, vicuña, fenicotteri e asini selvatici, mentre al tramonto si passeggia per l’unica via del villaggio di San Pedro in cui mini negozi artigianali vendono souvenir, Mate de Coca, il tè alla coca che i locali bevono per sopportare gli sforzi in alta quota, e il gelato alla quinoa, un cereale ad alto contenuto proteico base di ricette della gastronomia cilena.

Altro scenario mozzafiato in cui ammirare il tramonto è la Valle della Luna. Si sale a piedi su un promontorio fatto di sabbia e rocce che il forte vento ha scalfito durante i secoli. Qui si apre un paesaggio a trecentosessanta gradi in cui la vista si perde senza incontrare confini.
Anche il Salar di Tara è immerso in una natura sconfinata. Per raggiungerlo si guida a passo d’uomo lungo il confine con Bolivia, a quota 5.000 metri attrverso i Monjes de Pakana e le Sentinels of Pakana, un gruppo di rocce che spiccano in verticale in mezzo al deserto. Poi si inseriscono le quattro ruote motrici della jeep e si attraversa il deserto in un safari tra dune di sabbia e salite sterrate. Un centinaio di chilometri prima di trovarsi di fronte a uno dei paesaggi più belli al mondo. Il Salar de Tara, nella Reserva Nacional Los Flamencos. Una distesa di acqua salata dai colori tenui che si sviluppa su una superficie di 740 chilometri quadrati habitat di fenicotteri e specie di uccelli in via d’estinzione. Uno scenario unico da assaporare gustando un piatto di quinoa vegetariana e una tazza di mate de coca.