

Alejandro Speitzer
Molto più di un sex symbol. Attore impegnato e infaticabile, si reinventa ogni volta sfuggendo alle definizioni. Alla ricerca di nuove sfide. Con lo sguardo sempre al suo Messico e alla sua terra in lotta
Da sempre il set è uno dei luoghi in cui si sente più libero e felice. Era appena bambino quando capì che recitare era la sua vocazione. Oggi che ha 30 anni Alejandro Speitzer è produttore e attore impegnato e infaticabile che sfida le etichette: «Voglio dimostrare che sono un mondo di possibilità», ci dice quando lo incontriamo. Dall’altra parte dell’oceano, a Città del Messico, da lui sono le 8 del mattino ma già sta lavorando al prossimo ruolo. «Devo studiare». E sfodera un sorriso fresco e gentile sotto un baseball cap nero.
Nonostante il successo internazionale raggiunto con le serie tv Netflix Qualcuno deve morire e Oscuro desiderio, che gli ha fatto guadagnare il titolo di sex symbol, Alejandro Speitzer conserva i piedi ben piantati al suolo. E uno sguardo fiero e pasionario verso il suo Paese e la sua terra d’origine. Anche se vive tra Madrid e CDMX, non dimentica Culiacán, per cui invoca un futuro di pace.

Alejandro, la tua carriera è iniziata quando avevi appena 5 anni, con la seguitissima soap messicana Rayito de luz. Com’è stato crescere nell’industria dello spettacolo? Molti attori bambini si perdono…
«Mia madre è stata fondamentale per non smarrirmi e per riuscire a capire cos’è veramente importante nella vita. Questa è una strada lunga e difficile ed è facile perdersi, ma lei è stata sempre lì a ricordarmi cosa conta davvero. Per molti attori tutto il loro mondo è quello del lavoro e credo sia un errore. Io ho trovato il mio mondo accanto a quello della recitazione».
Cosa rappresenta il set per te?
«Oggi come allora è il luogo in cui mi sento più felice. Esser lì mi fa sentire libero. Penso di essere diventato attore proprio perché ho così tante cose dentro di me, in testa, nell’anima, da lasciar uscire fuori. Non vorrei smettere mai».

Quest’anno hanno visto la luce tanti progetti di cui sei protagonista. Nella serie tv Coyotl: Eroe e Bestia sei un supereroe, nel film Juego de seducción un truffatore. L’ultimissimo: in Autos, mota y rocanrol interpreti l’ideatore del Festival di Avándaro, una sorta di Woodstock messicana…
«Sono anche uno dei produttori di Autos, mota y rocanrol: sono così orgoglioso di questo film! È una commedia satirica, un mockumentary che mescola fiction a riprese storiche. Come attore, sento quando certi progetti sono importanti per il mio Paese. E questo è uno dei più importanti per me perché il Festival di Avándaro, nel 1971, è stato un esempio di resistenza dei giovani messicani contro un governo oppressivo. È importante che le nuove generazioni guardino al coraggio di quei ragazzi. Hanno aperto un varco verso la libertà. Il Festival di Avándaro fu rilevante non solo per la musica e il rock and roll ma anche per la storia del Messico.
E il film, tra l’altro, è in 16 mm, non in digitale! Questo mi rende ancora più felice: io sono anche fotografo e già da molti anni ho deciso di passare alla pellicola. Quindi Autos, mota y rocanrol è un sogno che si avvera. Quando lavori in digitale puoi commettere molti errori, tanto da dimenticarti quasi che gli sbagli fanno parte della vita. In pellicola non è così».

Gli artisti latini sono sempre più riconosciuti. Registi messicani come Iñárritu, del Toro e Cuarón hanno trionfato agli Oscar. Il passo successivo, invece di conquistare Hollywood, sarà costruire una nuova Hollywood in Messico o di lingua spagnola?
«In verità, con le piattaforme online è cambiato tutto: oggi la maggior parte dei progetti ha respiro internazionale. La differenza principale con Hollywood? Probabilmente è nei soldi a disposizione. In Messico – e immagino anche in Italia o in Spagna – abbiamo artisti di grande talento ma a volte non abbiamo l’opportunità di mostrarlo quel talento. Però sappiamo fare grandi cose, anche se con meno.
Un esempio? L’anno scorso ho girato un film per Amazon, Venganza: è il più ambizioso nella storia di Amazon in America Latina. È il primo action messicano di questo livello. La cosa assurda? In Messico adoriamo i film d’azione ma non siamo abituati a farli. È quindi davvero bello che Amazon ci abbia dato l’opportunità di mostrare le nostre capacità. L’ho già visto ed è fantastico. Uscirà all’inizio del 2026: avremo l’occasione di farlo vedere in ogni parte del mondo. Tornando al punto: per me la cosa importante è creare buone storie, senza pensare a Hollywood o alla Spagna. Penso solo a dar vita a personaggi ben costruiti».

Come vivi la popolarità?
«Ho un rapporto ottimo con la fama, come se ormai fosse parte di me. Facendo l’attore da quando avevo 5 anni, sono molto fiero e felice che le persone prestino attenzione al mio lavoro e mi dimostrino affetto. I miei fan sono così gentili: sono sempre stati lì per me, con parole positive. È davvero bello».
Sei il primo ambasciatore Bvlgari in Messico. A giugno ti abbiamo visto alla Milano Fashion Week. Qual è il tuo rapporto con la moda?
«La adoro! Per me è un modo per esprimermi. E infatti amo anche l’Italia. Ho trascorso una delle estati più belle della mia vita proprio in Italia, a Napoli! La moda è apertura. È una porta che, insieme al mio team, ho aperto qualche anno fa, anche se sin da bambino sono stato quel tipo di persona che si distingue un po’ dagli altri. A 15 anni ho iniziato a indossare anelli, i miei amici contestavano: “Metti gli anelli? Nessuno li indossa”. “Ma mi piacciono”: questa è sempre la mia risposta. Mi piace indossare quello che mi piace, non mi interessano le opinioni altrui».

Hai diversi tatuaggi, tra cui uno sulla schiena con la scritta: “Todo lo que se quiere, debajo del cielo tiene su hora” (Tutto ciò che desideri ha il suo tempo sotto il cielo). Cioè?
«Significa che si è sempre nel posto giusto. Come dice il mio terapeuta, a volte si vince, a volte si impara, ma si è nel posto giusto e bisogna crederci. Adoro i tatuaggi, è una delle mie dipendenze. Purtroppo però mi è difficile farne altri: essendo un attore, a volte devo trascorrere molto tempo a coprirli».
Quali attori ami di più e ti sono fonte di ispirazione?
«Ce ne sono tantissimi. C’è un attore messicano con cui mi piacerebbe molto lavorare: Daniel Giménez Cacho. È uno dei più grandi ed è il protagonista dell’ultimo film di Iñárritu (Bardo, la cronaca falsa di alcune verità, ndr). Lo apprezzo e rispetto molto. Poi adoro Emma Stone, è meravigliosa, e Robert De Niro, certamente».

Che tipo di ruolo ti piace di più?
«Guardando alla mia carriera, ogni personaggio interpretato è così diverso dall’altro: non voglio che il pubblico, i produttori o i registi dicano: “Alejandro Speitzer è sempre lo stesso”. Voglio dimostrare che sono un mondo di possibilità. Mi piacciono i personaggi che rappresentano una sfida. È questo il tipo di personaggio che sto cercando».
Pur vivendo tra Città del Messico e la Spagna, non dimentichi da dove vieni, Culiacán: sui social hai pubblicato un manifesto di speranza per Sinaloa, stato martoriato da una sanguinaria guerra narcos. Cosa rappresenta per te Sinaloa?
«È la mia gente, è la mia terra, è il luogo dove ricordare ciò che è importante nella mia vita. Per questo è un periodo davvero difficile: non ci sono parole per esprimere la mia tristezza. Le persone stanno soffrendo, hanno tanta paura e sono inascoltate. Ho realizzato un piccolo progetto artistico per dare speranza ai giovani: ora per loro è quasi impossibile avere sogni, inseguirli, perché la priorità è fuggire dalla violenza. Spero in un futuro migliore al più presto: ce lo meritiamo. Siamo brave persone e non siamo solo questo, siamo molto di più».