Gabriele Esposito: la reinvenzione di se stesso
Dal trionfo ad Amici di Maria De Filippi come ballerino, al successo nella musica, la carriera di Gasbriele Esposito è una continua esplorazione di nuove dimensioni artistiche
Danzare, sembra facile. Mostrarsi oggi, per un ballerino, significa stare in bilico tra il desiderio di affermazione e la necessità di smarcarsi dall’etichetta che (molto velocemente) deciderà per te il sistema dello spettacolo. Gabriele Esposito ha attraversato questa tensione con la consapevolezza silenziosa di chi sa che la danza è disciplina ambivalente: merce di consumo facile o immersione (tentativi) nel contemporaneo. 1997, Torre Annunziata. Viene dalla provincia di Napoli, Gabriele. E la provincia dà e toglie «nella stessa misura», mi dice. Gli chiedo dei vantaggi. «In termini di determinazione. Sapevo che l’unica cosa che poteva darmi la possibilità di andare via era quella che sapevo fare, danzare, e sapevo di poterla fare bene». Riuscire per assenza di alternative: non l’unico modo, sicuramente il più efficace sul lungo periodo. Comincia all’età di sei anni. Inizialmente la sua cifra è l’hip hop, per poi dedicarsi alla danza moderna.

La sua partecipazione ad Amici di Maria De Filippi, nel 2015, segna la svolta nella carriera, culminando con la vittoria del 2016. È ancora un tema, qualcosa che ti chiedono, la partecipazione ad Amici? «Sì, è sempre la prima domanda, ed è successo ormai quando? Dieci anni fa?». Dopo il trionfo nel talent show, Gabriele prosegue la sua formazione con uno stage nella compagnia Ballet Preljocaj. Nel 2019 partecipa al film Un’Avventura e collabora con il coreografo Ryan Heffington per un progetto di Chanel. Nel 2020, è scelto per la campagna pubblicitaria di lancio di One Million, di Paco Rabanne. L’inizio della storia è la televisione. Il linguaggio muto della danza è diventato materia preziosa per i talent. La disciplina, affinata negli anni con la dedizione inflessibile che ogni performer professionista conosce, esce dall’accademia, ultimamente. E preferisce un palcoscenico pop, insieme alla musica: prendi qualsiasi cantante, adesso può permettersi il lusso artistico della sola voce, perché non basta. Serve l’immagine, il corpo, la danza, la coreografia. Il grande pubblico scopre Gabriele nel 2015, in un contesto che può trasformare il talento in un marchio oppure in una categoria. Per chi esce da quei meccanismi, il rischio è doppio: restare un prodotto da palinsesto, riconosciuto più per l’etichetta che per la sostanza, oppure considerare la strada alternativa – quella della scoperta, dei tentativi diversi, davanti a un pubblico che però guarda sempre con sospetto a chi ha trovato il successo molto in fretta. Come ci si salva? «Ho bisogno del cervello attivo sempre, mi annoio troppo facilmente».

Mi spieghi che vuol dire cervello attivo? «Devo cambiare, fare altro, sperimentare. Per questo dalla danza alla moda, fino alla coreografia». La sua capacità di reinventarsi e di esplorare nuove dimensioni artistiche rende Gabriele il tipo di cui si comincia a parlare, nel panorama della danza contemporanea italiana. Non soltanto. Nessuna comoda collaborazione a tempo determinato, ha lavorato per una carriera che andasse oltre il ruolo di “ex vincitore di”. È tornato a studiare, ha approfondito la ricerca fisica, ha spostato il focus dal palcoscenico mediatico al linguaggio corporeo in forme diverse. La danza, per lui, non è solo accontentare il virtuosismo del corpo, ma una forma di racconto. Lo fa in un periodo in cui il corpo è in picchiata inflazionistica. Non si distingue il vero dal falso, è costantemente filtrato, manipolato, editato e giudicato. Gabriele si mostra senza pudori ,né costruzioni artificiose, ma con una naturalezza che è, di per sé, un atto politico di disinteresse, per quello strumento in sé. Ne parla come un accessorio. «Una volta – ero più giovane, meno consapevole – ne ero ossessionato. Poi si smette» Il corpo danza, è quello che deve fare. La nudità, la tensione muscolare non sono pose estetizzanti, ma il manifesto di un talento che non può prescindere dalla materia di cui è fatto: fatica, nervi, respiro. Cosa cambieresti ora, di quello che hai?

«Niente, assolutamente. È un periodo talmente buono che ho paura di muovere qualsiasi cosa». Almeno dammi qualche idea a media scadenza. «Una famiglia, sicuramente. Vorrei una famiglia nei prossimi anni». E il lavoro? «L’unico obiettivo è di sentirmi libero di fare quello che voglio. Cambierò ancora tantissimo, sono sicuro». Parallelamente, il suo percorso personale ha assunto una dimensione sempre più pubblica, in un modo che si discosta dalle strategie di costruzione dell’immagine a cui il mondo dello spettacolo ci ha abituati. La sua relazione con Andrea Pappalettera, altro talento della danza, si è sviluppata senza le forzature della narrazione mediatica. «Viviamo a Parigi». Cosa ti piace, di Parigi? «Come sono riuscite a stare insieme culture diverse. Idee diverse. Se io mi sposerò sarà lì. E sarà lì perché non voglio avere i problemi che troverei da noi».
E l’America? «Sì. Due anni a Los Angeles, magari. C’è sole, per un metereopatico come me sarebbe l’ideale». Ride, poi ridiventa serio: «Sono cresciuto ossessionato dall’American Dream. Ma ora che ci sono stato più spesso, inizio a vedere quello che non mi piace. È sotto gli occhi di tutti. Certo, un palcoscenico come quello delle grandi produzioni è il massimo cui si può aspirare». Oggi, mentre si muove tra progetti indipendenti, Gabriele Esposito incarna una nuova generazione di performer per cui la danza non è solo un prodotto da consumo. Penso si possa smettere di parlare di riscatto post-talent, visto che ha cercato la via più difficile, e la meno battuta: ricominciare da un’altra parte, non da zero ma da altre coordinate, e senza chiedere permesso per mostrarsi interessato a fare altro. Sembra dire, questo ragazzo: quando scoprirete che non ero capace, avrò già imparato.
Fotografo: Adriano Russo
Stylist: Edoardo Caniglia
Fashion Contributor: Valentina Volpe
Stylist assistant: Jacopo Ungarelli
Grooming: Astor Hohxa @Blend, hair using Davines, make up using Confort Zone.