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Il ritorno in ufficio dà mal di mare? Ecco un antidoto di leggerezza e motivazione per rientrare al lavoro con il sorriso
Lidi assolati e distese azzurre sono ormai un ricordo? Se il ritorno al lavoro è come un tuffo in piscina, senza acqua, il cinema può sopraggiungere in aiuto. Ecco un antidoto contro il mal di mare da back to work: 5 film belli da vedere per ritrovare passione, dedizione e leggerezza sul lavoro. Per guardare al trantran lavorativo da un nuovo punto di vista, senza perdere il sorriso.
Perfect days (2023) di Wim Wenders
Ennesimo capolavoro di Wim Wenders, Perfect days è un’ode alla meraviglia delle piccole cose, anche nelle quotidianità più abitudinarie e semplici. La felicità? È nella capacità di assaporare con cuore aperto e meraviglia ogni momento dalla giornata, dalla lattina di caffè presa la mattina al distributore, al tragitto in furgone verso il luogo di lavoro ascoltando vecchie canzoni, dalla cura con cui render brillante e profumato un bagno pubblico, fino alla pausa pranzo al parco a mirare gli alberi e il loro intrigo di rami.
Nella Tokyo contemporanea il suo protagonista Hirayama (l’attore Kôji Yakusho premiato al Festival di Cannes) è un uomo di mezza età che per lavoro pulisce i gabinetti pubblici. Lo fa con piacere e devozione, con efficienza meticolosa, in una sorta di contemplazione di ogni istante presente.
Perché vederlo? Per trovare la passione e la bellezza delle piccole cose anche nei lavori meno prestigiosi.
Tra le nuvole (2009) di Jason Reitman
Commedia dolceamara, vede George Clooney nei panni di un cinico “tagliatore di teste”, completamente assorto dalla ritualità confortante del suo lavoro e orgogliosamente solo: vola di luogo in luogo, nel mondo, per aiutare le aziende a licenziare. Il suo obiettivo? Raggiungere il traguardo di 10 milioni di miglia come “frequent flyer”.
Quando però una collega (Anna Kendrick) più giovane e ambiziosa lo affianca, convincendo il capo che si possa licenziare anche in videocall, inizia a mettere in discussione la sua intera filosofia di vita. E intanto l’idea di amore si insinua… Viaggiare, a volte, equivale a stare fermi.
Golden Globe alla sceneggiatura dello stesso Reitman e Sheldon Turner.
Perché vederlo? Per capire che, se ce ne fosse bisogno, il lavoro non è tutto e che nella vita potrebbe esserci molto di più. Ridimensionare la sua centralità può rendere più facile il back to work.
Full Time – Al cento per cento (2021) di Éric Gravel
Julie, la mamma single lavoratrice pendolare interpretata da Laure Calamy, è il ritratto del mondo del lavoro contemporaneo: sempre di corsa, sveglia all’alba e freneticamente nei mezzi pubblici verso il suo posto da cameriera a Parigi, un salto a ostacoli tra scioperi e manifestazioni per non fare tardi, un compenso inadeguato, aspettando il lavoro più affine alla sua qualifica. À plein temps, come recita il titolo originale francese: a tempo pieno.
Eppure, in Julie non c’è mai cedimento o resa. Sorride, non si perde d’animo, è piena di inventiva, mantiene fortemente la sua umanità. 
Full Time – Al cento per cento ha vinto due César tecnici e i premi per miglior regia e interpretazione femminile nella sezione Orizzonti della Mostra del cinema di Venezia.
Perché vederlo? Nonostante le fatiche, nonostante le pressioni di una società sempre più irretente che chiede tanto non dando però a pari misura, si può mantenere la propria umanità. Un film sul lavoro che spinge a non perdere il sorriso.
L’arte di vincere (2011) diretto da Bennett Miller
Meglio conosciuto con il suo titolo originale Moneyball, il film si ispira a fatti realmente avvenuti.
Brad Pitt interpreta il general manager di una squadra di baseball della MLB senza grandi mezzi economici. Dopo l’incontro con un giovane laureato (Jonah Hill), decide di abbracciare un metodo innovativo per rifondare gli Oakland Athletics, privati dei giocatori migliori. Invece di puntare su nomi altisonanti, si basa sulle statistiche, che lo conducono a ingaggiare atleti sconosciuti e apparenti scarti. L’allenatore (il compianto Philip Seymour Hoffman) inizialmente è completamente in disaccordo, finché non troverà un punto di connessione…
Perché vederlo? È un film sul lavoro motivazionale, che invita alla collaborazione all’interno dello staff e a trovare prospettive nuove e creative per gestire al meglio le risorse. Anche di fronte a sfide e cambiamenti, è possibile individuare la rotta per raggiungere gli obiettivi.
Essere John Malkovich (1999) di Spike Jonze
Commedia cult dell’assurdo, ha alle spalle la penna abile di Charlie Kaufman, sceneggiatore di Se mi lasci ti cancello e Anomalisa (di cui è stato anche regista).
Protagonista John Cusack, che interpreta un marito infelice e marionettista disoccupato, che trova lavoro come archivista in un’azienda in un grattacielo di New York. Qui, oltre a trovare nuovi sentimenti amorosi verso una collega (Catherine Keener), trova a sorpresa anche un tunnel segreto, nascosto nell’ufficio, che gli permette di occupare la mente di… John Malkovich!
Perché vederlo? Per interpretare la vita lavorativa in maniera più leggera ed eccentrica. Magari troverete anche voi, in ufficio, una porta segreta sulla testa di qualche divo di Hollywood!
 
		 
		 
                                     
                                    