

Addio a Giorgio Armani, il maestro dell’eleganza equilibrata
Ha ammorbidito l’immagine degli uomini e rafforzato quella delle donne. Ha creato capi iconici indossati non per farsi notare ma per farsi ricordare. L’eccentricità? A braccetto con il rigore. Quanto ci mancherà Re Giorgio
«Lo stile è eleganza, non stravaganza. L’importante non è farsi notare, ma ricordare». Così diceva il maestro di buongusto Giorgio Armani, che oggi se ne va, lasciando un vuoto sordo. Muore all’età di 91 anni, 50 dei quali passati a insegnare l’eleganza nel mondo. Che è togliere, non aggiungere. È eccentricità che va a braccetto con il rigore.
«Non ho una formula da passare ad altri perché io stesso non ho seguito una formula né mi sono ispirato a qualche realtà già esistente. Ho sempre fatto e continuo a fare a modo mio», aveva detto in una passata intervista. «Se devo raccontare la mia storia con poche parole sceglierei: passione, rischio, tenacia e coerenza». Da re indiscusso.
E pensare che Re Giorgio, da giovinetto, era un aspirante medico. E che la sua strada gloriosa nella moda iniziò come vetrinista per la Rinascente.

Nino Cerruti come mentore
Classe 1934, piacentino, infanzia povera, Armani si trasferì a Milano con la famiglia alla fine degli anni Cinquanta. Si iscrisse all’università di Medicina, ma interruppe gli studi per il servizio militare. Aveva comunque già capito che non era la sua rotta. Decise quindi di lavorare per non gravare sulle spese famigliari. Intanto sotto la Madonnina, città dalle tante possibilità, stava nascendo il fenomeno moda.
Ed eccolo, Giorgio Armani, prima apprendista alla Rinascente, quindi vetrinista, e ai suoi primi lavori da stilista freelance. Nel 1965 la chiamata di Nino Cerruti, mentore che ha rivoluzionato l’abbigliamento maschile nel segno della morbidezza sartoriale e di un nuovo concetto di vestibilità. Affidò ad Armani, per sette anni, la sua linea uomo Hitman.
Quando nel 1974 esordì Armani by Sicons, marchio di abbigliamento in pelle e prima linea a suo nome, era il momento per il grande salto. L’anno dopo fondò la sua etichetta. Nacque l’impero Armani.

I capi iconici di Giorgio Armani
La summa dell’approccio di Giorgio Armani alla moda è nelle sue stesse parole: «Sono stato il primo ad ammorbidire l’immagine degli uomini e a rafforzare quella delle donne. Ho vestito uomini con tessuti da donna e rubato agli uomini quello che le donne volevano e di cui avevano bisogno: l’abito del potere».
Ha destrutturato, ha ammorbidito. Ha ridefinito l’eleganza maschile. I suoi completi hanno volumi fluidi e tonalità tenue e ricercate. Ha bandito la rigidità imperante. Ha dato all’uomo la scioltezza e la morbidezza della donna. Il suo pezzo più iconico? La giacca destrutturata, libera e seducente, che segue i movimenti del corpo. Una giacca nuova che diventa unisex.
E poi l’ideazione del greige, tra grigio e sabbia, che è più di un colore. «Cercavo una tonalità che fosse calda ma allo stesso tempo metropolitana, sobria ma non scontata», ha detto. Il greige è distintivo, ha rimandi naturali e classici ma pulsa di contemporaneità.
Il suo colore icona, però, è senz’altro il blu Armani, simbolo della Casa di moda.

Lo stile Armani al cinema
Una delle scene emblematiche di American Gigolò, film cult del 1980? Richard Gere che, alle ore 12.05 segnate sulla radiosveglia, a torso nudo sfila via dall’armadio quattro giacche che dispone sul letto. E poi altrettante camicie e cravatte da abbinare. È alla ricerca del suo outfit, con pantaloni morbidi e blazer destrutturato, firmato certamente Giorgio Armani. Fu la consacrazione del designer italiano Oltreoceano. Quello stile rilassato ma mai casuale divenne la quintessenza del fascino maschile.
Quello tra il cinema e Armani è un grande amore durato nel tempo. Ecco poi nel 1987, nel capolavoro di Brian Del Palma The Untouchables – Gli intoccabili, criminali e agenti davvero chic che si muovono tra sparatorie. Come Kevin Costner, il poliziotto “solo chiacchiere e distintivo”, in tre pezzi by Re Giorgio.
Il tè nel deserto di Bernardo Bertolucci, anno 1990: John Malkovich ha quella grazia casual tipica dell’uomo Armani, con sahariane abbinate a pantaloni leggeri.
I completi impeccabili del milionario Bruce Wayne, interpretato da Christian Bale, ne Il cavaliere oscuro (2008)? Sono a firma Armani.
