

Dentro la Steinway Tower: storia e curiosità sul grattacielo più sottile del mondo
La torre è considerata un’icona dello skyline di New York: un edificio che mette in dialogo storia, linguaggio Art Déco e sperimentazione strutturale
Chi osserva Central Park non può non notarla: sottile come un’ombra, elegante come un obelisco contemporaneo, la Steinway Tower (o 111 West 57th Street) è il grattacielo più snello al mondo e il terzo edificio più alto di New York con i suoi 435 metri, superata solo dal One World Trade Center (541 m) e dalla vicina Central Park Tower (472 m). Con 84 piani, una base di appena 18 metri e un rapporto di snellezza 24:1, la torre firmata da SHoP Architects sembra dissolversi nel cielo di Manhattan, unendo sfida ingegneristica estrema e omaggio alla tradizione architettonica della città.
Prima che la torre slanciata conquistasse l’orizzonte newyorkese, a quell’indirizzo c’era già un luogo iconico: il Steinway Hall, inaugurato nel 1925 come showroom della leggendaria casa di pianoforti. Un edificio firmato dallo studio Warren & Wetmore, gli stessi autori della Grand Central Terminal, che combinava facciata in calcare e granito rosa, sculture di Leo Lentelli e una sontuosa rotonda decorata da affreschi. Dichiarato landmark storico nel 2001, lo Steinway Hall è stato restaurato e inglobato nel nuovo complesso, a dimostrazione che a New York memoria e modernità possono convivere nello stesso isolato.

Oggi la Steinway Tower ospita appena 60 appartamenti, alcuni ricavati nello Steinway Hall restaurato, altri distribuiti lungo la torre. Nei piani alti, ogni unità occupa un intero piano, con vetrate che regalano viste mozzafiato sul parco o verso sud, sullo skyline di Midtown. Prezzi? Da decine di milioni di dollari, con i penthouses che hanno superato i 66 milioni. Più che abitazioni, spazi da collezione, simboli di un lusso che si misura in altezza e orizzonti infiniti.
Art Déco e ingegneria ai limiti dell’impossibile
La Steinway Tower è un tributo verticale al linguaggio Art Déco dei grattacieli prebellici di Manhattan. La facciata alterna vetro, terracotta smaltata e dettagli in bronzo, con superfici che mutano al variare della luce, riflettendo tonalità sempre diverse come una stoffa cangiante. I fronti nord e sud sono scanditi da setback progressivi, che assottigliano la sagoma verso l’alto fino a farla svanire nell’azzurro, mentre i prospetti est e ovest restano lisci e specchianti, come due lame che fendono l’aria. All’interno, lo Studio Sofield ha progettato spazi residenziali che mescolano materiali nobili, proporzioni generose e dettagli decorativi dal gusto rétro, rievocando il lusso d’epoca ma con una sensibilità contemporanea.

Costruire una torre così sottile ha richiesto una vera e propria coreografia di soluzioni ingegneristiche. La struttura combina nucleo in acciaio e calcestruzzo ad altissima resistenza, con fondamenta che penetrano nel bedrock per garantire stabilità. Per contrastare il vento, il progetto integra uno smorzatore di massa da 800 tonnellate nascosto nella guglia, mentre alcuni piani tecnici “vuoti” lasciano fluire le raffiche attraverso l’edificio riducendone la pressione laterale. Durante la costruzione, su un lotto largo appena 18 metri, è stata utilizzata la gru autoportante più grande mai impiegata a New York. Un’impresa tanto radicale quanto invisibile agli occhi di chi oggi ammira la torre da Central Park.
La sua snellezza estrema non è priva di conseguenze: nei giorni di vento, ai piani più alti si può percepire un leggero movimento, e in inverno ghiaccio e detriti caduti dalle altezze hanno costretto a precauzioni straordinarie. Eppure, queste fragilità non intaccano il fascino dell’edificio, che resta una meraviglia ingegneristica, simbolo del continuo esperimento urbano che è New York.