

Enea Bastianini
Enea Bastianini, la moto e le corse le conosce da che ha imparato a camminare. Per questo viaggia forte. Anche quando la sorte lo piglia a schiaffi. Smettere di crederci? Proprio no
Enea Bastianini arriva sul set accompagnato da papà Emilio. Capita spesso che siano insieme. Il babbo – lo chiama così con quell’accento romagnolo verace e un sorriso – lo segue in tutte le tappe della MotoGP. «In un certo senso è il mio migliore amico. È sempre stato il mio tifoso numero uno e da quest’anno ho deciso di averlo accanto in ogni weekend di gara. Però non ha smesso di lavorare: ai mercati, dietro il suo banco di intimo».
Mentre il fotografo sistema le luci per un altro scatto il pilota del Ducati Lenovo Team esamina gli outfit selezionati per lui. È il momento giusto per parlare di look. A colpirlo in particolare sono un pantalone di velluto e gli occhiali da sole Carrera Ducati 044/S, avvolgenti e aerodinamici, della collezione a/i 2024-25. Sarà perché passa molto tempo strizzato nella tuta da gara in pelle, “Bestia” ama «i capi non aderenti e cambiare stile; dall’elegante allo street. I toni del blu, azzurro incluso, sono i miei preferiti».
Oltre naturalmente al rosso fiammante che indossa per lavoro – il colore simbolo della factory di Borgo Panigale – dal 2023, quando è entrato nel team ufficiale della scuderia emiliana. Il sogno di qualsiasi rider italiano. Enea Bastianini ne ha realizzati altri due, di sogni. Niente male, a 26 anni: «Il primo è stato diventare campione del mondo. Ci sono riuscito nella Moto2, nel 2020. È stato un periodo tormentato per colpa della pandemia, ma il titolo mi resterà per sempre impresso nella mente». L’altro desiderio avverato? Facile: correre con Valentino Rossi. «Non avrei mai immaginato di trovarmi sulla sua stessa griglia di partenza, invece è capitato parecchie volte ed è stato bellissimo».
Nato nella Motor Valley italiana, come tanti bambini della zona il fuoriclasse di Rimini (ora abita a San Marino) è cresciuto a pane e motore. A 3 anni e 3 mesi è montato in sella la prima volta e non è più sceso; il 33 sul cupolino – «nella classe regina ho dovuto sostituirlo con il 23, numero ricorrente nella quotidianità, perché il mio era già occupato» – si richiama proprio a quell’esperienza che gli ha rivelato il destino.

Una vita ad accelerare, staccare, accarezzare curve, toccare i 360 km orari e allenarsi senza sosta, perché dietro un Gran Premio di 45 minuti c’è una dedizione che dura tutto l’anno. Piscina, bicicletta, palestra alternate gli assicurano la forza fisica perfetta che un pilota deve avere. Per vincere la forza mentale resta la dote principale: «Devi essere determinato, la testa comanda sempre».
L’ha dimostrato l’anno scorso, «la stagione peggiore della carriera. Tre fratture a distanza di cinque mesi. Quando subisci diversi infortuni, non è semplice rimetterti in carreggiata. Non si incastrava niente, appena arrivava una piccola soddisfazione, seguiva una sberla. Che mi ha insegnato a prenderla con filosofia, dal fondo puoi solo risalire, e non devi smettere di crederci».
Enea Bastianini assomiglia all’eroe virgiliano: viaggiatore estremo, guerriero leale che si ribella alla sorte. «Qualche fissa, o scaramanzia che sia, mi ha aiutato a non abbattermi; per esempio, una routine con orari precisi nel weekend di gara: alle 11 essere pronto per la partenza della Moto3, oppure pensare a quale guanto avevo infilato nel turno buono di prove». Accenna anche a «un pupazzetto portafortuna un po’ vecchiotto che tengo nello zaino, ovunque vada». Ma la descrizione non va oltre.
Collezionista di canne da pesca e sneaker (tra i vari oggetti raccolti negli anni) e goloso di pizza («posso permettermela grazie al metabolismo veloce, ma seguo comunque un regime alimentare»), ex tuffatore (era stato convocato nella Nazionale giovanile), il campione coraggioso ammette almeno una paura? «Da piccolo mi aveva spaventato il film ET, credevo che gli alieni mi avrebbero rapito. Poi agli extraterrestri mi sono appassionato: uno, insieme al 33, è nel tatuaggio cui sono più affezionato. Me lo sono regalato dopo l’esordio con podio nel Motomondiale. La fobia delle cimici, quella, al contrario, è rimasta».