Tutte le cose intorno a Settembre

Tutte le cose intorno a Settembre

Ha vinto Sanremo Giovani a 23 anni, ma la gavetta di Settembre è cominciata dieci prima. E quando parla l’esperienza e la maturità si sentono. E arriva in profondità

di Ester Viola

Per le sue canzoni prende ispirazione da tutto quello che lo circonda, a cominciare dagli amici. Ha un viso gentile, sembra perfino più indietro dei pochi anni – poco più di venti, è del 2001 – che ha. Solo che la voce graffia. E il carattere si lascia intuire subito: gentilezza, ma fermissima. Infatti, appena inizia a parlare, smetti di vedere i vent’anni e inizi a sentire l’esperienza. E ti sorprendi, perché sono riflessioni così adulte, così mature, che ci si chiede dov’è il ragazzo che hai visto prima. 

A 12 anni già canta in tv, e sarà una lunghissima gavetta di talent quella che lo porterà, più di dieci anni dopo, a vincere Sanremo Giovani con Vertebre, un brano che sembra una risonanza emotiva collettiva. Di una generazione intera. Nel mezzo: musical, radio, l’insistenza. E poi le lacrime e un pubblico che all’improvviso si accorge di lui.

C’è qualcosa di nostalgico nella sua estetica: occhi da bellezza antica, pulita, pochissimi spigoli e vestiti un poco grandi. Nelle sue canzoni ha deciso che racconterà quello che vive – il rapporto con i social, le amicizie vere, le notti in bianco, le paure e le gioie di crescere a volte troppo in fretta, a volte non abbastanza velocemente.

Lo incontriamo un mese dopo la sua vittoria al Festival di Sanremo tra le Nuove Proposte con “Vertebre”, un brano che sembra una risonanza emotiva collettiva. Di una generazione intera. “C’è un punto della canzone, dove ci sono delle voci. Non ho mai raccontato davvero di chi sono”. Chi sono ce lo svela in questa intervista, in cui ci parla della musica, dei dubbi e di Napoli, dove sarà domani per una tappa fondamentale del suo primo tour. Ovviamente sold out.


Total look Burberry

Gli ho chiesto di che domanda si è stancato, e mi ha risposto con un sorriso come l’acqua: «Spiegare Vertebre». Così gli ho risparmiato l’ennesima analisi del testo. Intanto, quel brano, oltre a vincere nella categoria Nuove Proposte, ha ricevuto il Premio della Critica Mia Martini, il Premio della Sala Stampa Lucio Dalla nella stessa sezione e il Premio Enzo Jannacci per la migliore interpretazione. Non è esattamente poco, è chiaro che poi gli si chieda qualche approfondimento. Settembre ride e concorda. I testi degli esordienti una volta parlavano d’altro – aggiungo – di delusioni ma diverse.

Vertebre dice “giochiamo a fare i grandi e poi piangiamo all’università”. Invece una domanda che ti avrebbe fatto piacere sentire e non ti hanno mai fatto? «C’è un punto della canzone, dove – è un po’ dopo il primo ritornello – ci sono delle voci. E nessuno mi ha mai chiesto di chi sono». Di chi sono? «Sono voci mie e dei miei amici durante un viaggio a Tenerife, in estate, l’anno scorso, ed erano degli spezzoni di alcuni video, presi mentre stavo vloggando la vacanza. Erano bei momenti. E per me erano un punto chiave. Trattandosi, secondo il mio punto di vista, di un brano generazionale, mettere le voci e le risate dei miei migliori amici per me significa tanto». Prendi tanto dagli altri? gli chiedo: «Sì, moltissimo. La frase di Vertebre “Che poi stare qui con te è come perdere la dignità” è di una mia amica. È dalle cose che mi stanno intorno che prendo l’ispirazione». Si fa così per scrivere, si ruba dalle vite degli altri. Piacerebbe molto Flaiano a Settembre. Il diario degli errori. Specie la vena malinconica. Certo, lo sta facendo a 23 anni. 


Total look Louis Vuitton

Com’è sentirsi tutto questo peso addosso? Immagino che qualcuno – tu – che è riuscito a reggere una gavetta così lunga, alla fine, e i talent non sono un divertimento, è competizione, abbia una tempra, spalle già forti. Quindi credo che quella sensazione esacerbata della gioventù incerta, che appartiene a questa generazione, tu sia riuscito a scansarla. Questo è un mestiere che non si fa senza energie, senza una robustezza – aggiungo. «È verissimo» mi dice. «Ci vuole un po’ di cazzimma. Sembra retorica, ma è così. Io sono grato anche ai talent, anche quando è andata male. Ti forgia, quella roba lì». Quando hai capito che ci saresti riuscito? «Non l’ho mai capito. E secondo me non bisogna mai capirlo per avere quella fame di farcela, sempre».

Alla domanda inevitabile , cioè qual è la parte peggiore del mestiere?, risponde: «Le aspettative degli altri. Sono tante, sono alte. Non la sento la pressione, ma sento che c’è». Pressione a fare cosa? «A fare meglio. Sempre meglio. Soddisfare dei numeri. So che c’è, questa cosa». E i social? Aiutano o rovinano? «A me hanno aiutato. Sono un megafono, fanno arrivare la tua musica a chiunque. Uno spotlight, una cassa di risonanza che fa arrivare la tua voce dappertutto». E Napoli? La usi, quella lingua. E non sei il solo. Ed è straordinario come un dialetto abbia preso la forza dell’ascolto massiccio, pop.


Total look GCDS

Che significa Napoli in una canzone? «Per me significa verità. Non c’è per me un modo più vero di esprimere un concetto se non in napoletano. Non lo so perché. Forse è nel dna che abbiamo». Prendiamo una frase del napoletano. Dimmi la tua. Prima mi hai nominato la cazzimma. «È un senso di rivalsa. Di volercela fare. Quella è una cosa che mi hanno detto che avevo. È una furbizia buona. La mia frase preferita invece è “a cammisa che nun vo’ sta c’ te, pigliala e stracciala”. (la camicia che non ti sta bene, prendila e strappala, nd.r.). Riguarda il modo in cui ti fanno sentire alcune persone. Se sei con qualcuno che si fa desiderare, non vuole stare con te, allora non devi rincorrere, è inutile».

Settembre è lo stile – educato, rispettoso, elegante – che si fa mestiere. Non è un rivoluzionario, non deve portare l’ennesimo nuovo beat che travolge tutto. È un ragazzo che scrive canzoni per raccontare quello che succede. Parla piano, per questo forse arriva più in profondità. E per questo – sono certa – è così amato. Perché se il mainstream migliore per la discografia è musica urban, lui preferisce evitare il cedimento commerciale e si mette a scrivere – bene – di fragilità. È l’epoca adatta, questa, per cantare di colonna vertebrale. È un buon momento, per essere Settembre.

Fotografo: Adriano Russo, Fashion Director and stylist: Edoardo Caniglia, Make up: Valentina Raimondi @Interlude Project using Valentino Beauty v-lighter, Hair: Manuel Ian Farro @Interlude Project 
Fashion Contributor: Valentina Volpe, Styling assistant: Emily Cervi