

Lucien Laviscount
Dal sorriso che sprigiona carisma, l’attore è protagonista del film “This time next year”. Specialista di commedie sentimentali, la sua fama è esplosa con “Emily in Paris”. «Sono un romantico fiducioso. È bello essere sorpresi». Come ci ha sorpreso come centauro sexy per Shakira
Ha un fisico da statua greca ma è soprattutto il suo sorriso, genuino e solare, a fare centro quando lo incontriamo virtualmente via Zoom. Lucien Laviscount ci mette subito a nostro agio, sfoderando energia positiva e un’amabilità trascinante.
Impossibile non adorarlo, anche se non si è fan di Emily in Paris, la serie tv che l’ha reso famoso e fatto amare urbi et orbi. Lì interpreta Alfie, interesse amoroso schietto e sincero della protagonista. Ma è Quinn Hamilton ora, il businessman gentile e tormentato che interpreta in This time next year, il personaggio che sente più vicino. «Ho amato il suo prodigarsi per gli altri, quando invece fatica a chiedere aiuto per sé: in questo mi somiglia», confessa.

Commedia romantica lieve e simpatica, dal 14 novembre al cinema con Notorious Pictures, This time next year vede Lucien Laviscount accanto a Sophie Cookson. I due attori interpretano due coetanei londinesi nati il giorno di Capodanno nello stesso ospedale, a pochi minuti di distanza. Le loro vite prendono direzioni opposte ma nel giorno del loro trentesimo compleanno si incontrano casualmente a una festa… Alla regia c’è Nick Moore, ovvero il montatore di cult sentimentali come Love actually e Notting Hill.
32 anni, britannico con padre nativo di Antigua, isola paradisiaca delle Antille dove ora Lucien ha scelto di vivere, il suo nome completo è Lucien Leon Laviscount. È nel mondo dello spettacolo da tempo, sin da quando era ragazzino e apparve in una pubblicità per Marks & Spencer. Da allora, ha recitato anche nelle serie tv Supernatural e Scream Queens, ma solo ultimamente la sua popolarità è esplosa. Tanto che Shakira, nel video di Puntería, lo ha scelto come suo centauro sexy…

Ecco la nostra intervista a Lucien Laviscount.
Lucien, cosa ti ha attratto di This time next year? Perché hai voluto farne parte?
«In primo luogo, sicuramente per la sceneggiatura. Era da un po’ che non leggevo uno script che consente ai personaggi di avere così tanto tempo per capire se stessi, lontano l’uno dall’altra, prima di riunirsi. Ho pensato che fosse un modo davvero nuovo di guardare alle relazioni. Nelle vecchie commedie romantiche classiche, invece, ci sono protagonisti provenienti da mondi diversi che, insieme, cercano di salvarsi a vicenda. In This time next year i personaggi cercano di capire se stessi prima di poter intraprendere il viaggio insieme. L’ho trovato davvero interessante.
E poi, il secondo elemento ad attrarmi verso This time next year, è stato Nick Moore, il regista».
Raccontaci il primo incontro con lui.
«Abbiamo avuto una videochiamata via Zoom: lui era a Los Angeles, io mi sembra fossi a Parigi. La sua visione e il suo modo di intendere la sceneggiatura erano magnifici. Mi ha immediatamente conquistato. La sua passione per il progetto, la sua attenzione ai dettagli, il suo modo di spiegare le cose e di indirizzare la conversazione in determinate direzioni, solo per vedere come mi sarei sentito e dove avrebbe potuto arrivare il personaggio, mi hanno portato dentro a un viaggio che mi ha subito appassionato».

C’è qualcosa di Quinn Hamilton di This time next year che ti assomiglia? Lui è gentile e affascinante ma un po’ tormentato. O assomigli più ad Alfie di Emily in Paris?
«Credo che ci sia sicuramente una parte di me in Quinn. In ogni personaggio che interpreto c’è una parte di me, la versione o il lato di me che voglio far respirare a quel personaggio. E poi il personaggio prende quel pezzetto di me e lo fa vivere. Quinn è una persona riservata, affronta i suoi problemi personali e non vuole farli pesare agli altri: ho amato questo suo lato.
Pian piano però capisce che non deve continuare a fare tutto da solo, a occuparsi di sua madre, degli affari e di tutto il resto. È pronto ad aiutare gli altri ma trova molto difficile permettere di essere aiutato. Sento che c’è una somiglianza con me: io sono veloce ad aiutare gli altri ma poi, nei momenti in cui avrei bisogno di aiuto, non lo do a vedere. Ma non è mai la cosa migliore da fare: se ti prendi cura di te stesso, sei una versione migliore di te anche per gli altri. Sicuramente io e Quinn abbiamo qualcosa in comune».
Minnie Cooper, il personaggio coprotagonista di This time next year, crede di avere una maledizione. Credi alla fortuna e alla sfortuna?
«Credo nella fortuna. E credo che si possa creare la propria fortuna perché ci sono opportunità che si presentano a tutti. Se ti viene lanciata la palla, puoi scegliere di prenderla e restituirla oppure puoi prenderla, lanciarla in aria, fare una capriola, prenderla e poi restituirla. È quello che si fa con queste opportunità che crea la fortuna. Ma non credo che esista la sfortuna.
Nel film Minnie Cooper esercita sicuramente una pressione su se stessa. E poi, quando la maledizione si spezza, si rende conto che si è solo nascosta per lungo tempo. È molto più facile guardare le cose più oscure, quelle meno belle, che guardare tutte le cose o le persone belle che si ha davanti».

È da molti anni che sei nel mondo dello spettacolo ma è con Emily in Paris che sei diventato un attore di fama internazionale. Che rapporto hai con il successo?
«Sono solo su un gradino nella scala di ciò che voglio fare e raggiungere. Amo il mio lavoro, amo quello che faccio. Comporta molti “no” ma anche i più bei “sì”. È un viaggio. È difficile vivere in questo mondo ma il percorso, con tutti i suoi sentimenti e le situazioni incredibili, è molto più importante ed emozionante dell’obiettivo finale.
Voglio continuare il mio cammino, restare sulla mia rotta e imparare il più possibile, migliorarmi e continuare a fare cose grandiose che emozionino le persone in tutto il mondo. Penso di avere il lavoro migliore che ci sia e voglio riuscire a praticarlo sempre di più».
Ormai ti stai specializzando in commedie romantiche. Qual è la tua commedia romantica preferita tra quelle passate?
«Notting Hill. È un film che ho amato. Ho adorato il quartiere di Londra in cui è ambientato e Julia Roberts, indubbiamente».

Tu sei un tipo romantico?
«Direi che sono un romantico fiducioso, non disperato. Credo che il romanticismo non sia morto. Ed è bello essere sorpresi».
Pochi giorni fa eri alla Fashion Trust Arabia. Sei stato anche testimonial di vari brand fashion. Com’è il tuo rapporto con la moda?
«È evoluto nel corso degli anni. Ed è questa la cosa bella della moda: incapsula certi periodi della propria vita ed è piacevole guardarsi poi indietro pensando “wow, questo era quel periodo, questo il tal altro ”. La moda per me è un mezzo per esprimermi: ora indosso una maglietta nera ma, se ne indossassi un’altra, i miei modi di fare potrebbero cambiare perché per certi versi starei vivendo un personaggio diverso. Ed è questa la cosa grandiosa: la moda può farti provare un milione di sensazioni differenti e cambiare la giornata e il modo in cui ti presenti e reagisci. Per questo la amo. È storytelling ».