Dandy in India

Dandy in India

di Gianluca Cantaro

Pharrell Williams contamina il tailoring maschile con echi asiatici, ma senza cadere nei cliché. La collezione primavera-estate 2026 ruota intorno alla sartoria maschile, con contaminazioni sportive in stile hiking

Per la primavera-estate 2026 Pharrell Williams, direttore creativo di Louis Vuitton Uomo, punta su un’estetica semplificata, preferendo un tailoring più preciso rispetto all’iper-decorativismo misto a streetwear che aveva caratterizzato le sue precedenti uscite. Per ribadire l’heritage legato al viaggio, stavolta fa rotta verso l’India e si lascia ispirare dal tailoring moderno locale che, si legge nella cartella stampa, influenza il guardaroba contemporaneo maschile dando forma a un dandy cosmopolita, capace di contaminare l’abito tradizionale con influenze d’altrove.


La collezione non ricorre a cliché legati ai costumi locali, ma ruota intorno a una sartorialità più classica, con un’unica concessione sulla silhouette: giacche morbide, ma dall’apparenza strutturata, mono e doppiopetto, contrastano con pantaloni ampi, sia ripiegati sul davanti — per richiamare il sari — sia leggermente scampanati sul fondo, motivo distintivo di Pharrell, sia corti, come i larghi bermuda.


Le camicie, prevalentemente a righe, sono aperte e fluide, ma a volte anche chiuse e abbinate a cravatte di seta regimental. Le fascinazioni indiane si spingono fino alla vicina Himalaya, dove l’equipaggiamento da hiking aggiunge dettagli sportivi al contesto formale: shell, fleece e puffer jacket, zaini e borsoni da scalata, e scarponcini con stringhe colorate sono rivisitati in chiave preziosa.

Il denim rappresenta un altro elemento chiave della collezione, proposto sia in blu sia in tonalità polverose del marrone, come se fosse stato bruciato dal sole. L’intera palette cromatica gioca con colori caldi, dalle sfumature del bordeaux a quelle della terra, passando per verdi e beige dal sapore coloniale.


La sfilata si è svolta di fronte al Centre Pompidou, in graduale chiusura fino al prossimo settembre, da quando — per cinque anni — sarà inaccessibile al pubblico per un’importante ristrutturazione. Il setting, ideato dallo Studio Mumbai, fondato nel 1996 dall’architetto Bijoy Jain nella metropoli indiana, era la rappresentazione in scala gigante del gioco da tavolo Scale e serpenti (Snakes and Ladders), adattamento inglese del Moksha Patam, gioco inventato dalla civiltà vedica nel XIII secolo e basato sulla filosofia hindu per impartire lezioni di vita. Il gioco fu successivamente occidentalizzato e trasformato in intrattenimento: grandi quadrati — che richiamano il damier della Maison — erano decorati con enormi serpenti dipinti a mano.