James McAvoy

James McAvoy

«Non amo le mezze misure», dice chiaro James McAvoy, «altrimenti non mi ci metto neanche». C’è da credergli guardando come dà volto e vita a personaggi sempre complessi e affascinanti

di Chris Sullivan

«È grottesco? Certo. È una persona per bene? Sicuro. È completamente fuori di testa? Naturalmente. È uno sciovinista? È un esempio di mascolinità sana? O di mascolinità tossica? È un buon marito, è un uomo cattivo?», si chiede concitatamente James McAvoy mentre prendiamo posto in un locale di dubbia reputazione nella zona nord di Londra.

Ovviamente, non si tratta di semplici elucubrazioni arbitrarie rivolte a un qualsiasi cliente del bar: McAvoy sta riflettendo sulla psiche di Paddy, il personaggio che interpreta magistralmente nel suo ultimo film, Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti. Remake del thriller danese del 2022 diretto da James Watkins – che aveva fatto accapponare la pelle a molti ignari spettatori con Eden Lake nel 2008 – Speak No Evil è un thriller impeccabile e travolgente, che non dà tregua neanche dopo essere usciti dalla sala.

«Paddy, per quanto maligno e controverso, è un tipo molto gradevole. Ama il suo lavoro e divertirsi, e anch’io mi sono divertito a interpretarlo», ridacchia maliziosamente l’attore. «È un uomo normale in un mondo di matti oppure è un matto in un mondo di persone normali?». Qualunque sia la risposta, non c’è niente che possa prepararvi alla vulcanica interpretazione di James McAvoy che, sulle orme di De Niro in Cape Fear – Il promontorio della paura, diventa sempre più grosso e malvagio al punto che, alla fine della proiezione, si ha paura che il suo testosterone, aggressivo e incontenibile, possa squarciare lo schermo e mordervi nelle parti intime.

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Tutto Gucci

«All’inizio ho cercato di rimanere il più gracile e delicato possibile», racconta, ora che è in forma smagliante. «Ma, man mano che andavamo avanti, ho volutamente incrementato la mia massa muscolare; mi pompavo prima di ogni ciak, fino al punto che, alla fine, Paddy è completamente assetato di sangue e scoppia di ferocia. È un bastardo carismatico che fa morire di paura. Sono cresciuto circondato da persone come lui: le riconosci e ne stai alla larga».

James McAvoy sa di cosa parla. È nato nel 1979 a Glasgow. Il padre James (autista di autobus diventato poi muratore), la madre Elizabeth (infermiera psichiatrica) si separarono quando lui aveva 7 anni: il padre sparì nel nulla e la madre si ammalò, così i nonni materni accolsero il piccolo e lo allevarono nel famigerato, violento quartiere di Drumchapel, alla periferia di Glasgow, allora noto come “la capitale degli omicidi dell’Europa occidentale”. «Era un posto difficile, ma lo amavo», ci tiene a specificare.

«I miei nonni erano fantastici. Mi hanno fatto capire che avevo il diritto di perseguire qualsiasi obiettivo, ma a una sola condizione: lavorare sodo. Erano anche consapevoli della pericolosità di quelle strade; per questo non mi hanno permesso di uscire la sera fino ai 16 anni, e hanno fatto bene. Tuttavia quella sensazione di essere intrappolato e limitato ha acceso in me il desiderio di evadere e realizzare qualcosa».

James McAvoy
Giacca Dolce&Gabbana

Tale era il desiderio di fuga che, a 15 anni, la sua ambizione era diventare un missionario cattolico. «Proprio così, soprattutto perché avrei potuto andare all’estero e lasciare Drumchapel», spiega con un accento che gli anni vissuti nel sud dell’Inghilterra non hanno scalfito. «Ma allo stesso tempo ho iniziato a fare qualche progresso con il sesso opposto, il che mi ha fatto capire che non sarei riuscito a rimanere celibe per il resto della vita».

Quando l’attore e regista scozzese David Hayman fece visita alla sua scuola, McAvoy, con una buona dose di audacia, gli chiese un lavoro, che si concretizzò in una parte nel film The Near Room. Inizialmente il ragazzo delle case popolari non era particolarmente interessato alla recitazione, ma, dopo essersi preso una bella cotta per la sua co-protagonista Alana Brady, decise di continuare, finché non si arruolò nella marina militare.

Fortunatamente per noi cinefili, in seguito gli fu offerto un posto alla Royal Scottish Academy of Music and Drama per studiare recitazione, dove si laureò nel 2000 per poi gettarsi a capofitto nel settore. Ha vestito i panni di un soldato in Band of Brothers – Fratelli al fronte (2001), di un giovanotto dell’alta società in Bright Young Things di Stephen Fry (2003) e di Steve McBride, un giovane medioborghese del sud dell’Inghilterra in Shameless, la fortunata serie di Channel 4 ambientata in una squallida periferia di Manchester.

James McAvoy
Maglia e pantaloni Zegna, orologio Rolex Oyster Perpetual Milgauss

Forrest Whitaker lo scelse per il ruolo del medico di Idi Amin ne L’ultimo re di Scozia, lanciando così la sua carriera; ha interpretato un avvocato americano in The Conspirator, diretto da Robert Redford e, successivamente, ha vestito i panni di un uomo con 23 personalità diverse in Glass, di M. Night Shyamalan.

Ma qual è l’interpretazione che ha dato più soddisfazione a James McAvoy? «Oddio, non saprei», sospira, prendendosi la testa tra le mani. «Ho lavorato per dieci anni ai vari X-Men, perciò è lì che ho stretto i legami più intensi con la troupe, il cast e i produttori. Ma il film in cui mi sono divertito di più, sia a livello professionale sia umano, è stato Espiazione, con Keira Knightley. Sì, direi Espiazione e Filth. Il primo è probabilmente la miglior storia che abbia mai raccontato, mentre Filth è il prodotto più soddisfacente dal punto di vista artistico».

Non sono sorpreso da queste due scelte così diverse tra loro. In Espiazione interpreta il morigerato figlio della governante che si innamora della giovane padrona di casa; ingiustamente condannato per stupro, viene mandato al fronte durante la Prima guerra mondiale, per poi morire di setticemia. In Filth, basato sull’omonimo romanzo di Irvine Welsh, interpreta l’agente di polizia Bruce Robertson, un detective sociopatico e alcolizzato che tormenta la moglie del suo migliore amico con una serie di telefonate anonime a sfondo sessuale, abusa senza pietà di una studentessa adolescente e consuma un quantitativo di droghe tale da far tremare il narcotraffico statunitense.

James McAvoy
Maglia e pantaloni Ferragamo

Naturalmente, McAvoy è impeccabile in entrambe le pellicole, esprimendo al massimo il suo talento e bucando lo schermo. «Non amo le mezze misure», sottolinea, strofinandosi la barba. «Devo sempre raggiungere il mio obiettivo dando il massimo, altrimenti non mi ci metto neanche. Non scendo a compromessi. Così, oggi cerco di passare più tempo con la mia famiglia (ha due figli: uno con la coprotagonista di Shameless, Anne Marie Duff, dalla quale ha divorziato nel 2016, e l’altro con l’attuale moglie, Lisa Liberati, ndr), perché non voglio vivere in funzione del lavoro. L’industria cinematografica è meravigliosa e mi ha regalato una vita incredibile, ma è davvero estenuante. Non posso vivere per girare un film su un dannato set nel mezzo del dannato Parco Nazionale di Snowdonia (nel nord del Galles, ndr) alle quattro del mattino.

Il pubblico vede solo le immagini delle prime cinematografiche, perciò pensa che il cinema sia tutto luci e lustrini; in realtà non c’è niente di glamour durante le riprese: o stai congelando e devi fingere di avere caldo, o crepi dal caldo e devi fingere di essere a una temperatura normale; sei asciutto e devi fingere di essere bagnato, o sei bagnato e fai finta di essere asciutto. E intanto tiri avanti con le maledette patate al forno, un po’ di carne in scatola e qualche focaccina».

Un’ultima domanda. Quale consiglio darebbe al suo io adolescente? «Sii ottimista e trova il lato positivo in ogni situazione, sprigiona energia positiva, sii una brava persona e divertiti. A quel punto, le cose buone arriveranno da sole».

In apertura James McAvoy indossa tutto Gucci. Photos by Neil Gavin, styling by Fabio Immediato. Grooming: Tara Hickman. Styling assistant: Rafaella Giraldo.