Il film che nessuno vedrà (prima del 2115)
Courtesy Troublemaker Studios

Il film che nessuno vedrà (prima del 2115)

di Tiziana Molinu

John Malkovich e Robert Rodriguez firmano “100 Years”, il progetto cinematografico più misterioso, inutile o geniale del secolo. E noi non lo potremo mai vedere

Ci sono film che restano nella storia. E poi c’è 100 Years, che nella storia ci entrerà solo nel 2115, letteralmente. Scritto da John Malkovich, diretto da Robert Rodriguez e prodotto da Louis XIII Cognac, The Movie You Will Never See è stato sigillato in una cassaforte a tempo programmata per aprirsi da sola tra un secolo. Nessuno, tranne i tecnici che l’hanno chiusa, sa cosa contiene. Non esistono copie digitali, non circolano leak, non ci sono sceneggiature rubate. Solo tre teaser, come indizi lanciati in una bottiglia: un mondo invaso dalla natura, uno ultra-tecnologico e uno post-apocalittico. Nessuno di essi, forse, rappresenta il film reale. O forse sì.

Dietro al progetto, un marchio che di tempo se ne intende: Louis XIII, il cognac che invecchia cento anni prima di poter essere bevuto. L’idea era semplice (e brillantemente folle): creare un’opera che si potesse “gustare” solo dopo lo stesso arco temporale. Una metafora distillata in celluloide. Un colpo di marketing? Certo. Ma anche un esperimento artistico sulla memoria, sulla vanità e sull’inutilità del gesto creativo. Perché chi fa un film che non vedrà mai? Solo due uomini capaci di trasformare l’assurdo in linguaggio.

100 years film
Courtesy Troublemaker Studios

Perché proprio Malkovich e Rodriguez?

John Malkovich non è mai stato un attore “del presente”. Fin dai tempi di Essere John Malkovich, è diventato sinonimo di straniamento, un personaggio che abita più nella mente che nella realtà. L’idea di scrivere un film destinato al futuro – e non al pubblico – gli calza perfettamente.

Nell’arco della sua carriera ha attraversato ogni tipo di follia: dalla linea di moda che disegnava lui stesso (“non sopporto cose brutte, tutto deve coordinarsi”) alla perdita dei risparmi nella truffa Madoff, che affrontò con la calma di chi ha capito che tutto è effimero. “Non è la fine del mondo,” disse, “solo denaro. Ho ancora la curiosità.” E la curiosità è, in fondo, la chiave di questo progetto. Perché 100 Years è un atto di fede nella capacità umana di immaginare ciò che non vedrà mai. Una capsula temporale più che un film. O forse – come direbbe lui – un esercizio di vanità metafisica.

Se Malkovich è l’artista concettuale, Robert Rodriguez è l’artigiano che fa tutto con le proprie mani. Regista, montatore, compositore, operatore e talvolta cuoco di set, è l’uomo che girò El Mariachi con 7.000 dollari, dopo aver finanziato il film partecipando a test clinici. Rodriguez ama i vincoli, i limiti, le sfide. E qui il limite è estremo: un film che non potrà essere mostrato, promosso, commentato, recensito. “È un film che esiste solo nel tempo,” disse con l’entusiasmo di un ragazzino. “Un esperimento su quanto conti davvero l’attesa.” Lui, che per anni ha giocato con il concetto di degrado visivo (le pellicole graffiate di Grindhouse, gli effetti DIY di Sin City), ha firmato un film che forse sarà visto in un mondo dove il cinema non esisterà più, o dove lo guarderanno su schermi impiantati negli occhi.

100 years film
Courtesy Troublemaker Studios

Un film che è già leggenda

La copia di 100 Years è conservata in una cassaforte realizzata appositamente. Un monolite d’acciaio programmato per aprirsi il 18 novembre 2115, custodito nelle cantine della maison Louis XIII a Cognac. Mille “inviti” in metallo sono stati consegnati ai discendenti degli ospiti della première, che potranno (forse) essere presenti all’apertura. È il cinema come reliquia, come rito: qualcosa che resiste al tempo, o forse che lo deride.

Eppure, c’è qualcosa di commovente in questo gesto. Siamo abituati ad avere tutto e subito. Tutto è istantaneo, condiviso e dimenticato nel giro di 24 ore. Ma Malkovich e Rodriguez hanno creato l’opposto del virale: un film impossibile da spoilerare. Un’opera destinata all’oblio come forma di purezza. C’è chi l’ha definito la trovata pubblicitaria più sofisticata del secolo, chi un gesto d’arte concettuale degno di Marina Abramović. Forse è entrambe le cose. L’unico vero spettacolo, per noi, è il pensiero che nel 2115 qualcuno entrerà in una stanza, accenderà un proiettore e guarderà un film che non appartiene al loro tempo, né al nostro. Magari sorrideranno. O forse penseranno che eravamo pazzi. In entrambi i casi, avranno ragione.

100 years film
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