Perché la Fast Fashion è dannosa per l’ambiente

Perché la Fast Fashion è dannosa per l’ambiente

di Gianmarco Tauriello

Ecco come la produzione di massa e il consumo eccessivo della fast fashion contribuiscono all’inquinamento ambientale, all’emissione di gas serra e alla creazione di rifiuti tessili

La moda veloce, o fast fashion, è diventata un fenomeno globale negli ultimi decenni. Caratterizzata dalla produzione rapida e a basso costo di abbigliamento per soddisfare le ultime tendenze, questa industria ha reso la moda più accessibile a milioni di persone. Dietro ai vestiti economici e alle collezioni che cambiano rapidamente, si nasconde però una realtà oscura: la fast fashion ha un impatto devastante sull’ambiente. È importante che i consumatori diventino più consapevoli dei loro acquisti e che l’industria della moda adotti pratiche sempre più sostenibili. Solo così sarò possibile ridurre l’impatto negativo della moda veloce sul nostro pianeta e creare un futuro più green.

L’impatto ambientale della produzione di massa

1. Consumo e inquinamento dell’acqua

La produzione tessile è uno dei settori industriali più assetati di acqua. Per esempio, la coltivazione del cotone, una delle materie prime principali dell’industria della moda, richiede quantità enormi di acqua. Si stima che per produrre una singola maglietta di cotone siano necessari circa 2.700 litri di acqua, l’equivalente di ciò che una persona beve in due anni e mezzo.

Oltre al consumo di acqua, la produzione tessile contribuisce significativamente all’inquinamento delle risorse idriche. Durante i processi di tintura e trattamento dei tessuti, vengono utilizzate sostanze chimiche tossiche che spesso finiscono nei corsi d’acqua, contaminando fiumi e oceani. Un esempio eclatante è il fiume Citarum in Indonesia, noto come uno dei fiumi più inquinati al mondo a causa dell’industria tessile locale.

2. Emissioni di gas serra

L’industria della moda è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di gas serra, più dell’aviazione e della navigazione marittima messe insieme. Questo è dovuto principalmente all’energia necessaria per produrre, trasportare e distribuire i capi di abbigliamento. I tessuti sintetici, come il poliestere, sono particolarmente problematici poiché derivano dal petrolio e rilasciano una grande quantità di CO2 durante la produzione.

Rifiuti tessili e problemi di smaltimento

3. Ciclo di vita breve dei capi

Uno dei principi cardine della fast fashion è la continua introduzione di nuove collezioni, che spinge i consumatori a comprare e disfarsi dei vestiti in tempi molto brevi. Questo comportamento ha portato a un aumento esponenziale dei rifiuti tessili. In media, ogni anno vengono gettate via 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, una cifra destinata a crescere se non si interviene.

Brand come Zara e H&M sono noti per il loro rapido turnover delle collezioni, con nuovi capi che arrivano sugli scaffali ogni poche settimane. Questo incoraggia i consumatori a comprare più spesso contribuendo al problema dei rifiuti tessili.

4. Microplastiche e inquinamento marino

Molti dei capi prodotti nell’ambito della fast fashion sono realizzati con materiali sintetici come il poliestere, che rilasciano microplastiche ogni volta che vengono lavati. Queste particelle minuscole finiscono negli oceani, dove vengono ingerite dalla fauna marina, entrando così nella catena alimentare e potenzialmente arrivando fino ai nostri piatti.

Problemi sociali e soluzioni sostenibili

5. Condizioni di lavoro sfruttatrici

Oltre all’impatto ambientale, la fast fashion ha anche gravi ripercussioni sociali. Molti dei capi economici che compriamo vengono prodotti in paesi in via di sviluppo, dove i lavoratori, spesso donne e bambini, sono sottopagati e lavorano in condizioni pericolose. Incidenti come il crollo del Rana Plaza in Bangladesh nel 2013, che ha ucciso oltre 1.100 operai tessili, hanno messo in luce le condizioni disumane di questa industria.

Brand come Primark e Forever 21 sono spesso sotto accusa per non garantire condizioni di lavoro adeguate e salari giusti ai propri operai.

Verso una moda più sostenibile

Per mitigare gli effetti negativi della fast fashion, è necessario adottare pratiche più sostenibili. Ecco alcune soluzioni:

  • Acquisti consapevoli: Scegliere capi di qualità che durino nel tempo, invece di seguire le mode passeggere. Brand come Patagonia e Eileen Fisher sono noti per la loro attenzione alla sostenibilità e alla qualità dei materiali.
  • Moda etica: Supportare marchi che rispettano l’ambiente e i diritti dei lavoratori. Stella McCartney è un esempio di brand che si impegna per la moda sostenibile, utilizzando materiali ecologici e pratiche di produzione etiche.
  • Second Hand e Upcycling: Acquistare vestiti di seconda mano o riutilizzare e trasformare i vecchi capi. Piattaforme come Depop e ThredUp promuovono la moda di seconda mano, riducendo la domanda di nuovi capi.
  • Riciclo e donazione: Riciclare o donare i vestiti che non si usano più, invece di gettarli via. Brand come H&M hanno iniziato programmi di riciclo per incentivare i consumatori a non buttare i capi inutilizzati.