Ziggy Stardust e Jack Halloween, il Thin White Duke e il detective Nathan Adler: tutte le tappe più importanti della carriera del Duca Bianco, ora con la mostra David Bowie is a Bologna

Nessuno ha influenzato la cultura popolare, la moda, la storia del costume, e ovviamente la musica, come lui: David Bowie, spentosi circondato dai familiari dopo una lunga e silenziosa battaglia contro il cancro, ha cambiato la faccia della musica contemporanea, e con essa anche la sua identità, producendo più alter ego di quanti sia possibile ricordare. 

La sua carriera e la sua pesante eredità è arrivata in mostra anche a Bologna, (al MAMbo fino al 13 Novembre) con l’imponente David Bowie is, exhibition itinerante partita dal V&A di Londra e passata da Berlino e Parigi prima di arrivare in Italia. A supportare la celebrazione del suo immenso guardaroba, dei memorabilia raccolti e catalogati dallo stesso Bowie, le cuffie di Sennheiser che consentono di ascoltare, a seconda delle stanze, i brani simbolici della carriera del Duca Bianco, da The Jean Jeanie a Rock’n Roll suicide passando per Ziggy Stardust. 

La prima delle sue vesti, quella che lo fa conoscere anche al grande pubblico Oltreoceano, arriva dopo l’incontro illuminante negli Stati Uniti con Andy Warhol, il guru della pop Art al quale aveva già dedicato una canzone dell’album Hunky Dory: il gusto per l’esibizione di una sessualità controversa, l’utilizzo dei media a proprio vantaggio, l’influenza dell’immagine, e poi anche l’incontro con Lou Reed e Iggy Pop, altri due profeti del glam rock, portano alla nascita di Ziggy Stardust, l’alieno con i capelli rosso fuoco e tutine attillate che atterra sulla Terra insieme al suo gruppo, quello degli Spiders from Mars (anche se poi Bowie ha successivamente provveduto a spiegare, che, degli alieni, Ziggy era semplicemente il messaggero umano, che ne capta messaggi attraverso la radio, scrivendo Starman come messaggio di speranza).

L’androginia, la mescolanza dei generi, la controversia sul suo orientamento sessuale, argomento spesso usato da Bowie solo per il gusto di scandalizzare, sono tutti argomenti tornati di grande tendenza, ma sdoganati già 40 anni fa dal performer che ha imparato il linguaggio del corpo dal regista Lindsay Kemp

La fase successiva, molto influenzata dalle letture orwelliane apocalittiche, è quella di Jack Halloween, camicie vittoriane con colli e maniche a sbuffo, benda sull’occhio e foulard al collo, con il quale si appropria delle tradizioni soul e funk americane, come nell’album Diamond Dogs, caratterizzato da un suono che lui stesso definisce “plastic soul”.

A rimanere però impressa, anche per l’elevatissima qualità musicale della sua produzione di quel periodo, è la trasformazione nel Duca Bianco, il Thin White Duke. Ad influenzarlo una passione per l’occultismo, oggetto di molte critiche e accuse di essere vicino alle filosofie destrorse, e un trasferimento a Berlino, fonte di ispirazione di tre dei suoi album più riusciti: Low, Heroes e Lodger. Completi monocromatici dai profili sartoriali, capelli ingelatinati e perfetti, la sua musica fonde il sound di gruppi come i Kraftwerk con un approccio minimalista, influenzato da compositori come Brian Eno.

La figura camaleontica del profeta è completa: con gli anni ottanta, infatti, Bowie assume un’allure (relativamente) più rassicurante, tre pezzi in colori shocking, dal rosa al giallo canarino, e accoglie con eleganza il successo commerciale di massa che la decade gli assicura, complici le collaborazioni con altre leggende, come con Freddie Mercury dei Queen con Under Pressure Mick Jagger in Dancing in the Streets e partecipazioni cinematografiche poi divenute iconiche (Absolute Beginners e Labyrinth).

 Gli anni novanta sono quelli della sperimentazione elettronica, dove assume le sembianze dell’ultimo dei caratteristi, il detective Nathan Adler, di cui scrive il diario nell’album industrial 1.Outside, cravatta allentata, camicia micro-check e Borsalino d’ordinanza

Poi l’annuncio del ritiro dalle scene, le apparizioni a sopresa, gli album di cover, fino al rientro sul campo del 2013, quando ritorna a giocare, con la stessa innocente ironia di sempre, sulla questione di genere, scambiandosi i ruoli con l’attrice Tilda Swinton nel video The stars are out tonight. Il titolo del suo ultimo album, Black Star, così come il singolo Lazarus, suonano oggi come un testamento dell’immensa eredità di Bowie.