Non sono solo un rapper

Non sono solo un rapper

Artie 5ive scrive pezzi e scala le classifiche, ma fa anche molto altro, come racconta in questa intervista a tutto campo, in esclusiva per Icon, proprio in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo Milano Testarossa

di Silvia Magi

Con sei dischi di platino e sei d’oro, in testa alla classifica di Spotify con 00, Artie 5ive è già un protagonista della scena rap italiana. Ma sta crescendo ancora, e ce lo mostrerà col suo disco in uscita, Testarossa. In un percorso di maturazione che trascina con sé anche i ragazzi del suo quartiere milanese, Bicocca. 

Come nasce la tua musica?  

Siamo spesso in giro, allora mi ritrovo a scrivere e a lavorare in hotel, in macchina. Prendo il microfono, le casse, montiamo l’home studio in una camera d’albergo o dove capita, e lavoriamo. 


Parlaci del processo creativo.  

Scrivo moltissimo. Magari ascolto della musica mentre sono in viaggio e mi viene un’idea e scrivo qualcosa, o un ritmo che mi segno sul registratore del telefono. Oppure sono in studio con Ddusi, il mio produttore, che sta lavorando a una melodia, e mi viene in mente un motivetto e lo scrivo. A volte invece è un flusso di coscienza. Magari c’è una strumentale che è dritta con un piano suonato e una batteria semplice, e allora lì mi lascio andare. 

E per i testi?

Alcuni mi dicono che non faccio le rime. Le mie sono soprattutto assonanze, perché preferisco far suonare le parole bene, piuttosto che forzarle per una rima. Preferisco dare un senso non solo al periodo ma a tutto il verso, a tutta la strofa che dall’inizio alla fine racconta una storia. Per altri rapper è importante essere riconosciuti per la ricchezza del rimario, a me interessa il vocabolario. 

Parlaci dei nuovi singoli che stanno uscendo proprio in questi giorni. 

Testarossa è una traccia cui stavo lavorando quest’inverno e che riprende sonorità gangsta rap anni 90. Quel suono che è stato plasmato da Dr. Dre e rappresenta un omaggio al primo rap che ho ascoltato, con cui sono cresciuto. Ho scelto Guè per il featuring perché per me, in questo ambito in Italia, rappresenta l’O.G. (original gangster, ndr). In questo pezzo parliamo di Milano ai ragazzini ma anche agli adulti cresciuti con Guè, il gangster rap americano e il mito della piazza e che vanno al lavoro la mattina e si pompano Testarossa per superare la giornata. 


In uno dei tuoi versi dici “mentirei se ti dicessi che sono solamente un rapper”. Cos’altro sei? 

In Italia il rapper è visto come uno che scimmiotta gli americani cantando su una base, che non ha un messaggio o ha un messaggio negativo. L’arte del rapper è svalutata. Quindi ci ho tenuto a dire che sì, faccio delle canzoni di un certo tipo, ma faccio anche altro. Ho un team di ragazzi con cui lavoro e che sono i miei amici, il 5ive Star Team, c’è la mia etichetta, Trenches Records Ent., e il mio management GAS. Sono realtà fatte in strada da ragazzi che con l’impegno, avendo voglia di “svoltare”, fanno una cosa con una visione all’interno della scena rap italiana, e man mano espandendosi verso quella internazionale. 

In altri ambienti chi arriva a un risultato si arrocca…

 L’invidia, la gelosia derivano secondo me dalla paura di ciò che non conosciamo. Con tutte le persone di cui mi sono circondato, ormai siamo allineati su una visione unica. È quello che dovrebbero fare tutti in questo paese.


Passando alla tua immagine, come crei il tuo stile?

Mia madre è sarta, quindi sono cresciuto tra cartamodelli e macchine da cucire. Vestirmi mi è sempre piaciuto, fin da ragazzino, ma non avendo possibilità economiche mi ingegnavo, mi mettevo accessori strani. Crescendo, grazie anche al confronto con i coetanei, ho iniziato a sviluppare un mio stile. Vestivo con pantaloni oversize, influenzato dai rapper e dall’evoluzione dello streetwear di lusso. Adesso che lavoro anche con brand giganti, penso che davvero la musica ti porta ovunque. Seguo le pagine delle griffe, guardo le sfilate: l’algoritmo me le propone in automatico, mi conosce. 

Quindi anche la moda è una tua passione. 

Volevo fare il moderato, (ride, ndr), ma sì, in realtà sono abbastanza fissato.