Emis Killa: “Con EM16 voglio riportare l’hip hop alle sue radici”

Emis Killa: “Con EM16 voglio riportare l’hip hop alle sue radici”

Emis Killa, pilastro del rap italiano classe ’89, racconta a Icon EM16, celebrazione dell’hip hop che lo vedrà sul palco accompagnato da ospiti d’eccezione dal mondo del rap. Appuntamento il 10 settembre 2025 a Fiera Milano Live, data evento prodotta da Friends and Partners e Vivo Concerti

di Maddalena Villa

Nel 2024 hai festeggiato i 15 anni di carriera con il concerto EM15, un successo. Come nasce EM16

I 15 anni sono stati una scusa per celebrare l’hip hop. Ho voluto portare sul palco tutti gli elementi che hanno caratterizzato il mio percorso. Vedo i concerti EM come una jam nel mainstream: alla fine, tutti quelli che hanno fatto numeri nel rap e sono diventati popolari non hanno mai tributato l’hip hop in questo modo, ognuno fa il suo, pensa a sé. EM16 è una celebrazione dell’hip hop, un tributo. Oggi se vai a un evento rap trovi una sorta di festival, ma manca il writing, il freestyle: tutto quello che rende l’hip hop ciò che è. Fosse stato per me, avrei messo pure la breakdance e un DJ.



Darai spazio ad altri artisti, cosa non scontata nel panorama musicale. Cosa significa fare da anfitrione per voci vecchie e nuove?

Voglio rendere lo show unico e dinamico, senza momenti di vuoto, regalando qualcosa di diverso al mio fan, quello che ama la mia musica, ma apprezza anche quella d’altri. Ci saranno 20 artisti in una sera, ognuno farà un pezzo suo e il privilegio sarà vederli tutti insieme su un unico palco. Una cosa simile l’aveva fatta Hip Hop TV, ma con così tanti ospiti in un’unica serata non si è mai visto. Non ho la presunzione di “salvare l’hip hop” o roba del genere. Questo concerto lo faccio per divertirmi, senza imposizioni. 

A questo punto della carriera, cosa ti fa ancora “sentire fame” come agli inizi?

L’evento dell’anno scorso è stato molto emozionante, una di quelle cose che ti fanno sentire il “re di Milano” per una sera. Più che la fame di fare numeri, ho la voglia di fare bella musica. Quando scrivo una canzone non vedo l’ora di farla ascoltare a tutti. Vado a periodi, ora sono in un momento buono, stanno uscendo belle cose. Sento che la mia musica sta invecchiando bene. Non pretendo di inseguire l’ultimo suono del momento: non posso rappare come i ventenni, faccio musica da trentacinquenne che rappa da vent’anni. Però credo di poter dire di averlo fatto bene.


Che cosa speri sarà il contest finale di freestyle Cypha Killa?

Sarà organizzato con Mastafive, pioniere in questo ambito: ci saranno 16 partecipanti, selezionati da ritrovi spontanei di freestyle in 10 regioni d’Italia, una giuria, il mio pubblico, un palco vero. Ci sarà anche un premio in denaro. Vedo il freestyle come un primo gradino verso la carriera; la mia visione è: affermati come freestyler del momento, poi impara a fare musica e vai avanti. Per me resta comunque una realtà rilevante ancora oggi.

Il rap è un genere che ha sempre raccontato, soprattutto nel tuo caso, i luoghi dove nessuno vuole guardare. È ancora una necessità? 

Sono realtà che esistono e non vanno ignorate: penso alla musica di rapper giovani come Simba o Baby Gang che hanno una presa fortissima sugli adolescenti. I ragazzi si vestono e si atteggiano come loro. Vengono spesso criticati, come facevano con me quando dicevano che con la musica davo una cattiva influenza. Il giovane non diventa qualcosa con la musica, forse invece si rispecchia in qualcosa. Questo dovrebbe far riflettere: perché i giovani sono così incazzati e devono esprimersi con violenza? Io sono cresciuto in ambienti così, il disagio della periferia mi fa sentire a casa. Va colta l’opportunità per guardare questo ambiente e capirci qualcosa di più. 


Essere rapper è un misto di tecnica, visione e identità. Come si sono evolute per te queste componenti e cos’è più importante adesso?

Tecnica, visione e identità sono per me le stesse cose che contavano già anni fa. Io sono un po’ nerd, mi piace fare le cose bene, che sia musica, cucina o un’altra passione. O fai le cose bene o non le fai, questo per me è la tecnica. L’identità è la cosa più importante, quella che paga di più; penso ai rapper che stimo molto: non sono magari nerd dell’hip hop ma hanno un’identità e un’attitudine fortissime. Oggi se hai carisma e sei autentico ce la fai. Non dico che una cosa sia meglio dell’altra, non basta solo tecnica o solo identità per diventare memorabile. Bisogna però essere coscienti del proprio potenziale. La mia visione è stata capire che nell’ambiente rap ero l’unico che veniva dai club e non si vestiva da rapper: quello era il mio punto di forza. Ho sempre avuto chiaro chi sono, che i miei pezzi d’amore erano i più forti, ho spesso parlato di donne, e alle donne: questa è una cosa che ha segnato la mia carriera. La coerenza con la propria identità è tutto: sii te stesso, non forzare un’immagine che non ti appartiene. Penso di aver mantenuto la mia identità: oggi faccio una musica meno arrogante, ma sempre mia. Chi comprava i miei dischi allora, secondo me li compra ancora.


Cos’è, per uno che l’ha vissuta alla grande, la cultura hip hop?

Non è definibile, è come il carisma: ce l’hai o non ce l’hai. Non basta ascoltare rap, è un modo di vivere. Vuol dire sentirsi liberi, non avere regole, vivere d’istinto, alla giornata. Non puoi essere rigido, devi essere cool. In senso canonico ci sono dentro freestyle, graffiti, ballo… ma più che altro è uno spirito.

Ho incontrato tanta gente brava solo a farsi vedere e a promuoversi, ma senza fare davvero nulla di veramente hip hop. Io sono innamorato di questa cultura, ci dormo sereno perché chiunque frequenti questo ambiente riconosce il contributo che ho dato e soprattutto il modo vero in cui lo faccio. Ho sempre avuto rispetto per la scena. La cultura hip hop non la spieghi, la vivi.  

Nella foto di apertura Giacca e tank top Dsquared2, jeans Versace, orologio Rolex. 
Nel servizio: Giacca e camicia Versace, orologio Rolex. 
Photography: Adriano Russo
Fashion Director and stylist: Edoardo Caniglia
Makeup: Cosetta Giorgetti  @Blend Management using Violette Fr
Hair: Claudio Trevisan
Styling assistants: Jacopo Ungarelli, Miriam Perego