Giorgio Armani: dalla passione per il cinema alla laurea honoris causa. Tutto sul Re dell’eleganza Made in Italy 
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Giorgio Armani: dalla passione per il cinema alla laurea honoris causa. Tutto sul Re dell’eleganza Made in Italy 

di Giulio Solfrizzi

Dal primo lavoro in Rinascente a quando finì sulla cover del Time, sino a quando annullò le sue sfilate. La vita leggendaria dell’ultimo Re della moda italiana

Una vita che n’è valsa almeno un centinaio. Quella di Giorgio Armani, ovviamente. Chi altro se non lui: Re dell’eleganza italiana, fondatore – o, meglio, federatore – del Made in Italy, imprenditore indipendente, stacanovista in qualsiasi ambito. Dalla moda ai costumi di scena fino allo sport e all’arredo. Poi l’hospitality, la ristorazione, il beauty, la cultura. Era una fonte inesauribile di idee, come ha ricordato la sua morte nella giornata del 4 settembre 2025. Con la stessa potenza di uno schiaffo in faccia, perché non te l’aspetti mai veramente la scomparsa di una leggenda. Come si fa solo ad immaginare la moda italiana senza colui che l’ha resa mitica, insieme a tanti altri colleghi meritevoli, nel mondo?

Giorgio Armani
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Giorgio Armani, anni ’70

D’ora in avanti, si è costretti a farlo. Uno così, come Giorgio Armani, è però indimenticabile. Inizia allestendo le vetrine della Rinascente a Milano, dopo aver tentato di studiare medicina per tre anni. Dopo essersi trasferito da Piacenza (dove è nato nel 1934) al capoluogo lombardo per rincorrere un sogno, sostituito con un altro. Il resto è storia: collabora con Hitman, la prima fabbrica di ready-to-wear elegante da uomo che faceva capo a Cerruti, esordisce nel ‘74 presso la Sala Bianca di Firenze, fonda finalmente nel ’75 la Giorgio Armani Spa insieme a Sergio Galeotti, compagno negli affari e nella vita seppur, a causa della sua morte prematura., per un breve periodo.

Giorgio Armani: curiosità sullo stilista-leggenda della moda

A seguire arrivano Emporio Armani nel 1981 e la linea di alta moda Armani Privé nel 2005, che sfila con i grandi – come lui – della Haute Couture a Parigi. Del suo impero sono a conoscenza molti: è stato indubbiamente un abile imprenditore, oltre che creativo. Estimatore dell’indipendenza, tant’è che ha declinato le lusinghe dei gruppi del lusso restando autonomo e creando, piuttosto, il suo microcosmo nella galassia della moda. Ciò che si conosce meno sono le passioni di Giorgio Armani, anche le curiosità che hanno plasmato il mito dello stilista piacentino. Tipo che il rapporto con la stampa è sempre stato schivo. Lo stesso stilista inviava lettere firmate personalmente ai giornalisti, o alle celebrità, che scrivevano e parlavano di lui. Ma negli anni Ottanta, precisamente nel 1983, quando rilasciò un’intervista a Giovanni Minoli nel programma televisivo Mixer, decise bene di non sfilare.

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Giorgio Armani alla sfilata “One Night Only Dubai”

Giorgio Armani e la stampa

Giorgio Armani era ormai da tempo che aveva scelto di evitare le passerelle e mostrare diversamente le proprie collezioni alla stampa. Non ha mai amato esporsi troppo, era allergico alle etichette e alla sovraesposizione mediatica. Nonostante il Time lo avesse incoronato Uomo dell’anno nel 1982, dedicandogli una copertina. Preferiva parlare attraverso i suoi abiti, attraverso le sue linee essenziali, i tagli puliti, le palette cromatiche che hanno ridefinito il concetto di eleganza: non più ostentata, ma silenziosa, sicura, interiore. Dunque questa è una prima curiosità: come Pierre Cardin e Yves Saint Laurent, Giorgio Armani decise per un periodo indefinito di sospendere i fashion show a Milano. Inutile direi che è tornato ad organizzarli: cosa sarebbe stata la settimana della moda senza di lui e i suoi brand?

Giorgio Armani e il cinema

Non lo sapremo mai. Sappiamo, invece, che dietro quella riservatezza si nascondeva un uomo profondamente appassionato. Il cinema, ad esempio, è innegabile che fosse una sua passione. Ne ha influenzato la visione estetica e viceversa. Da ragazzo si rifugiava nei sogni offerti dalla settima arte. Quei sogni lo hanno accompagnato per tutta la vita, tanto da diventare parte integrante del suo lavoro. Celebre la collaborazione con Richard Gere per American Gigolo nel 1980: è lì che Armani veste il protagonista, lo rende un sex symbol accompagnando i muscoli con completi leggeri, pantaloni attillati nei punti opportuni, un lusso tangibile ma allo stesso tempo quasi inspiegabile a parole. E, in un colpo solo, rivoluziona l’immagine dell’uomo contemporaneo. Hollywood non l’ha più lasciato: ha curato i costumi per decine di pellicole, da The Untouchables a The Dark Knight Rises, trasformando il guardaroba dei personaggi in una narrazione parallela. Un abbigliamento, il suo, lontano dall’essere cinematografico, ma memorabile senza ombra di dubbio. 

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Gwyneth Paltrow e Giorgio Armani negli anni ’90

Giorgio Armani e il suo modus operandi

E per riuscire in questo, doveva necessariamente essere un perfezionista. E certo che lo era, almeno così dicono ed è trapelato da alcune registrazioni. Niente lasciato al caso, mai. I suoi collaboratori raccontano di prove fino all’ultimo minuto, di un occhio clinico capace di cogliere un’incrinatura in un tessuto o una cucitura imperfetta a metri di distanza. Aveva un senso innato per la bellezza, certo, ma anche una disciplina feroce. Si svegliava all’alba, seguiva un regime ferreo, lavorava senza sosta. Anche a novant’anni compiuti, era ancora in prima linea: disegnava, decideva, approvava. Ciò non toglie che emergesse la sua umanità nei gesti più semplici. Come quando, nel pieno della pandemia, fu il primo a chiudere le sfilate al pubblico per tutelare la salute di tutti. O quando decise di convertire la produzione delle sue fabbriche in camici e mascherine per gli ospedali. O ancora, quando scrisse una lettera aperta ai giovani stilisti per invitarli a rallentare, a non inseguire il fast fashion ma a costruire qualcosa che durasse nel tempo.

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Giorgio Armani

Giorgio Armani e la laurea honoris causa

Difatti si è meritato, nel 2023, una laurea honoris causa in Global Business Management dall’Università Cattolica del Sacro Cuore. «Questo riconoscimento ha un valore importante per me perché premia il mio ruolo di imprenditore, l’impegno e la passione ma anche perché mi è stato conferito nella mia amata città natale – un luogo magico, che tanto mi ha affascinato da bambino», ha raccontato proprio a Piacenza, sua città dove si è celebrata l’occasione speciale. Laurea dovuta alla lungimiranza nell’investire in settori affini a quella della moda, da cui è partito tutto. Armani Beauty, così come Armani Casa, nascono nel Duemila anticipando la linea Privé. Ecco poi Armani Hotel, Armani/Privè Club, e tanto altro ancora dovuto alla curiosità che più di altri aspetti dovrebbe interessare: lo spirito imprenditoriale di chi sa fare e pensare più cose contemporaneamente. 

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Naomi Campbell e Giorgio Armani nel 1996

L’eredità stilistica di Giorgio Armani

Armani ha destrutturato il completo sartoriale maschile, sdoganato il power dressing nella moda donna, inventato il Greige (mix tra grigio e beige), reso fascinosa la giacca per entrambi i sessi, ri-attualizzato l’alta moda in un secolo che la sottovalutava. Ha dato un volto e una definizione al labile concetto di eleganza, diventando paradigma assoluto con una frase che dice tutto: L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare.

Un’eredità, insomma, enorme. Non solo estetica, bensì culturale. Giorgio Armani ha insegnato che si può essere rivoluzionari con un blazer blu e un paio di pantaloni morbidi. Che il lusso vero è la libertà di rimanere fedeli a sé stessi. E forse per questo, anche adesso che non c’è più, Giorgio Armani continuerà a vestire il mondo. Certamente sarà così, non può finire tutto. Continuerà a ispirare, chiunque prenderà le redini dei suoi marchi (presumibilmente Leo Dell’Orco, a capo della linea maschile di Giorgio Armani e compagno di vita dello stesso da oltre 40 anni), chiunque ha ancora il privilegio di emozionarsi davanti ad un abito confezionato a dovere. Come lui sapeva fare.