Nicolai Marciano racconta il successo di Guess Jeans a un anno dal lancio. L’intervista 

Nicolai Marciano racconta il successo di Guess Jeans a un anno dal lancio. L’intervista 

di Giulio Solfrizzi

A un anno dal lancio del marchio, non si parla più “solo” di jeans. Ora si punta all’espansione su più livelli. Ne abbiamo discusso con Nicolai Marciano

Nicolai Marciano è un talento della moda contemporanea che sa cogliere le necessità dei giovani e soprattutto le richieste del pubblico in costante mutamento. L’espressione «è di famiglia» gli si addice: lui, figlio di Paul Marciano, tra i fratelli fondatori di Guess negli anni 80, dimostra che certe capacità si ereditano. Intanto, quel decennio sinonimo di edonismo, quando è nato il brand padre ed era ormai palese il successo dei Marciano, resta un riferimento imprescindibile per Nicolai. Che di anni ne ha 28 e di esperienze molte, ma molte, di più. 

Le radici di Guess nell’ambizioso Guess Jeans

Da oltre quarant’anni, Guess si è radicato nella storia come innovatore del denim, avendo rivoluzionato l’industria con i primi jeans stonewashed nel 1981. Però, il tempo passa e le generazioni si susseguono per cambiare ciò che già c’è di buono. E infatti, Nicolai Marciano, Chief New Business Development Officer, ha deciso di stabilire con Guess Jeans un nuovo standard per il denim, grazie ai suoi processi di produzione e ai trattamenti responsabili resi possibili dalla tecnologia GUESS AIRWASH™, realizzata con Jeanologia. Ne abbiamo parlato con Nicolai Marciano a Firenze, nello stand dedicato al brand che rappresenta i suoi valori, tra un capo della collezione autunno inverno 2025 e un accessorio firmato. 


Nicolai Marciano

L’intervista a Nicolai Marciano, Chief New Business Development Officer di Guess Jeans

Torniamo indietro di un anno: all’edizione 105 di Pitti Uomo è stato lanciato Guess Jeans. Cos’è cambiato da quel momento ad oggi?

«Siamo tornati qui nello stesso posto, a Firenze, dove abbiamo avuto la nostra mostra sui Next 40 Years of Denim, che presentava la storia del marchio negli ultimi 40 anni e la strada che stiamo percorrendo. In un anno, abbiamo aperto sette negozi in tutto il mondo. Questo in gran parte d’Europa, ma stiamo anche guardando all’Asia e all’America. E la missione continua».

E poi?

«Ci sono un sacco di cose fantastiche che sono successe. Abbiamo iniziato con una collezione molto mirata e concisa all’inizio. Ed è davvero fiorita. In un certo senso, si è espansa e cresciuta. Penso che sia migliorata in termini di colore, di categoria, di stile, di merchandising. Siamo molto contenti di dove siamo ora, e continuiamo a credere nell’Italia e in Pitti Uomo, un ottimo posto per mostrare cosa stiamo facendo e per educare il consumatore».

Raccontaci invece la nuova collezione presentata all’edizione 107 di Pitti Uomo…

«La collezione è cresciuta. La prima era caratterizzata da tre vestibilità diverse, quattro lavaggi, un tessuto. Ora abbiamo dieci volte più tessuti e abbiamo esteso le vestibilità ben oltre. Ma penso che all’inizio fosse importante essere molto concisi nel trasmettere un messaggio, che per noi significava davvero mostrare la nostra eredità. Il denim è la nostra provenienza, e siamo stati in grado di reinventarlo e ricrearlo senza alcun sacrificio. Sai, non volevo iniziare questo nuovo percorso facendo troppo rumore. Volevo che fosse chiaro il nostro obiettivo».

Quali sono le ispirazioni della collezione autunno inverno 2025? 

«Siamo in una posizione fortunata in cui non abbiamo davvero bisogno di andare fuori per trovare ispirazione. Abbiamo così tanta storia, così tante campagne incredibili. Archivi di campagne, archivi di grafiche, archivi di abbigliamento, archivi di vestiario. Il 90% dell’ispirazione che abbiamo proviene dall’ecosistema dell’azienda. L’eredità incontra l’innovazione, detto molto semplicemente. Guess ha introdotto lo stonewashed nei primi anni ’80, e quarant’anni dopo stiamo cambiando di nuovo il paradigma in chiave sostenibile».

Guess Jeans subisce l’influenza della storia di Guess?

«Quello che stiamo facendo ora è un’espressione delle radici e degli inizi di Guess. Il nostro prodotto non esisterebbe se non ci fosse Guess. Per me, si tratta anche di mantenere viva in qualche modo l’eredità. Comunque lo stile dell’azienda si è evoluto in una versione più sofisticata diventando un marchio completo».

Photo: Rafael Pavarotti
Kai Isaiah Jamal per Guess Jeans

Spiegaci la tecnica GUESS AIRWASH™…

«Una parte importante di Guess Jeans riguarda GUESS AIRWASH™. Riguarda l’educazione del settore e poi, infine, l’educazione del consumatore su un nuovo modo di godersi ciò che è un classico. È cambiata la tecnica. Non tecnicamente, ma penso che ciò che è cambiato davvero negli ultimi 12 mesi è il modo in cui siamo stati in grado di estendere la capacità. Ora possiamo fare molto di più di quanto pensassimo di poter fare all’epoca: trattamenti come acid wash, gli effetti colorati sui jeans. Il nostro team di sviluppo prodotto è stellare, e lavorando a stretto contatto con Jeanologia è stato in grado di rompere molti limiti. Francamente ero sempre preoccupato di arrivare ad un punto in cui saremmo stati limitati».

È importante la sostenibilità per Guess Jeans?

«Sì. La nuova tecnica è sostenibile, più efficiente, fa risparmiare tempo. Ci sono molti attributi positivi legati a GUESS AIRWASH™, che non riguardano solo la sostenibilità».

Photo: Rafael Pavarotti
Gene Gallagher per Guess Jeans

Invece come ti sei innamorato della moda?

«Ho incominciato andando in azienda a 15 anni. Dopo la scuola, volevo lavorare sull’abbigliamento, e iniziare a fare un po’ di grafica, fare delle magliette. Ero molto curioso. E così, è nata la mia curiosità per il business. All’età di 16, 17 anni ho capito che volevo prenderla più seriamente, ed era importante per me. Eppure ho scoperto davvero quanto è complicato realizzare un prodotto, quanto è complicata la moda. Dovevo imparare prima, perché non voglio fallire in quello che sto facendo. E così, sono passato rapidamente dal lavorare sul mio progetto a capire qual è il processo di creazione di una maglietta o di un paio di jeans, la grafica, la spedizione, l’imballaggio, e tutto il resto. Il mio interesse si è rapidamente trasformato in una specie di passione e ossessione per il marchio, che prima non avevo così tanto».

Guess Jeans parla ai giovani?

«Riguarda la prossima generazione. Ed è così che mi approccio al prodotto, al tono di voce, alla comunicazione. Ci piace identificare individui giovani, cool, interessanti che pensiamo incarnino il marchio, che sia nello sport, nella musica o nella moda (ndr. il brand ha recentemente lanciato la campagna con ambassador del calibro del modello e attivista Kai-Isaiah Jamal, e del musicista e modello Gene Gallagher). Puntiamo però a mantenere un equilibrio tra la cultura più vicina al marchio e un’immagine contemporanea».

Abbiamo parlato di passato e presente, invece sul futuro di Guess Jeans cosa ci puoi svelare?

«Noi è come se avessimo stabilito le fondamenta del marchio. Vogliamo entrare nel mercato, dominarlo, e arrivare in posti diversi nel mondo. Guess Jeans è un progetto globale e l’Europa è stato il primo step, ma stiamo guardando all’Asia in modo serio. Soprattutto all’India, all’America Latina e al Messico. Ovunque. Immagino che il futuro del brand dipenda davvero da come ci stiamo avvicinando al resto del mondo e ai nuovi mercati, e da quanto ci stiamo addentrando in nuovi posti. Questo è il mio obiettivo principale».