

I tennisti si vestono di bianco? Sì, ma non sempre. Ecco la verità
C’è un po’ di disinformazione in giro. I tennisti non sono obbligati a vestirsi di bianco… eccezione fatta per Wimbledon. Ecco la vera storia di una regola che fa ancora discutere
Ma perché i tennisti si vestono di bianco? La risposta, a prima vista, sembra semplice: perché è una tradizione. Ma come tutte le tradizioni che resistono da più di un secolo, quella del total white nel tennis ha motivazioni che mescolano estetica, igiene e gerarchie sociali. Ma, al contrario di quel che si pensa, solo a Wimbledon è obbligatorio rispettarla. Ma partiamo dal principio.
L’origine del bianco risale alla nascita stessa del tennis moderno, nella seconda metà dell’Ottocento, quando divenne lo sport preferito dell’aristocrazia britannica. All’epoca, il bianco era sinonimo di purezza, freschezza e, soprattutto, ricchezza. Una questione un po’ elitista, dunque. Anche perché il bianco è difficile da mantenere e quindi tessuti come il lino e il cotone, facilmente sgualcibili e da lavare spesso, erano una dichiarazione implicita: chi li indossava poteva permettersi domestici, lavandaie e tempo libero.

Non solo: il bianco serviva anche a mascherare il sudore, ritenuto all’epoca indecoroso da mostrare. Il tennis nasce come sport elegante e cortese, dove persino la fatica andava occultata. Il bianco, riflettendo il calore, aiutava inoltre a mantenere freschi i giocatori, in un’epoca in cui non esistevano tessuti tecnici né condizionatori.
Wimbledon, l’ultimo baluardo (e la più rigida delle regole)
Oggi, quasi tutti i tornei del Grande Slam hanno abbandonato la regola dell’abbigliamento bianco. Ma Wimbledon no. Il torneo londinese, il più antico e prestigioso, è rimasto un fortino del dress code total white. E non parliamo di un bianco “a grandi linee”: il regolamento, rivisto nel 2014, richiede abiti “quasi interamente bianchi”. Niente off-white, niente inserti colorati, niente scarpe con suole sgargianti, come ha imparato a sue spese Roger Federer nel 2013, quando le sue sneakers con suola arancione furono bandite dopo il primo match. L’unico recente ammorbidimento? Dal 2023 le donne possono indossare pantaloncini scuri per motivi legati al ciclo mestruale, dopo anni di critiche su quanto poco inclusiva fosse la regola per le atlete.

Bianco sì, ma per chi?
Nonostante i cambiamenti, Wimbledon resta fedele al proprio codice. Per alcuni, è una questione di charme senza tempo; per altri, un anacronismo elitario. Andre Agassi, ad esempio, boicottò il torneo dal 1988 al 1990 per protesta. Anche oggi, piccoli dettagli – come l’elastico blu di un paio di boxer o un reggiseno color carne – possono costare un richiamo ufficiale.
Secondo Ben Rothenberg, autore di Tennis: The Stylish Life, Wimbledon ha trasformato questa rigidità in un tratto distintivo, una firma che lo rende diverso da ogni altro torneo. “Non sembra nessun altro evento”, ha detto. Ma le critiche non mancano. Anche perché, nel frattempo, la moda maschile ha osato molto meno: le polo bianche restano uno standard immutato, salvo qualche centimetro in meno sull’orlo degli shorts.
Il tennis è forse l’unico sport in cui il colore dell’abbigliamento racconta una storia lunga quanto quella del gioco. Una storia di classi sociali, convenzioni, rivoluzioni estetiche e battaglie politiche. Il bianco non è mai stato neutro. È un codice. E come ogni codice, continua a essere scritto, e riscritto, in ogni colpo di racchetta.
