Rugby: 5 curiosità che (forse) non conosci, ma ti faranno amare questo sport
Dal terzo tempo agli All Blacks: cinque storie e tradizioni che svelano il lato più affascinante e autentico del rugby
Se pensi che il rugby sia solo placcaggi, ruck e mete spettacolari… ripensaci. Dietro a ogni mischia c’è un mondo ricco di storia, valori e aneddoti affascinanti. Questo sport, nato per caso nel XIX secolo ma definito da regole morali e spirito di squadra, conserva tradizioni che lo rendono unico. Ecco cinque curiosità che forse non conoscevi, ma che potrebbero farti guardare il rugby con occhi nuovi.

1. Il terzo tempo è sacro (e si fa con gli avversari)
Nel rugby, il terzo tempo non è un optional, è una missione: dopo ogni partita, le due squadre si riuniscono per condividere pasti e brindisi, spesso unendo anche staff e tifosi. Un rito antico quanto il rugby stesso, simbolo di rispetto reciproco, fair play e senso di comunità. Nessun rancore in campo, solo rispetto fuori. È il momento in cui il risultato conta meno del senso di appartenenza a un’unica “famiglia rugbistica”.
2. Gli arbitri si chiamano “Sir”
Nel rugby l’arbitro è una figura sacra, e dal campo all’amatoriale tutti lo chiamano “Sir”. Un segno di rispetto che va radicato nell’etica del gioco: nessuna contestazione plateale, nessuna mancanza di rispetto. Il regolamento non basta: il vero arbitro è custodito dal “spirito delle leggi”, dove disciplina e rispetto sono valori da difendere tanto quanto una meta.

3. La maglia numero 10 è per i cervelli, non per i bomber
Nel rugby il numero 10 non è solo un numero da fantasista: è il regista della squadra, l’apertura o fly‑half. È lui a orchestrare il gioco: decide se passare, correre o calciare. Un ruolo da stratega silenzioso, difficile da evidenziare sulle statistiche, ma cruciale per l’equilibrio della squadra. È la mente che guida il cuore.
4. L’inno degli All Blacks è… una danza di guerra
Prima di ogni match, gli All Blacks eseguono la haka, una danza maori carica di potenza, drammaticità e simbolismo. Non è solo un inno. È un rituale che evoca identità, cultura e rispetto per l’avversario. Una sfida visiva e culturale che ha radici antichissime e ricorda il significato profondo del rugby: passione, orgoglio e disciplina tribale anche nel XXI secolo.

5. Il rugby si gioca anche… a 7 (ed è uno sport olimpico)
Il rugby sevens è la versione sprint del rugby: solo sette persone per squadra, partita da appena 14 minuti e ritmo frenetico. Introdotto alle Olimpiadi nel 2016, ha conquistato il mondo con la sua velocità, spettacolarità e capacità di attrarre nuovi fan. Una porta perfetta per avvicinarsi a chi considera il rugby ancora troppo duro o complesso.