

Haroun Fall è un’anomalia preziosa
L’attore di origini senegalesi è un’anomalia preziosa per questi tempi. In teatro e sul set, ha talento e futuro. Sa di averli, e sa di averne il diritto
Ci sono occhi che fanno molto prima delle parole. Lo sguardo di Haroun Fall è uno di questi: calamita, spilli dentro la telecamera capaci di portare una storia nella stanza prima che quella storia venga raccontata. La sua carriera, la sua traiettoria umana e artistica, passa tra tensione e appartenenza. Sradicamento e ritorno.Haroun Fall è in tournée teatrale con lo spettacolo Iliade. Il gioco degli dèi, diretto da Roberto Aldorasi, Alessio Boni e Marcello Prayer. Dopo aver recitato in diverse produzioni teatrali e cinematografiche, ha ottenuto il suo primo ruolo da coprotagonista nel 2021 nella serie Zero su Netflix, dove interpreta Sharif.
Nel 2022 l’abbiamo visto in Space Monkeys e La prima regola. È di nuovo al cinema con Prophecy. Torino 1995, genitori senegalesi, Fall non ha avuto l’infanzia come le altre. Affidato a una famiglia italo-inglese quando aveva pochi mesi, la sua crescita è stata il risultato di un intrico culturale. E di assistenti sociali, e famiglie adottive testarde, e di leggi che funzionano con troppa lentezza. «Sono italiano, ma non per lo Stato», ha detto più volte. E se una parte di lui si è sempre scontrata con questa contraddizione, l’altra sta trovando nell’arte il modo per riscriverla. E nell’attivismo, Fall è uno da pochi proclami, fa parte del partito di quelli che chiedono i fatti, non dei benintenzionati. Era un ragazzino frenetico, iperattivo, mi racconta. E in qualche modo doveva trovare il sistema di mettere a reddito quelle forze sopra la media.

Da bambino voleva diventare un calciatore. Ha giocato nelle giovanili della Juventus, durando poco tempo, il pallone non è riuscito a tenerti interessato abbastanza a lungo: «Avevo una iperattività fortissima, che con lo sport riuscivo a scaricare», ricorda. «Solo che lo sport è fisico. Il limite qual è, se ci pensi? Un record? O sei tu stesso. Recitare è diverso. Trovare un personaggio vuol dire essere un’altra persona. Vuol dire provare a raccontare daccapo quella storia tramite il tuo vissuto. Con il tuo corpo» .Che cosa ti ha lasciato il calcio? «La resistenza. Il metodo». È servito per recitare? «Molto». Ha un tono convinto nelle risposte. Non prende sul serio se stesso (come quelli più grandi di lui) ma prende sul serio gli argomenti che per lui contano (come i giganti del pensiero). Una domanda che ti ha stancato? «Cosa vuol dire essere un attore nero in Italia». Ho promesso di non fargliela. Perché lo sa bene di essere uno dei primi artisti in Italia a cambiare lo schema, il campo e alla fine pure le regole.
A 19 anni ha preso una decisione che avrebbe cambiato le prospettive: lasciare Torino per Roma, senza un piano di riserva. Voleva recitare e lo avrebbe fatto. Nel 2015 viene ammesso al Centro Sperimentale di Cinematografia, tempio della formazione attoriale italiana. Si diploma nel 2018 e inizia subito con La Classe di Vincenzo Manna, diretto da Giuseppe Marini, uno spettacolo che lo porta in tournée nazionale e gli consente di costruire quello che cercava: presenza scenica, una che fosse la sua.

Debutta al cinema nel 2018 con Arrivano i prof, ma è la televisione a dargli la prima vera visibilità. Prende parte a serie come L’allieva e L’amore strappato. Ma è nel 2021 che arriva quello che voleva, grazie a Zero, la prima serie italiana con un cast principale interamente afrodiscendente. Fall interpreta Sharif, un ragazzo con il talento della leadership e il peso della responsabilità. La serie, prodotta da Netflix, è un manifesto culturale, un esperimento che punta alle ridefinizioni. Quali sono i tuoi miti? «Ho come modelli Viola Davis, Denzel Washington, tutti afrodiscendenti che hanno fatto carriera attraverso un percorso accademico, di studio». Gli piace, questa idea di sacrificio e risultato non casuale, di lavoro e ricompensa. Gli piace l’etica. Si ferma a pensare. «Il talento si può perdere facilmente». Non ha intenzione di perderlo, Haroun.
Parliamo del cinema contemporaneo. Cosa stiamo perdendo? «Pensa alle vecchie sceneggiature. Non reggiamo più l’attenzione che richiede quel tipo di cinema». Prende una bella piega, la conversazione, quando parla del suo mestiere. Ha idee precise, ed è preciso ad andare a bersaglio sul contemporaneo: «È il motivo per cui film come Oppenheimer, The Brutalist, Maestro, hanno quella durata. Perché è necessaria, ma le persone non sono più abituate a quel modo del cinema. Il cinema è una fruizione attiva. Stiamo educando le persone a una fruizione passiva. Pensa –per fare un esempio –all’eccitazione che ti può dare una ragazza nuda su un social. È un picco troppo alto che una narrazione di 3 ore non riesce a darti. Pensa al primo piano di Leonardo diCaprio ne The Killers of the Flower Moon.

Lì vedi ore di costruzione del film. Ed è una scena lunga, infinita. Come fai, se non sei Scorsese? Nessuno ha più voglia di aspettare. Qual è il problema? «Consumismo emotivo. Nessuno vuole spendere. Parlo di tempo o sacrificio. È la stessa cosa». Il tempo? «Ho fatto Cechov a teatro. Uno degli esercizi che ci hanno chiesto è stato camminare nel parco per quattro ore senza telefono. Chi si è annoiato, chi ha avuto degli attacchi di panico. Chi non sapeva che fare. Nell’800 c’erano persone che avevano modo di dedicare il loro tempo solo al tempo. Noi non possiamo dedicare il tempo al tempo. Esserci, esserci, esserci. E questo senza staccarci dal confronto costante con gli altri. E devono trovarti sempre all’altezza di qualcosa che ti dice “vai più veloce”. Avrebbe continuato a parlare per ore, stava per perdere un aereo. La banalità (necessaria) da aggiungere è che sentiremo molto parlare di lui, perché è un interprete di un tipo preciso. Non vuole limitarsi a rappresentare ma a ridefinire. Haroun Fall è un’anomalia preziosa, per questi tempi. Ha talento e futuro, e sa di averli, e sa di averne il diritto.
Fotografo: Adriano Russo, Stylist: Edoardo Caniglia, Fashion Contributor: Valentina Volpe
Stylist assistant: Jacopo Ungarelli, Grooming: Astor Hohxa @Blend, hair using Davines, make up using Confort Zone.