

Una casa che cambia colore? Esiste e potrebbe essere il futuro
La vernice climatica di Joe Doucet è una risposta elegante e poetica all’emergenza ambientale: cambia colore con la temperatura, imita la natura e promette di ridurre i consumi energetici. Ma anche di cambiare il nostro immaginario sull’architettura
Cosa succederebbe se anche la tua casa, come gli alberi d’autunno o i maglioni a righe termiche degli anni ‘90, cambiasse colore con le stagioni? A Katonah, sobborgo a un’ora da Manhattan, il designer e inventore Joe Doucet si è fatto questa domanda davanti alla facciata della sua nuova casa. Non è la trama di un episodio di una nuova serie tv. È una storia vera. Inizia con un pennello in mano e una domanda apparentemente banale: che colore dipingere le pareti esterne? Solo che Doucet non è il tipo da risposte convenzionali.
Piuttosto che scegliere tra bianco o nero, ha deciso di costruire delle mini-case stampate in 3D, identiche all’originale, con lo stesso isolamento, e le ha testate per un anno intero. Bianco come Santorini o nero come una baita norvegese? La scienza parlava chiaro: in inverno, la casetta nera restava 7 gradi Fahrenheit più calda. In estate, la bianca era 12 gradi più fresca. Insomma: il nero scalda, il bianco raffredda. Ma chi ha voglia di ridipingere casa due volte l’anno?

L’idea geniale: una vernice che ha l’umore di un giochino anni ’90
Ecco allora che scatta l’intuizione. Nel cassetto della memoria, tra i giochi d’infanzia, riemerge un oggetto cult: l’anello dell’umore. Quei piccoli gingilli cangianti che ti promettevano di rivelare se eri felice, triste o innamorato. Magia? No, termocromia: cristalli liquidi che cambiano disposizione molecolare a seconda della temperatura. La stessa chimica che ora Doucet trasforma in vernice. Il risultato? Una pittura intelligente, poetica e cangiante, che si oscura sotto i 25 gradi Celsius (77 Fahrenheit), virando verso un grigio antracite, quasi nero, e si schiarisce man mano che il sole scalda l’aria. Come una pelle sensibile alla luce, un tessuto vivo.
L’ha testata con pennelli e pazienza, in giardino. Ha aggiunto additivi, protettivi, ha visto il pigmento scolorire al sole e poi resistere. Dopo mesi di esperimenti, la vernice funziona. E ha qualcosa di profondamente emozionale: una casa che muta col tempo, come gli alberi, come i vestiti, come l’umore. Un oggetto statico che finalmente entra nel flusso della vita.

Una casa che cambia colore è architettura viva, tra natura e futuro
Doucet non è un romantico naif, però. Conosce bene le cifre: secondo l’International Energy Agency, gli edifici consumano il 30% dell’energia mondiale. E il suo prototipo, secondo le simulazioni, potrebbe ridurre fino al 30% i consumi per riscaldamento e condizionamento nelle zone temperate. Quelle dove le stagioni esistono davvero, Italia compresa. È la risposta perfetta per chi vive tra estate torride e inverni pungenti. Ma anche un messaggio, se vogliamo, estetico: forse è tempo che l’architettura abbandoni l’idea di essere immobile. Come la natura, come il design migliore, anche le case dovrebbero adattarsi.
Certo, non è una risposta unica al climate change, ma è un passo concreto: passivo, low-tech, visivamente affascinante, ed efficiente. E capace di mettere l’architettura in dialogo con la natura e con il nostro umore. E no, non è solo una questione di bianco e nero. Può diventare azzurra d’estate e blu notte in inverno. Basta con le case ferme, rigide, monocromatiche. Immagina una città che cambia tonalità come un campo di ortensie. Il futuro è mobile, flessibile, cangiante. E ha il fascino nostalgico delle cose semplici; come un’idea che, semplicemente, era lì da sempre. Solo che nessuno ci aveva ancora pensato. O come quell’anello psichedelico che portavi all’anulare alle elementari. Solo che adesso è la tua casa a cambiare umore e, soprattutto, ad aiutare l’ambiente.
